Terra Nuda

Elogio della politica democratica

L’attuale disinteresse per tutto ciò che riguarda la politica è certamente comprensibile. Ma della politica non si può fare a meno. Ecco dunque un appello a partecipare alla vita dei partiti per renderli strumenti del ben-vivere. Quando si dice che occorre partire dal basso, non resta altro da fare che iniziare una buona volta a farlo

Olio Officina

Elogio della politica democratica

Noi, cittadine e cittadini firmatari del presente appello, siamo convinti che la politica rimanga l’arte, per eccellenza, del vivere insieme; la tecnica, raffinata, per convivere bene nelle nostre società democratiche.

La storia delle civiltà ci dice che il ben-vivere ha bisogno di un insieme di istituzioni che comunemente si identificano con la politica. L’attuale disinteresse per tutto ciò che riguarda la politica è certamente comprensibile. Ma della politica non si può fare a meno. Senza la politica non c’è speranza di vivere meglio.

La gente è giustamente nauseata da una politica esercitata come potere personale e che, per questo, determina inevitabilmente fenomeni degenerativi, come le pratiche correntizie, l’autoritarismo, il malgoverno e la corruzione.
Oggi sono in tanti a disprezzare la politica e ad evitarla. Ma questo atteggiamento, benché giustificabile, se visto superficialmente, è in realtà profondamente sbagliato. Più ce ne allontaniamo, più la politica degrada. E danneggiamo irrimediabilmente noi stessi. Lo abbiamo visto anche nel referendum sulla riforma costituzionale.

L’impulso a utilizzare il voto per protestare istintivamente contro la politica ha impedito a tanti elettori, soprattutto giovani, di riconoscere i risultati, benché ancora parziali e incerti, di un primo abbozzo di cambiamento, in un paese, da ormai troppo tempo, immobile e stanco. Il bene della comunità è conseguito se la sovranità popolare è esercitata da cittadini più consapevoli e responsabili.

La politica non rinsavisce per forza d’inerzia o sotto colpi di scure sferrati alla cieca. Essa cade sempre più in basso se i cittadini non partecipano alla vita politica e non s’impegnano a cambiarla dall’interno.

Non basta l’esercizio del voto per migliorare la politica. Occorre fare politica attiva stabilmente nei partiti, nelle forme proprie della politica: mettersi in sintonia con la società per ascoltarne le domande e i bisogni, formare e selezionare nuovi gruppi dirigenti, partecipare alla formulazione dei programmi elettorali e monitorarne l’attuazione, candidarsi alle elezioni dopo una fase di adeguata preparazione. Solo in questo modo possiamo effettivamente cambiare la politica.

La mala politica la si estirpa dall’interno con la buona politica. È faticoso ma occorre provarci e riprovarci. Non serve combatterla dall’esterno. Perché così facendo continueremmo a danneggiare solamente noi stessi.

È per questo che condividiamo e sosteniamo l’iniziativa di Matteo Renzi di riprovare a rimettere in moto il cambiamento. E aderiamo al suo invito, rivolto a tutti i cittadini, di contribuire a stabilire le priorità immediate e future.

La priorità assoluta che noi poniamo è la riforma della politica mediante una ordinata e piena vita democratica dei partiti, intesa non come benevola e paternalistica concessione di élite illuminate, ma come espressione del diritto primario del cittadino all’autogoverno.

La fase di confronto aperto – partendo dalla base – che porterà al congresso del Partito democratico – al momento, in Italia, imprescindibile baluardo in grado di contrastare il vento populista che spira in Europa e nell’intero Occidente – è un’occasione da non perdere per avviare tale processo di riforma dell’agire politico, nel fuoco del dibattito, aspro ma salutare, sul futuro del Paese.

Il nuovo contesto della politica democratica

Nelle nostre società democratiche, la politica non ha necessariamente come fine il potere, né obbligatoriamente si identifica con il potere per il potere. Essendo semplicemente un’arte o una tecnica, la politica non è un fine ultimo. È solo uno strumento per stare insieme civilmente. E allo stare insieme noi diamo, volta per volta, dei fini. Ma quei fini non costituiscono la politica. Per dirla con Norberto Bobbio, “la politica non è la civiltà, ma è il veicolo attraverso cui passa necessariamente ogni forma di civiltà”.

La scelta dei fini avviene nel confronto tra le diverse concezioni del mondo, tra le molteplici idealità. La politica non si identifica totalmente con tale confronto, benché costituisca l’elemento irrinunciabile perché esso avvenga e produca risultati in termini di “con-vivenza” e di “ben-vivenza”.

Se fino al Novecento esistevano in Occidente essenzialmente tre concezioni del mondo (cristiana, liberale e socialista) che si sono combattute aspramente dando vita a forti partiti identitari, adesso viviamo in società multiculturali e multideali complesse.

