Aumento accise, brutto colpo per le distillerie italiane
Per il presidente AssoDistil, “è un ottimo sistema per distruggere un settore che, pur soffrendo la crisi dei consumi, vale 1 miliardo di fatturato”. A causa degli incrementi che scatteranno già dal prossimo 10 ottobre, su un litro di distillato si pagheranno quasi 10 euro di accisa, cui si aggiungerà l’Iva al 22%. E dal 2014, si prevedono ulteriori aumenti
Nota AssoDistil. “L’aumento delle accise? Un ottimo sistema per distruggere l’industria della distillazione e far scomparire grappe, amari e altri prodotti della tradizione italiana dalle nostre tavole”. Antonio Emaldi, presidente di AssoDistil, l’associazione degli industriali distillatori, commenta così i probabili effetti dell’aumento delle accise sull’alcol, che scatterà a partire dal prossimo 10 ottobre.
Stando ai calcoli sul primo impatto dell’incremento fiscale, infatti, su un litro di grappa o di qualsiasi altro distillato della tradizione italiana, si pagheranno almeno 10 euro di accise, cui si aggiungerà l’Iva, appena innalzata al 22%. “In pratica, si paga l’imposta sull’imposta”, spiega il leader dei distillatori.
Il comparto, peraltro, già chiamato ad affrontare la crisi dei consumi, ha reagito senza chiedere particolari sostegni. “Abbiamo affrontato il difficile momento dell’economia con determinazione, ma la sequela di aumenti fiscali ci metterà definitivamente in ginocchio – aggiunge Emaldi –. Dovremo scaricare l’aumento delle accise e dell’Iva sul consumatore ma questo significherà provocare l’ennesima contrazione delle vendite. In un modo o nell’altro, finiremo per danneggiare le nostre aziende”. Il settore, ricorda il presidente, da sempre, “è composto perlopiù da piccole imprese a conduzione familiare, portatrici di una storia e di una tradizione basata sull’alta qualità e sul bere responsabile. E nonostante la crisi, il comparto vale nel complesso 1 miliardo di fatturato”.
Tra l’altro, precisa il numero uno dei distillatori, “vorremmo far sapere ai parlamentari che stanno convertendo un decreto con una copertura finanziaria assolutamente incerta e che rischia di tramutarsi in una presa in giro per i destinatari del Decreto Istruzione come, ad esempio, i precari della scuola, a cui va tutta la nostra solidarietà. Sono le cifre ufficiali a dimostrarlo”. Secondo i dati del Ministero dell’Economia e delle Finanze, a partire dall’ultimo aumento dell’accisa nel 2006, per le casse statali il gettito annuo medio relativo agli alcolici è progressivamente diminuito. Nel 2012 si è addirittura raggiunto il “minimo storico” delle entrate derivanti dall’accisa sulle bevande alcoliche, con una decrescita del 22% rispetto al 2006, quando si è assistito al precedente incremento dell’imposta. E stando ai dati di fine giugno, si è già registrata un’ulteriore flessione delle entrate (- 5,4%), corrispondente ad una riduzione di 12 milioni di euro.
“Capiamo le esigenze di reperimento di fondi per l’istruzione– conclude il presidente Emaldi – non comprendiamo, invece, perché ciò debba avvenire provocando, letteralmente, la morte di un settore importante del “Made in Italy” agroalimentare ad esclusivo beneficio dei prodotti di importazione, che si approprieranno delle quote di mercato perse dall’industria nazionale, a seguito delle chiusure”.
Fonte: Silvia Cerioli
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