L’analisi del mercato oleario secondo l’Osservatorio Certified Origins
Il secondo trimestre 2025 si caratterizza per la pressione Usa sui dazi, i cambi valutari sfavorevoli e i cali produttivi. Così, in un contesto di incertezza, si va ormai verso nuovi sbocchi commerciali alternativi in Sud America e Asia. Intanto inflazione americana e svalutazione del dollaro penalizzano l’export europeo
Secondo quanto annuncia l’Osservatorio sul mercato oleario internazionale Certified Origins, il secondo trimestre 2025 si è chiuso in un quadro ancora incerto per il mercato mondiale dell’olio d’oliva. Tra aprile e giugno si sono infatti confermate le pressioni su più fronti. C’è l’instabilità dei flussi commerciali, la contrazione dei prezzi medi, gli effetti valutari penalizzanti per l’export (in particolare quello europeo) ed entrano anche in scena le strategie difensive dei principali Paesi produttori.
Il secondo trimestre 2025 ha registrato una crescita complessiva della produzione del +40% rispetto all’annata precedente, a livello europeo. A trainare la produzione è soprattutto Spagna, Grecia e Portogallo. La Spagna, in particolare, si conferma primo produttore mondiale, con circa 1,4 milioni di tonnellate (il 40% del totale globale), a seguire Grecia, con 250mila ton, Italia, con 247mila ton, e Portogallo (177mila ton) secondo stime ancora in fase di consolidamento.
Nel contesto di una ripresa parziale dell’offerta, l’Italia – sostengono dall’Osservatorio Certified Origins – ha confermato le stime già diffuse nel primo trimestre, con una produzione in calo del 25% su base annua. Il dato riflette soprattutto le condizioni climatiche sfavorevoli e le difficoltà strutturali che continuano a colpire le principali aree olivicole del Sud, da sempre fulcro produttivo a livello nazionale. Nonostante questa contrazione, il Paese mantiene un ruolo centrale nella filiera internazionale per capacità industriale, trasformazione e qualità del prodotto.
A livello commerciale – aggiungono gli estensori dell’analisi di Certified Origins – si è registrata una riduzione dei prezzi medi dell’olio extravvergine di oliva esportato dall’Unione Europea. In vista della revisione dei dazi sull’agroalimentare europeo, inizialmente prevista per il 9 luglio e poi rinviata al 1° agosto, si è registrato un incremento dei volumi diretti verso il mercato statunitense, come effetto di strategie di anticipo lungo la filiera. Al momento, la maggior parte dei prodotti resta soggetta a un’imposta del 10%, ma la finestra per eventuali accordi bilaterali resta aperta fino a fine luglio.
Nei primi sei mesi dell’anno, gli Stati Uniti hanno importato oltre 180mila ton di olio d’oliva, in crescita rispetto allo stesso periodo del 2024. Una parte consistente di questi flussi è legata a una strategia anticipata da parte dei fornitori europei, per mitigare l’effetto dei potenziali rialzi tariffari.
Parallelamente, diversi operatori europei stanno valutando modalità differenziate per rafforzare la propria presenza negli Stati Uniti. Alcuni stanno considerando investimenti diretti in nuovi impianti di imbottigliamento, altri si orientano verso collaborazioni strategiche con strutture già esistenti per attività di stoccaggio o confezionamento. L’obiettivo comune è mantenere l’accesso al mercato nordamericano, in un contesto logistico e normativo in continua evoluzione
Il cambio euro/dollaro sfavorevole, insieme all’inflazione interna americana, sta tuttavia aumentando la pressione sul potere d’acquisto dei consumatori e sul posizionamento dei prezzi a scaffale.
In questo scenario, l’interesse verso mercati alternativi si è rafforzato anche tra gli operatori europei, in particolare verso l’Asia e il Sud America, dove il Brasile ha proposto l’eliminazione dei dazi all’importazione di olio d’oliva e altri prodotti alimentari. Una misura che, se confermata, potrebbe offrire nuove opportunità commerciali all’export europeo, soprattutto in un momento di forte esposizione al mercato nordamericano.

Giovanni Quaratesi
Secondo Giovanni Quaratesi, Head of Corporate Global Affairs di Certified Origins “il secondo trimestre ha mostrato una filiera ancora sotto pressione, ma anche reattiva e capace di adattarsi – commenta –. L’Italia, con il suo sistema agricolo e industriale, sta affrontando un’annata complessa, ma resta un punto di riferimento nella catena del valore globale. L’evoluzione delle relazioni con gli Stati Uniti sarà decisiva, ma sarà altrettanto importante cogliere i segnali di apertura nei mercati emergenti”.
Si ringrazia per la notizia Martina Basile. In apertura, foto di Olio Officina
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