Le appartenenze e le identità sono diventate molteplici e di natura diversa: territoriali, sociali, generazionali, sessuali, professionali, scientifiche, etniche, religiose, ideali, culturali. Attengono non solo a visioni del mondo ma anche, semplicemente, a specifici stili di vita e a modi distinti di relazionarsi, produrre e consumare. E tali antiche e nuove identità e appartenenze si sovrappongono nello stesso individuo e negli stessi gruppi, costituendo identità e appartenenze plurime.

La globalizzazione ha portato immense opportunità. Ma ha fortemente indebolito le identificazioni nazionali ed ha fatto riemergere il conflitto tra le culture. Le loro intransigenze alimentano oggi fenomeni terroristici globali.

Gli elementi che in passato distinguevano l’urbanità dalla ruralità si sono ridimensionati e quelli che restano si sovrappongono e creano nuove differenziazioni. Centro e periferia, metropoli e aree interne hanno perduto i significati originari. E tali endiadi ora descrivono nuove entità policentriche e multi-identitarie. Le quali si presentano in modo molto differenziato, ma a segnarne la distinzione sono il capitale sociale, i beni relazionali, le reti di interconnessione e i legami che si stabiliscono spontaneamente nelle comunità-territori.

Oggi, dappertutto, sono comunità-territori i potenziali protagonisti dello sviluppo locale autopropulsivo, nello scenario della dinamica tra flussi globali e lunghe derive delle culture locali.

Un altro aspetto delle nostre società multiculturali riguarda la possibilità di affrontare la crisi ecologica che ha investito il pianeta. Solo l’assunzione di una visione globale dei problemi ambientali e la ridefinizione continua del rapporto tra scienza, tecnologie, economia, territori, società e comunità permetterebbero un approccio costruttivo a tale fenomeno.

Un altro elemento che occorre considerare è l’affermazione della bioetica, intesa come l’insieme di questioni che riguardano aspetti privati come la vita e la morte, il corpo e la generazione. A causa dell’innovazione tecnologica che ha investito tali aspetti, oggi, questi esorbitano dal campo delle scelte esclusivamente personali ed entrano in quello della decisione pubblica.

Infine, la rivoluzione digitale ha prodotto immense opportunità, ma anche taluni rischi che vanno gestiti con saggezza. Ad esempio, ha trasformato completamente il rapporto tra marketing e comunicazione, producendo il fenomeno della post-verità, cioè la menzogna costruita ad arte per nascondere la realtà e, nello stesso tempo, l’indifferenza a distinguere quello che è vero da quello che è falso.

Nell’era della post-verità, il semplice sensazionalismo utilizzato in passato per favorire il consumo di un prodotto materiale o immateriale, oggi si sovrappone e si confonde con la menzogna in modo del tutto “naturale” e “amorale”. Questo fenomeno oggi è già entrato a far parte della comunicazione politica e con esso bisogna fare i conti.

La rivoluzione digitale ha, inoltre, creato un divario ancor più marcato tra l’ultima generazione e quelle precedenti, introducendo problemi evidenti di comunicazione e di scambio intergenerazionali. I nativi digitali hanno elaborato altri modi di pensare e di vivere che ormai agiscono come elementi fondanti di una nuova appartenenza o identità. Per le generazioni che si sono educate senza il web, pensare e ricordare sono la stessa cosa. Esse pensano ragionando e comparando vicende e idee nel lungo periodo. Sono allenate ad andare con la mente avanti e indietro nel tempo. Fanno uso nel loro linguaggio e nella loro scrittura della consecutio temporum e delle costruzioni sintattiche complesse.

L’ultima generazione ha, invece, affidato quasi totalmente al computer il compito di ricordare. L’effetto che ne è derivato pare essere una sorta di atrofia della memoria, intesa come funzione psichica di riprodurre direttamente nella mente l’esperienza passata. E questa evoluzione influisce notevolmente nel modo di pensare e di esprimersi e, soprattutto, nella possibilità di selezionare l’enorme quantità di informazioni di cui tutti siamo quotidianamente inondati. Già in passato tra le generazioni era faticoso intendersi. Ora, con questa trasformazione, le generazioni rischiano di non comunicare più. E tale fenomeno costituisce uno dei grandi problemi che la politica dovrà affrontare.

Identità e laicità

Nelle democrazie del terzo millennio, solo un’educazione alla laicità e una sua pratica costante potranno, dunque, permettere il confronto tra le diverse appartenenze e identità, il loro riconoscimento e la loro convivenza. Solo la laicità può costituire un antidoto alle identità “armate”. Ed è questo il nuovo compito della politica democratica.

La laicità oggi serve ad orientare le appartenenze e le identità verso il superamento delle proprie chiusure e intransigenze e ad aprirle alla comprensione reciproca e alla cooperazione universale.

