Terra Nuda

Lo stupore per l’olio toscano non toscano

Ci sarebbe una vasta letteratura sul tema. Tutti sanno ma fanno finta di nulla. C'è chi accusa e punta il dito contro gli altri, ma evita di guardare in casa propria. Ultima in ordine di tempo una nota stampa di Coldiretti Toscana

Luigi Caricato

Lo stupore per l’olio toscano non toscano

Chi mi conosce sa che non corre amore tra me e Coldiretti, ma sbagliano di grosso, perché io amo Coldiretti, e la sostengo a cuore aperto proprio criticando i suoi vertici e mai ignorando gli errori commessi nel corso degli ultimi decenni. Se non l’amassi, mostrerei indifferenza, tanto cosa ci guadagnerei ad essere contro? E’ inopportuno d’altra parte ostacolare un gruppo di potere cosi abilmente ramificato ovunque. Più prudente, e saggio, sarebbe far finta di nulla, mentre è più da opportunisti assecondare il verbo, perchè, si sa, ci si guadagna sempre, e di grosso. A parte queste sagge considerazioni, la base agricola dei coldirettiani è fondamentalmente sana, tanto pensa solo a lavorare, non certo a gestire i vantaggi di una burocrazia creata ad hoc. Ma fermiamoci qui un momento, per riflettere sul dispaccio di agenzia diffuso da Agra Press, e che qui riporto integralmente.

OLIO D’OLIVA: COLDIRETTI TOSCANA, SETTE
BOTTIGLIE SU DIECI VENDUTE ALL’ESTERO

12:11:13/09:58 – Firenze, (Agra Press) – “Di questo passo l’olio toscano esportato all’estero superera’ i 500milioni di euro in valore”, rileva la Coldiretti Toscana. “Sulle tavole dei consumatori stranieri finiranno tra gli 80-90 mila quintali di olio tracciato e certificato (Igp e Dop) dei 160 mila quintali previsti dalla campagna olivicola – precisa la confederazione – confermando un trend in crescita ma dando vita al contempo ad un paradosso: appena 3 bottiglie di olio certificato su 10 saranno consumate nel nostro paese”.

Purtroppo non e’ tutto oro quello che luccica, osserva la Coldiretti nel notare che “la Toscana è diventata terra di conquista per multinazionali e grandi gruppi industriali che l’hanno trasformata in una piattaforma di passaggio e confezionamento di molti prodotti”. Infatti, nella regione – conclude la Coldiretti Toscana – si produce appena il 4% dell’olio nazionale ma se ne imbottiglia e commercializza il 36-37%. (cl.co)

Ora, senza soffermarmi più di tanto sul testo diffuso da Agra Press – che poi riprende, sintetizzando, il comunicato stampa diramato da Coldiretti Toscana – ed evitando nel contempo di fare le chiose, parola per parola al testo coldirettiano, mi chiedo dove sia lo scandalo, cosa ci sia di così inopportuno nella realtà che abbiamo sotto gli occhi noi tutti.

Si sa bene che nelle regioni più prestigiose si tenda ad avere la maggiore concentrazione di aziende confezionatrici. Lo stesso accade sul Garda, o in Liguria, o in Umbria. Ed è pienamente legittimo tale fenomeno, non esistono, non possono esistere, mercati chiusi. Tuttavia, in molti paradossalmente ignorano il fatto che alcune aziende siano nate – nel caso specifico – proprio in Toscana, salvo poi perdere la proprietà per averla ceduta legalmente a terzi. Cosa c’è di strano?

Il libero mercato consente a chiunque di entrare in possesso di un marchio e dei relativi stabilimenti. E’ un’operazione pienamente legittima. Lo stupore di Coldiretti Toscana ho il sospetto che non sia uno stupore ingenuo, di chi ignora le dinamiche dei mercati, ma lo stupore semmai furbo di chi dimostra fastidio per l’incapacità nel gestire un patrimonio di marchi, di saperi e di conoscenze, e di non esserne – con grande disappunto, forse – più in possesso, gridando così allo scandalo, semplicemente perché non si arriva, con le proprie intelligenze, i propri talenti, le proprie risorse, all’obiettivo: un posizionamento sul mercato.

Ci stupiamo dunque di cosa, poi? Quante sono le realtà operative che magari, per cavalcare l’ignoranza, la disattenzione e la superficialità si inventano nuove formule e slogan – del tipo: il Km 0, l’olio artigianale, l’olio del contadino o del nonno – salvo poi assistere al via vai di tonnellate di olive da Puglia, Abruzzo e altri siti? Vogliamo forse prenderci in giro? Non sarebbe il caso di fare meno propaganda – che tra l’altro non serve a nessuno – e spingerci oltre gli steccati, e fare piuttosto il punto sul settore, cercando di uscire dal guado con orgoglio e testa alta? Mi sembra che non vi siano più le condizioni per perdere un inutile e improduttivo tempo e prenderci solennemente in giro. Che ne dite?

Non vi sembra che – al di là del prodotto certificato Dop e Igp, di cui c’è da sentirsi per fortuna sicuri – per il resto avenga di tutto? Quanto olio immaginato toscano non lo è. Quante cisterne in movimento di notte a riempire silos d’olio? E’ tutto legittimo, per carità. Almeno finché non si spaccia per toscano ciò che sarebbe solo made in Italy. Ma dov’è lo scandalo? Non sarebbe il caso di ripensare le proprie posizioni e rilanciare un comparto che sta lentamente soffocando per mancanza d’aria?

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