Terra Nuda

Non ci resta che volare

La Sicilia ha il peggior sistema dei trasporti d’Europa e adesso le Ferrovie dello Stato e il Governo Nazionale la escludono dai collegamenti ferroviari. L’autonomia che, sulla carta, fece della Sicilia una “quasi Nazione” è stata tradita e vilipesa da una classe politica di ascari sovente incapaci

Felice Modica

Non ci resta che volare

Venticinque anni fa, per la pagina del Turismo de Il Giornale, mi capitò di occuparmi dei trasporti in Sicilia. Il quadro emerso dall’inchiesta era desolante, ancor più di quanto io stesso, siciliano di Noto, riuscissi ad immaginare. Purtroppo, le cose, oggi, appaiono peggiorate. Dunque, un quarto di secolo fa, immaginavo il viaggio di un turista tedesco che, sulle orme di Goethe, andasse alla ricerca della Sicilia greca. Qualora allo sventurato fosse venuto in mente di utilizzare il treno, – d’altra parte il mezzo migliore per ammirare il paesaggio senza lo stress della guida – da Siracusa ad Agrigento, circa 200 km di tratta ferroviaria, tra fermate, cambi e ritardi, non gli sarebbero bastate dieci ore di viaggio! Un po’ tante, per una regione che, oltretutto, pretenda di vivere di turismo.

Adesso le cose sono un po’ diverse, ma non troppo. Gli orari ferroviari prevedono un record di 4 ore 50 con “appena” due cambi e un massimo di 7 ore e 30, con 3 cambi. Ma non si tiene conto dei ritardi… Già all’epoca, inoltre, si era compiuto in Sicilia il cosiddetto “taglio dei rami secchi ferroviari”. Vuol dire che le Ferrovie dello Stato – antologico esempio di oculata gestione…– avevano compiuto un’operazione ultraliberista, rendendo il servizio perfettamente aderente ai criteri di economicità dell’impresa. Peccato che, tra i “rami secchi” fossero comprese le linee di Pachino e Vittoria, i due cuori della Sicilia ortofrutticola.

Sorprendente, inoltre – ma non troppo – che le cassandre dell’ambientalismo, così pronte a stracciarsi le vesti per cause che colpiscono la sensibilità pubblica come la caccia o la sperimentazione animale, abbiano taciuto di fronte alla certezza di un enorme incremento del traffico su gomma, equivalente a: inquinamento, incremento della mortalità stradale, congestione.

Oggi la Sicilia tutta e quella agricola in particolare, è esclusa dalla strada ferrata. In compenso, direte Voi, c’è il mare! Già, i Greci, oltre che tàlatta, lo chiamavano pontos, e questo avrebbe dovuto illuminarci. Ma, per i siciliani, meglio, per gli amministratori siciliani, figli di Anteo, per dirla con lo storico catanese Tino Vittorio, il mare è ostacolo, foriero di pirati e conquistatori, elemento di divisione, altro che di collegamento… Così, le strade sono intasate e le vie del Mediterraneo ancora poco battute…

Il ponte sullo stretto resta oggetto di interminabili discussioni (e speculazioni). Le strade… Per costruire i circa 10 km del tratto Siracusa-Cassibile dell’autostrada Siracusa-Gela, venti anni non sono bastati. E, metaforicamente, questo nastro d’asfalto potrebbe essere lastricato con biglietti da 500 euro… Il secondo tratto, da Cassibile a Rosolini, invece l’han terminato prima ma si è già rotto, franando gravemente tre o quattro volte. Tra l’altro, anche il presidente Crocetta è andato a sbattere con l’auto di rappresentanza contro una stazione del pedaggio mal piazzata (forse è per questo che ancora non hanno avuto il coraggio di esigerlo, il ticket…).

Non ci resta che volare, allora. E, come lo stoico che è libero quand’anche fosse in catene noi voliamo. Ma col pensiero. L’autonomia che, sulla carta, fece della Sicilia una “quasi Nazione” è stata tradita e vilipesa da una classe politica di ascari sovente incapaci. In Sardegna sono stanziati 50 milioni l’anno per la continuità territoriale e un sardo paga 130 euro per un volo A/R a Roma e 150 euro per Milano. Tariffe fisse. Un siciliano può trovare anche di meglio, certo, se si affida alle compagnie low cost, ma se ha esigenza assoluta di partire, all’improvviso e subito, spenderà pure 800 euro. Alla faccia dello Statuto Speciale!

Potrebbe essere peggio? Impossibile? E invece sì. Mentre le Ferrovie dello Stato promettono ai Siciliani che, entro i prossimi dieci anni (campa cavallo!), miglioreranno i collegamenti tra Palermo, Catania e Messina, con treni moderni (!), per il prossimo 13 Giugno la polpetta avvelenata è servita: i treni non passeranno più lo stretto! Ovvero, chi decidesse di venire in treno in Sicilia, dovrà scendere a Villa San Giovanni, in Calabria, caricare le valige sul traghetto e reimbarcarle su un altro treno a Messina. Vale l’inverso per chi lasci l’isola in treno. Protesta il Governatore Crocetta, scrive al ministro Lupi con toni accorati, sottolineando che così “si interrompe la continuità territoriale della Sicilia con l’Italia” e si fornisce un’immagine desolante, perfino pietosa della Sicilia”. Ovviamente ha ragione, ma forse sarebbe meglio che esercitasse, nei confronti di Roma, tutto il potere contrattuale di cui dispone l’isola. O forse, come si dice da queste parti, sta piazzando robusti cancelli di ferro, dopo che i ladri han già rubato la statua di Sant’Agata…

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