Terra Nuda

Bandiera gialla trionferà

Non c’è giorno in cui la nota organizzazione agricola, Coldiretti, non compaia con le sue veline riprese in modo acritico e automatico come fossero il Verbo agricolo. I media fanno da megafono, eppure, come afferma Franco Abruzzo, autore di Codice dell'informazione e della comunicazione, è proprio sull'autonomia e sull'indipendenza di giudizio, intellettuale e tecnica, che si fonda la professione del giornalista

Luigi Caricato

Bandiera gialla trionferà

La quasi totalità dei giornalisti riporta sempre tal quali le veline diffuse da Coldiretti. Ogni dispaccio viene ripreso acriticamente. Dov’è allora il senso della professione, se irrazionalmente, senza mai verificare la fondatezza delle comunicazioni, si riportano pari pari le note stampa? Forse che l’agricoltura viene banalizzata a tal punto che non merita approfondimenti e voci diverse dalla onnipresente Coldiretti? Dov’è finito il senso critico? E perché si ignora completamente la complessità della materia agricola, ma soprattutto perché si ignorano le altre organizzazioni agricole? E ancora: perché si ignorano le voci degli indipendenti?

Giusto per rendersi conto della paradossale situazione italiana, si arriva in Italia a dare voce a Coldiretti su tutto, anche su materie che meriterebbero risposte di esperti, studiosi, ricercatori specializzati, e non certo di sindacalisti, o pseudo tali, che ignorano fatalmente la complessità di una materia come l’agricoltura.

C’è oltretutto da considerare che il peso di questa nota organizzazione, estremamente politicizzata, è tale da impedire una seria comunicazione in campo agricolo, svincolata dallo strapotere di Coldiretti. Posso capire che tale organizzazione metta in ginocchio il mondo agricolo, ma non comprendo come mai il mondo dei media debba essere subalterno fino a diventare megafono di Coldiretti.

Come è possibile che ciò sia accaduto per decenni, ma soprattutto chiedo il perché tutte – ed evidenzio tutte – le Redazioni insistono nel riportare acriticamente e fedelmente tutte le veline di Coldiretti. E’ forse la morte del giornalismo agricolo?

Si potrebbe aprire un dibattito. Intanto Franco Abruzzo, ex presidente dell’Ordine dei Giornalisti della Lombardia, nonché autore di un Codice dell’informazione e della comunicazione, testo sul quale studiano gli aspiranti giornalisti professionisti, risponde senza lasciare spazio a equivoci.

“Quanto tu denunci – mi confida – accade anche in altri settori. Ad esempio le pensioni. I colleghi riportano il pensiero del Governo senza far notare che Consulta e Cassazione hanno detto cose diverse e contrarie. Dipende dalle capacità critiche e dall’indipendenza dei singoli. Se uno il coraggio (con le conoscenze) non lo ha non può darselo (diceva Manzoni). Eppure il comma 5 dell’articolo 3 del dl 138/11 afferma: L’accesso alla professione è libero e il suo esercizio è fondato e ordinato sull’autonomia e sull’indipendenza di giudizio, intellettuale e tecnica, del professionista. Il Parlamento è inascoltato. Purtroppo”.

E se ogni giornalista riflettesse sulla sovraesposizione mediatica di Coldiretti? E se tutti coloro che si occupano a vario titolo di agricoltura riflettessero profondamente su tale disarmonia, potrebbe, chissà, profilarsi una realtà diversa da quella attuale? Chissà. Non è detto, non è poi così sicuro. In Italia mi sembra impossibile immaginare la presenza di persone libere e indipendenti, altrimenti sarebbe un’Italia diversa, in grado di camminare con le proprie gambe e a testa alta.

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