Terra Nuda

Produrre l’olio in serra

Il quotidiano "Financial Times" riporta una notizia che desta sorpresa. Alcuni scienziati inglesi hanno modificato geneticamente alcune colture per produrre olio di pesce

Agra Press

Produrre l’olio in serra

Alcuni scienziati sostengono che potrebbero aver trovato un modo per modificare geneticamente alcune colture, in maniera tale da produrre i due più importanti acidi grassi per la salute dell’uomo, presenti all’interno dell’olio di pesce, contribuendo cosi’ alla conservazione degli stock ittici mondiali.

Modificando geneticamente una coltura oleosa – la camelina – in modo tale che contenga i sette geni necessari per produrre i due acidi grassi, EPA e DHA, gli scienziati inglesi sperano di sviluppare una nuova fonte dell’olio, e di ricoltivarla su scala commerciale entro i prossimi 10 anni.

Essendo riusciti a produrre l’olio in serra, il prossimo passo sarà quello di testare la pianta in un terreno del Rothamsted Research, nella contea dell’Hertfordshire.

Tra i benefici per la salute, associati al consumo di olio di pesce, vi è una riduzione del rischio di malattie cardiovascolari e una migliore modulazione delle risposte immunitarie. Ma in conseguenza della crescita della popolazione mondiale, la domanda è destinata a superare l’offerta, ha spiegato il professor Jonathan Napier, il ricercatore che ha condotto lo studio.

“Gli oli ricavati dal pesce sono noti per essere un toccasana per la salute umana, ma gli stock ittici globali sono in calo”, ha dichiarato. “Dobbiamo trovare una fonte sostenibile alternativa, perchè, sebbene il pesce sia, oggi, sufficiente a sfamare l’attuale popolazione mondiale, pari a 7 miliardi di individui, nel giro di 30-40 anni, a partire da ora, non tutti avranno accesso agli acidi grassi di cui hanno bisogno”.

Il professor Martin Parry, direttore pro tempore del Rothamsted Research, ha confermato: “Tutto ciò potrebbe consentirci di fornire delle informazioni in grado di contribuire a ridurre la pressione sulle risorse marine.

“La sperimentazione sul campo sarà l’unico modo per valutare la fattibilità di una soluzione che può comportare benefici economici per i produttori agricoli, entrate per i contribuenti inglesi, effetti positivi per l’economia inglese nel suo complesso, e per l’ambiente in linea generale”.

Il Rothamsted sta cercando di ottenere l’autorizzazione alla sperimentazione da parte del Dipartimento per l’Ambiente, l’Alimentazione, e gli Affari Rurali (Defra).

Ma il progetto, che riceve finanziamenti pubblici dal Biotechnology and Biological Sciences Research Council, ha sollevato forti preoccupazioni tra le organizzazioni contrarie agli Ogm.

“Sostituiremmo semplicemente un problema – l’eccessivo sfruttamento degli stock ittici – con un altro problema – un incremento della domanda di terreni agricoli”, ha spiegato Helena Paul, direttore pro tempore del gruppo ambientalista GM Freeze.

“E i timori per la sicurezza di questa coltura rimangono. Perché spendere tempo e denaro per qualcosa che potrebbe non funzionare, o anche nel caso in cui dovesse funzionare, potrebbe non essere sicura?”.

[Sarah Spickernell, quotidiano – 23 gennaio 2014 – a cura di agra press]

L’illustrazione è di Nicola Dal Falco

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