Terra Nuda

Mariapia Frigerio: Umberto Giovacchini, in memoria di un conciatore

Mariapia Frigerio

Mariapia Frigerio: Umberto Giovacchini, in memoria di un conciatore

Giovedì 24 agosto ricorrono i 13 anni dalla morte dell’imprenditore Umberto Giovacchini. La nostra collaboratice, Mariapia Frigerio, lo ricorda con un testo apparso sul quotidiano “Il Tirreno” il venerdi 24 settembre 2004. Testo che noi qui riproduciamo tal quale, tredici anni dopo.
La foto è della stessa Mariapia Frigerio, scattata nello studio del pittore Romano Masoni, e riprende una sua reinterpretazione di pelli conciate (Olio Officina Magazine).

IN MEMORIA DI UN CONCIATORE

Santa Croce. Se penso a Umberto Giovacchini, mio suocero, ora che non c’è più – l’imprenditore conciario è morto un mese fa, ndr – non riesco a non ricordarlo se non come una figura letteraria, una via di mezzo tra “Il burbero benefico” goldoniano e “L’uomo che amava le donne” del mio amato Truffaut. E, a primo impatto, era sicuramente burbero. Ma chi aveva modo di conoscerlo sapeva anche quanto fosse generoso.
Intorno a sé aveva un vero e proprio “gineceo” di cui andava orgoglioso. Una moglie, una figlia, tre nipoti femmine, una pronipotina.
Lo conobbi poco prima di sposarmi. Mi guardava con sospetto. Ero molto giovane, neolaureata, venivo da un’altra città e da un altro ambiente. Mi guardava come una arrivata da un altro pianeta. Aveva una visione arcaica del rapporto uomo-donna. Non poteva capirmi né io capire lui, ancora posseduta da parte di quello zoccolo duro del femminismo che non mi abbandonava.
Gli anni passarono. Un giorno mio marito mi disse: «Mio padre ha detto che sei proprio una donna in gamba». Quel riconoscimento del “burbero” me lo fece amare ancora di più. Perché, diversità a parte, tra noi ci fu sempre un dialogo che sfociò sovente in vere e proprie confidenze. Io iniziai a sentire la sua stima e il suo affetto. Mi apprezzava. Eppure era un uomo rigido e io continuavo ad essere ribelle a ogni convenzione sociale. Ma ero “la sua nuora”.
Lo amai perché era “signore”, perché amava le donne, perché non aveva dimenticato la sua origine modesta ed era l’uomo semplice di sempre. I suoi collaboratori (e tra questi Santino) ne ebbero profonda stima. Restava uno di loro. Con Santino credo di aver pianto, al funerale, sulla stessa lunghezza d’onda.

Mariapia Frigerio

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