Terra Nuda

Una classica storia all’italiana

Come avvengono le scelte quando si tratta di individuare le aziende da far partecipare a una manifestazione fieristica? Con quale criterio vengono selezionate? Un bravo produttore in Tuscia, Pietro Re, plurivincitore con gli extra vergini Tamìa, non accetta l’esclusione al Fancy Food New York

L. C.

Una classica storia all’italiana

Non tutte le lamentele sono irricevibili. C’è chi ha tante buone ragioni per indignarsi. Pietro Re, di Olio Tamìa, per esempio, ha tutte le ragioni del mondo. I suoi extra vergini si sono imposti su più fronti, dal Premio Le Forme dell’Olio – Olio Officina, per il packaging, al concorso “Orii Del Lazio”: il Tamìa Gold Tuscia Dop è stato premiato come miglior Dop Tuscia nella categoria Fruttato Medio.

In teoria i primi classificati a livello regionale avrebbero diritto a competere a livello nazionale al concorso “Ercole Olivario” – ci riferisce Pietro Re – purtroppo il Tamìa Gold, non ha potuto partecipare all’Ercole Olivario”, perché nel 2013 non abbiamo prodotto il lotto minimo richiesto di 2000 litri”. Un vero peccato.

Come lei sa – aggiunge Re – siamo ancora una realtà relativamente piccola, e dobbiamo stare molto attenti a produrre quantità di olio che possano poi essere assorbite dai nostri clienti attuali e prospettici. In questa fase di crescita, e operando in un mercato estremamente competitivo, dobbiamo essere molto disciplinati”.

Il rigore, prima di tutto. E i risultati sono arrivati puntuali, perché anche al Biol 2014 Tamìa Gold e Tamìa Green hanno vinto rispettivamente la Medaglia D’Oro e D’Argento. Onore al merito, è il caso di dire. L’azienda è sotto i riflettori per essersi imposta con un lavoro attento a ottenere qualità su più versanti: dal contenuto al contenitore. Missione riuscita, certo, ma c’è sempre spazio per qualche delusione.

Pietro Re ci riferisce di un episodio che non li ha premiati, ma non per colpa dell’azienda. E così veniamo informati di una vicenda che è bene portare alla luce, al di là del contesto on cui è avvenuta. Si tratta di una “classica storia all’italiana”, così la definisce lo stesso Pietro Re.

Ma ecco la storia: “due mesi fa, prima della scadenza del 5 marzo, come da istruzioni ho compilato e pagato 500 euro per l’iscrizione allo stand delle Camere di Commercio del Lazio per Fancy Food New York. Due mesi di silenzio che ho interpretato come un assenso, durante i quali, proprio negli USA, abbiamo conseguito importanti riconoscimenti: gold e silver a Los Angeles Intl Olive Oil Competition e il prestigioso Best in Class a NYIOOC con un olio Biologico Dop Tuscia (QUI), cioè con un marchio della Camera di Commercio, unica azienda della regione Lazio a ottenere questo risultato”.

Non solo: “la trasmissione televisiva Mattina 5 – prosegue Pietro Re – in onda su Canale 5 ha inviato un giornalista e una troupe in azienda proprio per fare un servizio sulla storia di Tamìa, piccola azienda italiana, che puntando sull’eccellenza, ottiene il più ambito riconoscimento al mondo in campo olivicolo e al primo tentativo”. Ebbene, la stessa Unioncamere aveva premiato, sempre a marzo, l’azienda quale miglior olio Dop Tuscia Fruttato Medio. E allora? “La Camera di Commercio che fa?”, si chiede Pietro Re. “Mi manda una comunicazione via fax che, dato l’alto numero di richieste, non è stato possibile accogliere la nostra richiesta e ci rimborseranno i 500 euro, senza nemmeno specificare il criterio utilizzato per tale selezione. Quale che sia, non sarà stato certo un metodo meritocratico”, conclude amareggiato Pietro Re.

La delusione è grande, anche perché gli Stati Uniti sono un mercato importante, tra i più significativi nell’accogliere la qualità delle piccole aziende.

La delusione di Re si traduce in considerazioni dure, severissime: “Come si fa a far crescere le Dop se sono gli stessi enti promotori ad affossarle?

Re scende nei dettagli.

