Terra Nuda

Perché Federdop non ha più un presidente?

Le dimissioni di Silvano Ferri sono passate sotto silenzio. E’ stato a capo della Federazione dei consorzi di tutela degli oli dop ormai da lungo tempo. Nell’ultima riunione non c’era molta serenità e spensieratezza, tra dimissioni preannunciate e dimissioni inattese

Olio Officina

Perché Federdop non ha più un presidente?

Il clima non era tra i migliori, facce lunghe, sarebbe potuto saltare l’intero consiglio. Alla fine Silvano Ferri ha lasciato, rinunciando alla propria carica. Chi ha puntato su di lui non ha mosso un dito. Troppi i problemi irrisolti. Il malcontento tra i vari rappresentanti dei consorzi di tutela era evidente. Ora a occuparsi di Federdop è sempre un uomo vicino a Unaprol, il vicepresidente Daniele Salvagno. E chissà cosa accadrà ora a breve, anche perché in Unaprol, il prossimo anno, ci sarà il rinnovo della cariche.

Quanto a Federdop, nell’aria c’era qualcosa che non andava. Ora il nuovo presidente sarà eletto al termine dell’olivagione 2013. I problemi restano quelli di sempre. Federdop – ha lamentato uno dei consiglieri – non ha prodotto dibattiti in tutti questi anni. Non ha saputo agire per il bene delle Dop.

Ecco cosa scrisse Luigi Caricato, il direttore di Olio Officina Magazine, in un articolo pubblicato il 5 giugno 2010 su TN.

Il titolo: “Una proposta spiazzante: perché non cambiare i vertici di FederDop?”.

Il sommarietto: “Non per spirito polemico, ma per nobili ragioni. Il mondo dell’olio ha bisogno di aria nuova, le scelte non devono piovere come sempre dall’alto. Ci vuole una candidatura che parta dalla società civile, si farebbe il bene delle denominazioni di origine”.

Se all’epoca si fosse ascoltato il consiglio spassionato di Caricato, forse ci sarebbe oggi un’Italia olivicola delle Dop diversa. Riportiamo alcuni brani di quell’articolo che suscitò all’epoca reazioni stizzite.

Ecco cosa ebbe a scrivere Caricato:

“Queste mie considerazioni non hanno l’obiettivo di destabilizzare FederDop, non sia mai, ma esprimono una sana provocazione che andrebbe raccolta con spensieratezza d’animo, così da essere opportunamente meditata. Finora alla guida di simili strutture interconsortili sono state collocate figure imposte dall’alto, e infatti si notano anche i risultati: la scarsa forza espressiva degli oli a denominazione di origine protetta non è il frutto del caso, ma la conseguenza di un’assenza di politiche di indirizzo. Non è un rilievo critico fine a se stesso, questo, ma una constatazione. Il fatto che FederDop sia una presenza impalpabile ci fa seriamente riflettere, visto che in teoria dovrebbe essere un faro per tutti i consorzi di tutela che ne fanno parte, ma resta solo un faro senza luce”.

E ancora:

“Sarebbe per esempio auspicabile un cambiamento nella scelta delle presidenze. E’ il caso appunto di FederDop, una realtà anchilosata, di corto respiro, che a tutt’oggi non si è mai resa protagonista di scelte decisive per il comparto, non lasciando segni tangibili nel tessuto operativo. Eppure, per contro, le produzioni olearie a denominazioni di origine protetta avrebbero bisogno di una svolta, anche perché fino ad oggi, a parte le più celebrate aree che restano sempre leader di mercato, si è assistito a un immobilismo davvero impressionante, disarmante, choccante.

C’è autonomia? Autonomia? Ne dubito fortemente. Come può – e lo dico senza spirito di polemica, ma solo quale riflessione ad alta voce – una realtà come FederDop avere la propria sede in via Rocca di Papa, dove ha casa l’Unaprol? Accipicchia! Non potrebbe FederDop trovare ubicazione presso strutture terze, magari istituzionali – presso il Ministero delle Politiche agricole, per esempio, o presso qualche altra struttura più neutrale? Non si comprende il motivo di una simile commistione?

L’Unaprol-Consorzio olivicolo italiano è una risorsa importante per il Paese, non c’è dubbio, ma non può essere la sola e unica espressione. Meglio un Paese plurale. Questa casa degli italiani a nome Unaprol raccoglie di tutto: Aifo, Pandolea e chissà cos’altro; certo, poi ciascuno è padrone delle proprie scelte, libero di affidarsi a chi ritiene più opportuno, ma aspirare a un’autonomia io credo sia, oltre che dignitoso, fondamentale. Con ciò, evidentemente, non significa far venir meno il dialogo tra le parti. Il confronto tra i vari attori della filiera deve essere sempre considerato un valore al quale non si può in nessun caso rinunciare.

Ma FederDop è una federazione di consorzi autonoma, dal respiro proprio? Guardando dal di fuori non sembra. Occorre fareattenzione, anche perché altrimenti, senza un’autonomia, diventerebbe una sovrastruttura senza vita, senza respiro, come d’altra parte un po’ dimostra di essere: un peso morto. Già, un peso morto. Ma che cosa fa d’altra parte FederDop? Qualcuno provi a spiegarmelo.

Caricato ha messo il dito nella piaga, scrivendo allora:

Io non conosco Silvano Ferri, non ho avuto modo di conoscere la storia personale dell’attuale presidente FederDop. Non so come sia nata la sua candidatura e non è questo il punto, ciò che emerge è comunque l’assenza, la mancanza di risultati concreti da parte della federazione; e ciò non è un bene per il comparto, e nemmeno per le denominazioni di origine che invece dovrebbero diventare l’elemento trainante degli oli extra vergini di oliva italiani. Per questo, e solo per questo, sarebbe un bene che si sciogliesse l’attuale gruppo, ricominciando daccapo, con una nuova rinata compagine, più propositiva e autonoma, e anche con una sede fisica differente. Sarà possibile? Dubito.

Luigi Caricato non è stato evidentemente ascoltato:

La necessità di un cambiamento. Ci sarà la volontà di cambiare? Non lo so, non ne sono tanto sicuro. Certo è che occorre un segnale di discontinuità, rispetto al passato. C’è bisogno di aria nuova, di professionalità condivise. (…) Il futuro dell’olivicoltura italiana non può attendere oltre. Le Dop devono ripartire con maggiore efficacia, cercando di trasferire anche al Sud una spinta propulsiva che al momento non si è ancora manifestata. E’ pura utopia, secondo voi?”

Lasciamo oggi al lettore la pazienza di interpretare quel grido inascoltato di Luigi Caricato. Forse, tuttavia, è anche giunto il momento di riflettere: le critiche, in fondo, servono, aiutano a mettere in luce la realtà, guardandola con spirito oggettivo.

Resta solo una domanda: perché allora tutti tacquero?

Secondo voi, l’Italia dell’olivo e dell’olio riuscirà mai a voltare pagina?

Il prossimo presidente di Federdop, sarà imposto sempre dall’alto?

E se fossero invece i veri operatori del settore a candidare i possibili nomi da proporre al ruolo di presidente?

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