La laicità oggi serve ad abbattere i pregiudizi, gli stereotipi, i privilegi e le rendite di posizione, economiche e finanziarie, e ad affermare le pari opportunità e le eguaglianze sostanziali. La laicità oggi serve a smascherare il conformismo e la menzogna e a fare emergere la libertà e la sincerità. La laicità oggi serve a contenere le paure, l’incertezza e il disagio e a stimolare il coraggio, l’intraprendenza, il saper fare e l’operosità.

La laicità non si contrappone all’identità ma la incivilisce e la fa evolvere nel cambiamento continuo globale. È per questo che “sinistra” e “destra” sono in futuro destinate a differenziarsi per il diverso grado di laicità della propria azione.

La laicità è sinonimo di dinamismo, cambiamento e solidarietà. L’identità che resiste all’azione incivilente della laicità è sinonimo di conservazione, stagnazione ed egoismo. Più le pratiche laiche si affermeranno e più cresceranno l’apertura al diverso, l’inclusione sociale, l’interazione culturale, la vitalità sociale ed economica delle persone e delle comunità, le pari opportunità, e meglio potranno essere soddisfatti i nuovi bisogni. Meno le pratiche laiche si espanderanno e più si ergeranno i muri, si emargineranno gli ultimi, diventeranno esplosive le diseguaglianze.

La politica democratica ha bisogno di una leva di politici che interpreti la politica come arte e tecnica della “con-vivenza” e della “ben-vivenza”. Allo stesso modo degli artigiani e dei tecnici, essi devono acquisire competenze e abilità primarie. Devono conoscere gli elementi essenziali del diritto pubblico e delle materie di cui si occuperanno. Devono acquisire capacità di ascolto, mediazione, negoziazione e sintesi. Devono essere portatori di uno spirito federalista e costruttori di legami solidali dal basso. Devono essere in grado di comunicare in tutte le modalità, padroneggiando il web, i suoi strumenti e le sue insidie. Devono essere sempre disponibili al ricambio e incoraggiare le nuove generazioni a scegliere la politica come propria attività prevalente o secondaria.

La politica democratica potrà autoriformarsi se sarà incarnata da migliaia di persone che scelgono, consapevolmente, di dedicare parte della propria vita alla politica intesa come servizio ai cittadini e alle comunità nel fluire concreto della quotidianità. Noi intendiamo, con umiltà e coraggio, responsabilità e determinazione, fare questa scelta e invitiamo altre cittadine e altri cittadini a fare altrettanto.

Roma 23 dicembre 2016

Chi desideri aderire può farlo comunicandolo al seguente indirizzo di posta elettronica:
elogiodellapoliticademocratica@gmail.com

Hanno promosso e aderito finora:

Sergio Andreoli, architetto, Genzano di Roma
Massimo Autieri, sociologo rurale, Roma
Stefano Barbieri, divulgatore agricolo, Salzano (VE)
Stefano Berti, agricoltore, dirigente Confederazione Italiana Agricoltori, Rosignano (LI)
Martina Bischetti, avvocato, Roma
Attilio Borroni, già presidente Confederazione Italiana Agricoltori Piemonte, Torino
Osvaldo Cammarota, operatore sviluppo territoriale, Pozzuoli (NA)
Mario Campli, sociologo, Roma
Pino Cardente, cultore di materie giuridiche, Boville (RM)
Luigi Caricato, giornalista, Milano
Gianfranco Cestrilli, consulente finanziario, Velletri (RM)
Fulvia Di Giulio, pensionata, Roma
Michele Fabietti, consulente e facilitatore, Latina
Fausto Faggioli, imprenditore agricolo multifunzionale, Civitella di Romagna (FC)
Ermenegildo Francavilla, già preside scuola superiore, Roma
Arduino Fratarcangeli, sociologo, Ripi (FR)
Carmela Gabriele, naturopata olistica, Roma
Mimmo Gaeta, docente scuola superiore, Roma
Angela Gentili, ricercatore, Roma
Laura Landolfi, giornalista, Roma
Renato Lilliu, già presidente Confederazione Italiana Agricoltori Sardegna, Ussana (CA)
Enzo Lo Scalzo, giornalista, Busto Arstizio (MI)
Rudy Marranchelli, agricoltore, Rotondella (MT)
Alessandro Mauriello, animatore sociale, Roma
Vincenzo Montesano, agronomo e agricoltore, Rotondella (MT)
Claudia Papalini, agronoma, Tarquinia (VT)
Alfonso Pascale, formatore, Roma
Marco Luca Pascale, consulente legale, Satriano di Lucania (PZ)
Alessandro Riganelli, agricoltore, Marsciano (PG)
Maria Romaniello, consulente giuridico, Roma
Amedeo Rossi, docente scuola superiore, già sindaco, S. Vito Romano (RM)
Donato Paolo Salvatore, già assessore Regione Basilicata, Avigliano (PZ)
Giorgio Zaccaro, docente scuola superiore, Roma

La foto di apertura è di Luigi Caricato

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