Terra Nuda

Nessuna pratica scorretta

Ci scrive il legale rappresentante di Colavita Spa, per comunicarci la piena corrispondenza merceologica dell’extra vergine Santa Sabina. L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato dopo 15 mesi conferma, sulla base delle analisi effettuate, che l’olio corrisponde alla categoria dichiarata in etichetta. Luigi Caricato risponde a Giovanni Colavita: “In questo stato di continua caccia alle streghe le pubbliche istituzioni hanno una grave responsabilità al riguardo, e non se ne rendono conto”

Olio Officina

Nessuna pratica scorretta

Gentile Direttore,

certamente ricorderà la campagna denigratoria condotta tempo fa su numerosi organi di stampa a seguito dell’indagine pubblicata nel Maggio 2015 dalla rivista “Il Test“, il cui oggetto era la non corrispondenza merceologica del nostro olio extra vergine di oliva Santa Sabina.

Le scriviamo in merito all’inchiesta aperta, sul filone di tale “scandalo”, dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato a cui si era rivolta l’Associazione dei Consumatori, Konsumer Italia, secondo la quale la nostra Azienda “avrebbe reso comunicazioni commerciali non veritiere sull’etichetta apposta sulle confezioni del prodotto a marchio Santa Sabina, circa le proprietà organolettiche dell’olio, presentando lo stesso come extra vergine sebbene appartenente a categoria merceologica inferiore (olio di oliva vergine).”

Dopo 15 mesi, finalmente, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ha fatto chiarezza – con il Provvedimento n. 26161, allegato alla presente (QUI), pubblicato il 22.08.2016 nel Bollettino dell’AGCM – che ha confermato che, sulla base delle analisi effettuate sul Santa Sabina, è emerso che tale prodotto e di conseguenza ha deliberato che non vi è stata nessuna .

Grazie per l’attenzione, con l’occasione Le invio i miei più cordiali saluti

Giovanni Colavita
Il Legale Rappresentante di Colavita Spa

Via email, 3 settembre 2016

Gentilissimo Giovanni Colavita,

la ringrazio per questa comunicazione, e per il documento che ci ha inviato e che ora tutti potranno scaricare CLICCANDO QUI, per una approfondita lettura.

Si tratta, senza alcun dubbio, di un utile e prezioso documento, anche perché fa luce su uno tra i tanti atti di belligeranza che ormai tiene sotto scacco l’intero comparto oleario.

Ho sempre scritto dell’inconsistenza e dell’inopportunità dei tanti, troppi, e frettolosi scandali, montati a volte ad arte da una moltitudine di soggetti, alcuni dei quali perfino con ruoli istituzionali, scaturiti in parte (quando c’è buona fede) da una profonda ignoranza della materia prima olio da olive, oltre che dalla scarsa conoscenza del settore; in parte invece voluti e veicolati per fini segnatamente ideologici (con l’intento di colpire soprattutto le grandi aziende, indifferentemente se di proprietà italiana o estera, solo perché ogni società in quanto “grande” viene accusata di essere come tale brutta, sporca e cattiva); e in parte, forse, c’è da osservare come tali frequenti scandali, siano stati anche pensati, e dunque programmati scientemente, al solo fine di screditare l’imprenditoria olearia, per un atto di barbarico masochismo, incomprensibile in quanto controproducente per tutti.

I lettori di Olio Officina Magazine potranno ora farsi un’idea dello stato di belligeranza in cui versa da tempo il mondo dell’olio, ostaggio com’è di alcuni soggetti che agiscono esercitando forti pressioni su politici, perennemente schiavi del consenso elettorale, oltre che agendo su un giornalismo in cerca, attraverso il sensazionalismo, di visibilità e di uno spazio di sopravvivenza.

In questo stato di continua caccia alle streghe, nell’ambito di una ormai diffusa e capillare ostilità verso le imprese, ritengo che una reazione comprensibile sia quella di abbondonare pian piano questo Paese, e trasferirsi operativamente altrove, per lo meno le aziende che lo vorranno, anche perché non ha più alcun senso lavorare in un contesto di così dichiarata ed esplicita ostilità. Siamo in un mondo globale e occorre farne tesoro. Le pubbliche istituzioni hanno una grave responsabilità al riguardo, e non se ne rendono conto.

Tornando al suo caso, al di là di queste mie considerazioni generali, riferite a tutti i casi dell’ultimo periodo, sono certo, tuttavia, che i componenti della rivista “Il Test” le chiederanno pubblicamente scusa, così come accade tra galantuomini. Il danno però resta, anche perché non siamo in un Paese in cui vien dato il medesimo risalto alle buone notizie. Anzi, siamo il Paese che con smodata superficialità grida alla “maxi frode” (così infatti riportavano, imprudentemente, i titoli dei giornali nel novembre 2015) prima ancora di verificare se realmente di frode si sia trattato, o solo di un falso allarme. Purtroppo, l’Italia non è matura a sufficienza nemmeno per capire che con la reputazione delle imprese non si può giocare. L’economia ha bisogno di certezze e punti fermi, non di scandali che poi si sgonfiano a distanza di tempo nel silenzio generale.

Luigi Caricato

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