Terra Nuda

Il desiderio di una grande Italia

Rispetto a dieci anni fa non è cambiato molto, i problemi si sono acuiti per via della crisi economica. C’è uno scadimento, ma sta a tutti noi cercare di pensare ed operare positivamente, anche in situazioni poco piacevoli Intervista al neo presidente dell’Accademia nazionale dell’Olivo e dell’Olio Riccardo Gucci

Luigi Caricato

Il desiderio di una grande Italia

Il professor Riccardo Gucci, docente all’Università di Pisa, è noto per il suo impegno a favore dell’olivicoltura. Docente di Coltivazioni arboree presso il Dipartimento di coltivazione e difesa delle specie legnose, è autore di diversi studi, tra cui, insieme con Claudio Cantini, del volume Potatura e forme d’allevamento dell’olivo per Edagricole. da pochi giorni è stato eletto alla presidenza dell’Accademia Nazionale dell’Olivo e dell’Olio di Spoleto, succedendo al professor Gianfrancesco Montedoro.

Neo presidente dell’Accademia nazionale dell’Olivo e dell’Olio. Una bella responsabilità esserlo in questi tempi di crisi generale (anche etica) e di forte penuria economica. Da dove vuol partire? Cosa ha in programma?

Sicuramente guidare l’Accademia Nazionale dell’Olivo e dell’Olio significa assumersi la responsabilità di un’istituzione di grande tradizione e prestigio. Il punto di partenza è la continuità con le scelte della precedente Presidenza del prof. Montedoro, che farà ancora molto per l’Accademia nella veste attuale di vice-Presidente.
Il programma di attività verrà definito nelle prossime sedute del Consiglio Direttivo, ma già da ora posso dire che comunicazione e formazione saranno due punti chiave delle future iniziative. Ad esempio, a luglio con alcuni colleghi accademici abbiamo definito il programma di due brevi corsi di aggiornamento sulla “Potatura dell’olivo” e sulla “Qualità dell’Olio” che si terranno a Spoleto nel 2015.

Professore, nel 2005 pubblicai una sua intervista sull’annuario “Enotria”. Tra le varie domande che le feci, in una le chiedevo se non ci sia stata una colpevole disattenzione, in Italia, nei confronti del comparto olivicolo e oleario. E lei mi rispose senza esitazione che “più che una disattenzione ci sono stati problemi di progettualità e gestione. La lunga storia del Piano olivicolo nazionale, mai attivato, eppure tanto atteso, è stata molto tormentata”. Ecco, a distanza di quasi dieci anni, cosa è cambiato da allora? Alla mia stessa domanda, come risponderebbe?

Temo di dover rispondere che non è cambiato molto e che anzi i problemi si sono acuiti per via della crisi economica, che non ha risparmiato l’agricoltura e il comparto olivicolo-oleario.

Sempre in quella intervista, le chiesi qualcosa riguardo ai master in olivicoltura ed elaiotecnica. All’epoca tutto era confinato all’iniziativa dei singoli. E adesso?

Che prospettive immagina sul fronte della formazione?

Ancora sono i singoli atenei a organizzare i Master per il comparto olivicolo-oleario. Vi è però l’intenzione di alcuni atenei di elaborare una proposta congiunta per un Master di alto livello, anche internazionale. L’Accademia sarà impegnata pure sul fronte della formazione, già dal 2015.

Oggi il clima è avvelenato. Ci sono tante contrapposizioni all’interno del comparto oleario. A mio parere, c’è anche una notevole caduta di stile, oltre che uno scadimento nei rapporti interpersonali tra coloro che operano nel settore. Volano calunnie improduttive, segno di una deriva morale. Che sta succedendo?

Il mondo dell’olivo e dell’olio non è esente dalle tendenze della nostra società e gli scadimenti che lamenta sono purtroppo frequenti anche al di fuori del comparto oleario. Sta a tutti noi cercare di pensare ed operare positivamente anche in situazioni poco piacevoli.

La comunità scientifica non sembra essere più quella propulsiva di un tempo. Non c’è nemmeno una coesione, un dialogo, un luogo di confronto. Si agisce in solitudine, ciascuno pensando per sé. E’ solo una mia sensazione, o è proprio così anche per lei?

Le attuali conoscenze scientifiche sull’olivo e sull’olio sono notevoli e la ricerca italiana continua a dare un contributo molto significativo. Lo vediamo nei congressi internazionali ove molti di noi sono invitati a presentare delle relazioni sullo stato dell’arte per i vari temi di interesse scientifico. Pur fra tante difficoltà continuiamo a farci valere e apprezzare. Mi piace pensare che l’Accademia dell’Olivo e dell’Olio possa costituire la sede di aggregazione e dibattito tra i ricercatori, tecnici ed operatori della filiera, ma affinchè ciò avvenga ci vuole il contributo non solo degli accademici.

Chiudo con una domanda che richiede una risposta secca, senza perplessità: che futuro si prospetta per l’Italia dell’olivo e dell’olio? Non si piantano più olivi, c’è il fenomeno dell’abbandono della coltivazione, un mercato che non premia l’impegno di chi investe denaro e professionalità? Continueremo ad essere la grande Italia dell’olivo e dell’olio?

I fenomeni che elenca sono reali. Mi chiede una risposta secca: non so se saremo, so che dovremo continuare ad essere la grande Italia dell’olivo e dell’olio.

La foto di apertura è tratta da Internet, dal quotidiano il Tirreno

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