Terra Nuda

Troppe infamie sull’olio. Le confessioni di un broker

“La mia figura mi permette di non esser schierato da nessuna parte dell’intera filiera”, sostiene Gianluca Ricchi. Una lettera aperta per fare il punto sul comparto olio di oliva in Italia. Il rapporto Unaprol sulle quantità di ulivi sarebbe un vero vaso di Pandora. L’unico modo per ridare credibilità all’intero settore nello scenario internazionale è ristabilire la verità dei numeri

Olio Officina

Troppe infamie sull’olio. Le confessioni di un broker

Mi chiamo Gianluca Ricchi, da vent’anni mi occupo di olio extra vergine d’oliva. Credo sia giunto il momento di denunciare con fermezza fatti ben noti nel settore, nascosti ai consumatori spesso mal informati. Ad oggi sono libero professionista, broker, nonché assaggiatore iscritto all’albo degli assaggiatori della Camera di commercio di Firenze e presso il COI. La mia figura mi permette di non esser schierato da nessuna parte dell’intera filiera, produttori, commercianti o industriali. Il mio interesse è soltanto quello d’informare correttamente il consumatore e ottenere informazioni chiare per il bene dell’ intero settore.

Troppo spesso si legge su riviste settoriali e carta stampata infamie nei confronti di confezionatori e commercianti, denunciati da qualsiasi ente per sofisticazioni e manipolazioni scorrette dei prodotti oleari.

Alcuni articoli imprecisi, in particolare quello apparso su “Repubblica” nel dicembre 2011 a firma del Dott. Berizzi, hanno creato timore nel consumatore e sconcerto tra gli operatori.

La realtà è ben diversa: finanziamenti europei immotivati, quantità gonfiate alla produzione e incapacità nella selezione delle qualità hanno creato uno stallo settoriale sempre più complesso e irrimediabile.

Secondo il COI, tramite una relazione ricevuta dal MIPAAF nel 2010, in Italia abbiamo 179.334.841 piante di ulivo con una copertura di 1.350.000 ettari, una densità di 165 alberi/ettaro la produzione è di 3000 kg/ettaro e 16 kg a pianta.

UNAPROL conferma sostanzialmente i dati COI per il numero di piante sul territorio, diminuendo la superficie in produzione a 1.156.118 ettari.

Sempre secondo il COI, per mano del MIPAAF, l’Italia tra il 2004 e il 2008 incrementa di 15.000 ettari la sua superficie di produzione, ma non quella produttiva.

Il rapporto UNAPROL[1] sulle quantità di ulivi nel nostro Paese è un vero vaso di Pandora: la Puglia possiede 56.162.940 piante e produce 185.071 tonnellate d’olio, la Calabria ha 26.188.921 piante con una produzione complessiva di 176.833 tonnellate, (con la metà degli ulivi abbiamo la stessa quantità d’olio), la Sicilia con 19.292.507 piante produce 475.000 tonnellate mentre la Toscana con 17.436.734 piante, appena 2.000.000 di piante in meno produce 15.000 tonnellate. Campagna Olearia 2011/2012

Queste quattro regioni prese a campione evidenziano una quantità complessiva di 119.091.102 piante, il 70% dell’intera superficie italiana. La resa media italiana si attesta ad 16% in olio. Facciamo allora i calcoli assieme avendo avuto dal MIPAAF i numeri ufficiali:

Piante 119.091.102 x 16 Kg a pianta di olive = Kg 1.905.457.632 olive

Olive Kg 1.905.457.632 resa 16% = Tonnelate 304.873.

Dati UNAPROL: Tonnellate 424.573. ( +39%). Puglia+Calabria Tonnellate 361.905. Totale Italia: Tonnellate 541.760

Passiamo adesso al registro SIAN (sistema informativo agricolo nazionale).

Dai dati ottenuti consultando quanto riportato nei rapporti SIAN per la campagna olearia 2011-2012, si evidenzia una produzione di 385.688tonnellate. Puglia+Calabria: 267.594 tonnellate.

Tutti questi numeri portano alla luce evidenti discrepanze, alcune maliziosamente strategiche e frutto di una scellerata politica di mancanza di controlli effettivi sul territorio. Per evitare tutto questo basterebbe una verifica dell’effettivo numero di piante, utilizzando le immagini satellitari (come fatto in Spagna). Il rischio più grave è continuare a finanziare i produttori per migliorie e aggiornamenti alla produzione che non avvengono da ormai troppo tempo. La realtà della produzione è pietrificata da oltre 20 anni.

Parliamo adesso di aiuti comunitari. Fin dall’inizio degli anni 2000, la produzione era sostanzialmente costante e quindi anche la somma erogata ai singoli produttori. Il metodo di elargizione del contributo era semplice: per ogni quintale prodotto veniva assegnata una determinata cifra. Questo sistema aveva dato spazio a importanti frodi sull’effettiva produzione per cui è sorta la necessità di cambiare concezione di finanziamento.