Costi Dop Tuscia – ente certificatore Camera di Commercio di Viterbo:
– iscrizione dei terreni (non ricordo il costo pratica);
– bollino Dop Tuscia a € 0,10 a bottiglia;
– € 350 per le analisi di 1 campione (senza quelle per i polifenoli che si pagano a parte, altri € 60, e sono 4 mesi che le richiedo e non me le danno);
– costo del prelievo (non ricordo l’importo: € 25/50);
– almeno un mese d’attesa prima di poter imbottigliare (e vendere) il prodotto;
– obbligo di inserire nel fronte etichetta del logo Dop Tuscia (oltre al bollino, la semplice scritta Dop Tuscia non basta”.

Ah – prosegue, sconsolato – ho chiesto allora che mi venisse fornito il file vettoriale, mi hanno risposto di cercarlo su Google che non ce l’hanno…)
– tutte le carte burocratiche da compilare per ogni singolo passaggio”.

Pietro Re non demorde.

Il mio rispetto per gli accordi poi va anche oltre le loro richieste:
– nel campo ‘nome dell’olio’ che invio ai concorsi e alle guide/recensioni scrivo sempre ‘Tamìa Gold Biologico Dop Tuscia’;
– nel retro etichetta (sappiamo tutti che lo spazio per le diciture nelle bottiglie d’olio scarseggia) ho inserito (facoltativo) il marchio collettivo Tuscia Viterbese realizzato dalla Camera di Commercio di Viterbo per promuovere le eccellenze locali“.

E’ un fiume in piena, Pietro Re – ed è comprensibile. “Scusi lo sfogo”, conclude.

Poi, lo scambio di email prosegue.

Gentile Dott. Caricato, solo per completezza di informazione le comunico che la CCIAA di VT, su mia richiesta, ci ha fatto sapere che il criterio di scelta delle aziende è stato l’ordine cronologico di arrivo delle domande: erano disponibili 15 stand a livello regionale, noi siamo sedicesimi in graduatoria – non erano previste quote su base provinciale.
Se così fosse – prosegue – (non sarebbe semplice da verificare e, verosimilmente, foriero di altre arrabbiature), non si tratterebbe del più meritocratico e razionale dei criteri di selezione (per usare un eufemismo), ma almeno ci sarebbe una giustificazione”.

Già, una giustificazione ci sarebbe. Sì, prendiamola pure per buona, ma è davvero sufficiente a giustificare l’esclusione di un’azienda pluripremiata?
Io – sia ben chiaro – sono dalla parte di Pietro Re. Per un semplice motivo: la tempistica nel rispondere, non denota grande professionalità da parte di un ente camerale, anche in ragione del fatto che le aziende devono pur organizarsi. Sarebbe interessante capire qquaòi aziende sia le quindici che hanno avuto il via libera.

Ora, non è per fare polemica: mi sembra corretto però fare una riflessione pubblica questo il medesimo problema si che lo incontrano molte altre aziende in altri territori. Siamo davvero certi che le selezioni avvengano nel miglior modo possibile? Siamo sicuri che si favoriscano le aziende migliori, quelle vocate alla qualità e soprattutto le più bisognose di essere favorite nell’introduzione nei mercati più sensibili?

Sono domande legittime, che è giusto che tutti si facciano. Ora però andiamo al di là del caso specifico, io, per esempio, conoscono un funzionario (non dico la regione alla quale alludo) che sceglie (a mio parere arbitrariamente, facendo leva su una condizione di potere e di favori che si è guadagnata negli anni) contribuendo così a favorire i soliti noti, e penalizzando le aziende più virtuose.

Non è il caso in questione, certo, ma l’episodio sollevato da Pietro Re non è un caso isolato nel nostro Paese, ed è opportuno che i vari soggetti preposti a esercitare tale ruolo, si spingano a farlo secondo una logica che non sia né il mero ordine cronologico di presentazione della domanda di partecipazione, e nemmeno una indefinita logica arbitraria che non sia a vantaggio di chi concretamente dimostra di essere, bravo, innovativo e volenteroso.

Per commentare gli articoli è necessario essere registrati
Se sei un utente registrato puoi accedere al tuo account cliccando qui
oppure puoi creare un nuovo account cliccando qui

Commenta la notizia