Terra Nuda

Unasco, Cno e Unapol contrari al made in Italy commerciale per gli extra vergini

Il rischio concreto - sostengono - è di creare un “italian sounding” a casa nostra, facendo percepire come olio “italico” quello che olio delle regioni italiane lo è solo in minima parte

Olio Officina

Nota stampa di Marco Magheri. “Come rappresentanti di oltre 350 mila coltivatori e produttori olivicoli italiani – affermano in una nota congiunta Luigi Canino, Presidente Unasco, Gennaro Sicolo, Presidente Cno e Tommaso Loiodice, Presidente Unapol – riteniamo che la filiera dell’olio extravergine di oliva italiano debba essere espressione dell’identità e della qualità del 100 per cento “made in Italy”. Abbiamo invece appreso di posizioni circolate sulla stampa non espressamente condivise dall’intera filiera italiana dell’olio extra vergine di oliva, ma riferite solo a due delle sue componenti. Come presidenti di Cno, Unapol e Unasco non riteniamo di poter condividere una posizione che non rappresenta il pensiero dell’intero comparto e pur rispettando le opinioni personali si vuole affermare che le posizioni espresse nelle notizie stampa circolate non possono in alcun modo essere attribuite ai produttori italiani nella loro interezza. Riteniamo che la qualità dell’olio extravergine di oliva 100% italiano, per le caratteristiche organolettiche che esprime è un patrimonio del nostro Paese. Diluirlo significherebbe vanificare tutto il lavoro sulla qualità condotto nel corso degli ultimi anni dalle singole organizzazioni di produttori, invertendo la rotta e passando da una produzione a prevalenza lampante a una con olio di qualità eccelsa, sostenuta grazie all’applicazione di percorsi e strumenti di tracciabilità che non trovano eguali nel mondo. Se la produzione nazionale è inferiore al fabbisogno del mercato italiano e il mondo invidia – a ragione – la qualità del nostro olio, non ha nessun motivo, se non quello proprio della svendita della qualità, procedere alla creazione di miscele contenenti olio italiano che, di fatto, nelle mani di operatori commerciali poco affidabili, potrebbero rivelarsi come un potenziale inganno per i consumatori. Il rischio concreto è di creare un “italian sounding” a casa nostra, spacciando per olio “italico” quello che olio delle regioni italiane è solo in minima parte. La qualità, la trasparenza e la difesa del patrimonio culturale, storico e di salute espressi dall’olio italiano sono valori da difendere per garantire la trasparenza nei confronti dei nostri consumatori”.

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