Nella campagna olearia 2005-2006 Bruxelles decide di erogare il contributo per numero di piante e non più sulla quantità prodotta, questo per garantire una soluzione più adeguata e meno soggetta ad eventuali truffe.

L’Italia si rifiuta di aderire a questo accordo e in risposta la comunità europea concede la possibilità di percepire il contributo comunitario, sommando un media delle ultime 4 campagne produttive ed assegnando un tetto massimo.

In tutta risposta l’Italia l’ultimo anno prima del nuovo regolamento presenta i conti a Bruxelles: ebbene, nella campagna olearia 2004/2005 la produzione magicamente sale del 60% dichiarando 879.000 tonnellate di produzione e portando a casa finanziamenti per un totale di 700 milioni di euro. (Regolamento Ce N.1043/2006 della Commissione del 07 Luglio 2006).

Ad oggi la realtà della produzione è ben diversa, infatti l’olio realmente italiano non supera le 300.000 tonnellate.

Il consumo totale italiano è attestato da anni sulle 500-600 mila tonnellate, con un’esportazione di circa 300-400 mila tonnellate.

Per rispondere al bisogno del mercato nazionale e internazionale i confezionatori sono obbligati, OBBLIGATI, a importare olio da altri paesi del mar Mediterraneo fra le 5-600 mila tonnellate.

La qualità merita una nota a sé. Di queste 300.000 tonnellate prodotte – pensate bene l’Italia ha 42 denominazioni di origine (DOP) e una IGP – ebbene questa produzione si attesta in 11.700 tonnellate, il 4% del totale prodotto. Soltanto 120.000 tonnellate sono extra vergine, le restanti 170.000 tonnellate circa sono vergine e lampante . Questi numeri vengono da congetture e dallo scambio di notizie di mercato. Ad oggi non esiste una fonte d’ informazione attendibile e questo velo sulle reali informazioni,e la facilità con la quale abbiamo ricevuto gli aiuti comunitari, hanno creato una situazione per cui la produzione è rimasta ferma da troppo tempo mentre il consumo nel mondo, per fortuna, è cresciuto esponenzialmente.

Siamo convinti, o, meglio, ci vogliamo convincere – e la legge Mongiello ne è la prova – che siamo grandi produttori per qualità e quantità senza sapere in maniera assoluta nè cosa nè quanto si produce davvero.

Il Ministro De Girolamo ha una grandissima opportunità: non affidarsi più ai dati, ormai storici, del nostro bel Paese, ricevuti dai suoi predecessori. Si doti piuttosto di strumenti nuovi, e tecnologici, che possano chiarire molto più rapidamente quale sia la verità intorno all’olio di oliva.

Coldiretti e Unaprol dichiarano su tutti i giornali che abbiamo oltre 250.000.000 di piante di ulivo, (praticamente lo stesso numero della Spagna 264.321.000), il Ministero delle Politiche agricole parla di 179.000.000 di piante ( 5.000.000 di piante in più rispetto all’Andalucìa che ne ha 174.788.000) .

Il satellite sarebbe in grado di informare davvero il Ministro sul numero di piante e rendere una volta per tutte ufficiale e dimostrabile quante piante ci sono in Italia. Questo lo ritengo l’unico modo per ridare credibilità all’intero settore nello scenario internazionale.

Se le regole di vigilanza sulla produzione, il numero di piante e il metodo di erogazione di finanziamento non cambiano ci troveremo sempre più nella condizione d’importare prodotto dall’estero, fomentando continuamente gli attriti fra i produttori e gli industriali, questi ultimi vittime di sciacallaggi mediatici incomprensibili e di Associazioni di categoria praticamente inesistenti e incapaci di svolgere la loro funzione nel bene delle nostre imprese olearie italiane.

La mancanza di dati certi, discrepanze fra le fonti d’informazione e la volontà di mascherare questi fatti crea barriere fra gli attori coinvolti dando spazio ai competitor stranieri i quali, increduli di quello che accade in Italia, stanno conquistando quote di mercato togliendoci una delle nostre eccellenze.

Gianluca Ricchi

Gentilissimo Gianluca Ricchi, grazie per questa sua lettera apertta. Non ho nulla da aggiungere rispetto alla sua lucida e impietosa analisi. Chissà se avremo mai risposte. Eppure le reazioni alla sua provocatoria quanto sincera lettera dovrebbero esserci, soprattutto da parte di un Paese che sta cercando (così sembra, almeno) di rifarsi una credibilità andata perduta nel corso del tempo. Sarebbe quanto mai auspicabile, una reazione. Ne dubito.

Tralasciare, far passare sotto silenzio i problemi è la migliore tecnica perché non ci si interroghi. L’obiettivo di questo Paese alla deriva è la sopravvivenza, anche attraverso la menzogna, se necessario.

E’ così. Può non piacere, ma è così.

Luigi Caricato

[1] http://www.unaprol.it/index.php?option=com_content&view=article&id=111&Itemid=203

La foto delle bottiglie è di Luigi Caricato. Vietata la riproduzione.

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