Cosa comporta l’embargo in termini economici per l’agricoltura italiana
La questione Ucraina mette in agitazione le imprese. L’incertezza per le speculazioni, gli effetti a catena di una pesante inflazione alimentare su tutta la filiera, già in affanno per i prezzi alle stelle per le forniture di gas, si tradurranno in pesanti ricadute sui consumatori. I timori di Cia-Agricoltori Italiani
Rischio di blocco dei fertilizzanti indispensabili alle coltivazioni e di un embargo sul vino che costerebbe 150 milioni al Made in Italy, in aggiunta alle speculazioni finanziare già in essere sui cereali (grano e mais).
Il conflitto in Ucraina presenterà un costo salato per l’agricoltura italiana, in faticosa ripresa dopo la pandemia, anche per l’effetto del trend pericolosamente rialzista dei prodotti agricoli nelle quotazioni della Borsa di Chicago.
È questo l’allarme di Cia-Agricoltori Italiani, preoccupata per gli effetti a catena di una pesante inflazione alimentare su tutta la filiera, già in affanno per i prezzi alle stelle delle forniture di gas.
Pesante anche la stima di ripercussioni sullo scaffale per il consumatore (+20% solo per la pasta).
Con il solo blocco del nitrato d’ammonio la Russia potrebbe, infatti, dichiarare una vera guerra economica al settore primario, essendo questo l’elemento base dei principali fertilizzanti utilizzati dalle aziende agricole.
Questi fitofarmaci, che non si possono produrre in Italia perché contengono sostanze minerali esclusivamente di importazione (azoto, fosforo e potassio), sono già aumentati del 150% nelle ultime settimane e solamente per il grano rappresentano il 25% del costo di produzione.
L’urea, concime fondamentale nella fase post-semina del grano Made in Italy perché lo rende altamente proteico e ne aumenta la qualità, è quasi triplicata: 1000 euro a tonnellata dai 350 dello scorso anno.
Anche i fosfati, che garantiscono il nutrimento completo necessario allo sviluppo della piante, sono passati da 350 a 700 euro a tonnellata.
Cia stima, dunque, ricadute per il consumatore sui prezzi di pasta (+20%), pane e farine, prodotti che risentono anche dei prezzi dell’energia su produzione, imballaggio e soprattutto del trasporto, in un Paese in cui l’80% dei trasporti commerciali avviene su gomma.
Altra minaccia di Putin per il nostro agroalimentare riguarda il vino, che potrebbe essere oggetto di embargo da parte della Russia, in risposta alle possibili future sanzioni Ue.
Le ricadute economiche sarebbero rilevanti per l’Italia, partner commerciale privilegiato di Mosca, che attualmente importa circa 150milioni di vino italiano (+35% negli ultimi 10 anni), mentre altri 49 milioni di euro di vino sono stati destinati all’Ucraina.
Cia ricorda che le esportazioni agroalimentari Made in Italy (ortofrutta, formaggi, carni e salumi) hanno già perso 1,4 miliardi negli ultimi 8 anni a causa dell’embargo deciso da Putin nel 2014, in risposta alle sanzioni Ue per la vicenda Ucraina
Cia ricorda, infine, che per le imprese agricole sta diventando impossibile andare avanti con i prezzi dell’energia divenuti insostenibili.
Basti pensare ai rialzi fino al 120% delle bollette energetiche a inizio 2022, rispetto allo stesso periodo di un anno fa.
Il presidente nazionale Cia, Dino Scanavino, si appella al Governo: “Per gli agricoltori è ancora irrisolto il caro energia, perché le nostre aziende non sono state classificate energivore. Cia non ritiene giusto considerare i costi energetici solo in relazione ai volumi consumati, ma crede sia più equo valutarne l’incidenza percentuale sui fatturati aziendali, che per gli agricoltori ha un impatto medio molto alto, sia a livello di energia termica che elettrica”.
In apertura, foto di Olio Officina©
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