Terra Nuda

Ecco cosa significa organizzare una festa rurale oggi

Le danze terapeutiche della pizzica e della pittulata, risalenti agli antichi riti dionisiaci, e le musiche della banda di Squinzano hanno ritmato la manifestazione che si è svolta nella Tenuta Calizzi, per l’occasione artisticamente illuminata come in una festa patronale “senza Santo”. Non bisogna dimenticare che “coltivare”, in ebraico abad, letteralmente significa “servire”. L’agricoltura è infatti un servizio alla natura, alla persona e alla comunità

Alfonso Pascale

Ecco cosa significa organizzare una festa rurale oggi

Nel territorio della città di Lecce ci sono 11 mila ettari di campagna e proprio qui, in una delle più suggestive tenute che caratterizzano l’agricoltura urbana del capoluogo salentino, l’Associazione PugliArmonica animata da un gruppo di giovani, tra cui il presidente Francesco Cennamo, ha creato un evento che merita di essere segnalato per la sua alta valenza culturale.

Il pre-testo della manifestazione era la voglia di raccontare alle istituzioni e alla società civile locale gli obiettivi dell’Associazione che da tempo promuove la tradizione per coniugare cultura e sviluppo territoriale. E così, domenica 16 ottobre, in tanti si sono ritrovati nella Tenuta Calizzi, condotta dal mio amico Francesco Cavaliere de Raho e dalla sua famiglia: cento ettari di uliveti secolari e coltivazioni di frutti di bosco, da quelli esotici, quali i lamponi, le more di rovo, il ribes rosso, nero e bianco, il tayberry e il longaberry, alle produzioni locali come il gelso moro, i fioroni, i fichi, i fichi d’India e le giuggiole; inoltre, l’offerta di un eccellente olio extra vergine d’oliva accanto ad erbe aromatiche, confetture, alimenti essiccati e fichi surgelati. E poi la fornitura di servizi di accoglienza resi accessibili a tutti.

In sostanza, un luogo produttivo di alta qualità dovuta alla particolare sensibilità culturale, alla eccezionale perizia e all’acume innovativo di Francesco, il quale, nel 1986, decise di lasciare Milano, dove metteva a frutto i suoi studi di ingegneria meccanica, e affrontare nuove sfide tornando nell’azienda di famiglia. Un luogo, al tempo stesso, impreziosito da una cultura rurale alimentata da una storia familiare che viene da lontano: il ramo materno risale ai baroni de Raho di Cassineto, casato di origine normanna; quello paterno ad un ceppo di proprietari terrieri del Salento. Ma è in quello materno che occorre soffermarsi perché qui troviamo il nonno dell’attuale titolare, Francesco de Raho, il quale, nel 1910, decise di abbandonare la professione di medico – anche per motivi caratteriali – per occuparsi a tempo pieno della conduzione dell’azienda, con l’obiettivo di giungere a risultati d’eccellenza, diventando ben presto un modello vincente, da imitare, per altre tenute del territorio. Nonno Francesco non aveva solo la passione per la terra ma anche quella per la etnografia e fu autore del saggio Il tarantolismo nella superstizione e nella scienza, ampiamente citato da Ernesto De Martino e da altri etnologi.

Le danze terapeutiche della pizzica e della pittulata, risalenti agli antichi riti dionisiaci, e le musiche della banda di Squinzano hanno ritmato la manifestazione che si è svolta nella Tenuta Calizzi, per l’occasione artisticamente illuminata come in una festa patronale “senza Santo”. Mentre in ogni angolo dell’azienda si degustavano prodotti tipici e vini salentini. I danzatori e le danzatrici si esibivano coi girotondi, l’avanzare e l’arretrare, l’oscillare altalenante, come le culle dei neonati e i movimenti tipici dell’amplesso. I timbri degli strumenti a percussione e a fiato si rincorrevano, si alternavano e si sovrapponevano. Si sono re-inventati in forme moderne il mondo magico, l’arte musicale e la medicina sapienziale, che caratterizzarono l’agricoltura ai suoi primordi e per lunghi millenni.

All’incontro sono intervenuti rappresentanti di pro-loco, fondazioni e comitati feste per discutere con l’assessore al turismo, cultura e sviluppo economico della Regione Puglia, Loredana Capone, come fare rete e così combinare tradizioni, arti e patrimoni culturali per renderli fattori di sviluppo locale. Non è semplice mettere insieme soggetti diversi. Per ottenere l’intesa, l’armonia, il reciproco ascolto, il sentire e il parlare con ordine e rispetto, il mettersi nei panni dell’altro e capirne i bisogni e le fragilità, bisogna che aleggi lo spirito giusto, quello dello sviluppo. Gli organizzatori hanno pensato bene di dibattere il tema in un contesto rituale, come è appunto quello di un’azienda agricola. Non bisogna, infatti, dimenticare che “coltivare”, in ebraico “abad”, letteralmente significa “servire”. L’agricoltura è un servizio alla natura, alla persona e alla comunità. Un servizio anche in termini rituali. La parola “liturgia” è una traslitterazione del greco λειτουργία, che letteralmente significa “azione per il popolo”, cioè “servizio pubblico, liberamente assunto, in favore del popolo”. È questa la mission dell’agricoltura del futuro: produrre beni relazionali e generare comunità.

Nella festa che si è svolta domenica nella Tenuta Calizzi si respirava l’aria del rito e della fiducia; un’aria simile a quella che i nostri progenitori assaporavano quando cercavano in modo spasmodico l’acqua del pozzo miracoloso. Francesco de Raho descrive quest’ansia di benessere con parole di rara bellezza: “Nei locali attigui alla chiesa vi è un pozzo la cui acqua è pure miracolosa. […] tutti vogliono con avida sollecitudine la grazia, tutti hanno una illimitata fiducia nel suo potere di sanare”. A siffatto potere intendo alludere nel definire un correttivo di civiltà le agricolture che oggi si prefiggono di contribuire a re-inventare le comunità.

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