Se rinunciare al pane è impossibile, che si tuteli la produzione
L’appello di Aibi, Associazione italiana bakery ingredients, rivolto alle istituzioni, locali e nazionali, è chiaro: bisogna salvaguardare la filiera. Per farlo occorrono soluzioni volte a frenare i continui rincari. “Il pane è un patrimonio da preservare soprattutto nei momenti di crisi”, afferma Alberto Molinari, presidente dell’Associazione, che crede nella coesione del comparto e nella necessità di far sentire la voce di tutti gli attori coinvolti
I rincari energetici, la difficoltà nel reperire materie prime, e altre complicazioni stanno dettando la quotidianità di tutti i comparti. Anche il mondo dell’arte bianca sta risentendo della situazione, e per contrastare il caro-pane deve fare squadra.
Alberto Molinari, presidente di Aibi, Associazione italiana bakery ingredients aderente ad Assitol, ne è certo ed è proprio in vista della Giornata Mondiale del Pane, il prossimo 16 ottobre, che lancia un appello all’unità: «Il pane ha un ruolo sociale ed è la base della nostra cultura alimentare – afferma – noi operatori ne siamo consapevoli. Per parte nostra, siamo disposti a collaborare con tutti gli attori del settore, cercando soluzioni per frenare gli aumenti e garantire sempre un buon prodotto ai consumatori».
I costi del packaging, della logistica, ma soprattutto il caro-energia pesano in modo determinante sull’intero settore. Molinari ricorda che «se c’è un prodotto che può definirsi energivoro è proprio il pane. Ci rendiamo conto di come sia difficile intervenire, ma salvaguardare questa filiera significa, anche simbolicamente, tutelare un pezzo importante della nostra economia. Serve coesione nel comparto, ma anche il supporto delle istituzioni, locali e nazionali».
Come dimostrano i dati della ricerca Cerved promossa da Aibi sulla panificazione, la crisi si sente innanzitutto dal fornaio, ma non allo stesso modo per tutti. L’Italia è divisa tra famiglie in difficoltà che soffrono il caro-prezzi e famiglie che, al contrario, possono spendere senza problemi.
Tuttavia, è dimostrato che al pane non si rinuncia. Il prodotto fresco artigianale viene consumato dall’84,1% degli italiani, secondo quanto riportato dalla ricerca Cerved, dominando così il mercato.
Quelle che cambiano sono le modalità con cui si fanno gli acquisti: infatti non si compra tutti i giorni e, in funzione anti-spreco, si preferisce scegliere pane di qualità e di lunga durata.
In un Paese di famiglie monoparentali, di anziani e con un calo demografico costante, il consumo pro-capite giornaliero si è attestato sui 75 grammi.
«I panificatori, molto prima della crisi, hanno diversificato i formati per rispondere alle nuove modalità di consumo – spiega il presidente Molinari – prediligendo le piccole pezzature e, in alternativa, le pagnotte medio-grandi».
L’artigiano di prossimità rappresenta ancora il principale canale di vendita (43%), ma la grande distribuzione alimentare ha conquistato quote di mercato ed ha quasi lo stesso peso.
La pandemia ha rivolto verso una nuova direzione la scelta dei consumatori, che hanno iniziato a prediligere prodotti salutistici o legati, in qualche modo, alla loro idea di benessere.
“Mangio per mantenermi sano” è il principio che guida le scelte alimentari. Il pane deve essere digeribile, fatto con materie prime selezionate, meglio se a lunga lievitazione. In questa ottica il pane con le fibre è il più richiesto e si apprezza molto il pane condito, con noci, olive, zucca, semi vari. Si compra meno, insomma, ma puntando sulla qualità.
«Il pane è un patrimonio da preservare soprattutto nei momenti di crisi – è la conclusione del presidente Molinari – tutta la filiera dell’arte bianca deve collaborare e far sentire la propria voce. Aibi, con tutte le aziende associate, non rimarrà in silenzio ma continuerà ad impegnarsi per tenere in equilibrio costi e qualità, restando al fianco dei panificatori duramente colpiti dalla crisi».
In apertura e all’interno, foto di Princi per evento Olio Officina
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