Terra Nuda

Un mandala di riso

E’ il cerchio che contiene l’essenza, ma anche una rappresentazione del mondo e insieme una via che porta all’ascesi. Quando poi si punta a entrare nel Guinness dei primati, coprendo, con oltre duemila chili che corrispondono a 100 milioni di chicchi di riso e il lavoro di centosessanta studenti volontari, per una superficie di quattrocento metri quadrati, tutto assume un’altra prospettiva

Nicola Dal Falco

Un mandala di riso

La traduzione più superficiale di mandala è cerchio, ma l’etimologia suggerisce ben altro: ciò che contiene l’essenza. Ci sono mandala in oriente e in occidente, mandala scolpiti, mandala dipinti, mandala di concentrazione che possono prendere spunto dalla natura, le rocce, le piante, il cielo, le acque e mandala di sabbia che dopo un breve periodo vengono distrutti, ricordando a chi li ha pazientemente eseguiti la finitezza d’ogni sforzo umano.
Mandala è una rappresentazione del mondo, dove il cerchio inscritto nel quadrato sigilla l’assoluta identità tra la materia e lo spirito, tra la dimensione temporale e l’infinito, tra soggetto e oggetto, anzi, sarebbe più corretto dire che l’unione delle due figure geometriche mostra come un grande ideogramma il qui, ora e sempre del divino.

Il mandala è anche una via che porta all’ascesi, conducendo l’uomo, attraverso un percorso interiore, al cospetto della verità, in armonia con il principio primo da cui tutto ha origine, ricucendo così la dualità che accompagna l’avventura della vita.
D’ora in avanti, grazie al progetto di Livio Bourbon, in collaborazione con L’Associazione Strada del riso vercellese di qualità, a cui aderiranno numerosi sponsor, si potrà aggiungere anche il Mandala di riso.

Non riso colorato, come per le sabbie dei monaci tibetani, ma riso di tre varietà e tre colori diversi: risone bianco, nero e rosso.
Colori che si prestano ad un’operazione spirituale se non esoterica, visto che indicano anche le tre tappe del processo d’individuazione alchemico, le tre fasi lunari e, di conseguenza, le tre epifanie della Grande dea anatolica e cretese: la sposa, luna bianca crescente, la regina, luna rossa, la parca, luna nera.
Quindi, in un paese d’acqua come il Vercellese, dove si concentra la maggior parte della produzione di riso non solo in Italia, ma in Europa, è nata l’idea di eseguire un mandala di nove metri quadrati, realizzato con ottanta chili di riso, pari a 4.000.000 chicchi, il cui disegno, suggerito dalla professoressa Rita Novella della Scuola Media Avogrado di Vercelli, riproduce il rosone della basilica di Sant’Andrea.
Per realizzarlo sono state necessarie dodici ore di lavoro e l’impegno di sessanta studenti della Scuola Media.

I prossimi mandala

C’è, poi, la coincidenza dell’Expo, dedicato all’alimentazione, a cui il mandala risponde in maniera simbolica, sul piano concettuale e compositivo, come su quello della comunicazione politicamente corretta.
Non c’è, infatti, spreco e il riso utilizzato è una “rottura di riso”, uno scarto della lavorazione che una volta, sistemato, chicco per chicco, dando spessore alla forma disegnata, verrà utilizzato come mangime animale.

Al primo mandala ne seguiranno altri. Uno, in particolare, visibile dal 20 al 24 maggio alla Borsa Merci di Vercelli, punta a entrare nel Guinness dei primati, coprendo, con oltre duemila chili che corrispondono a 100 milioni di chicchi di riso e il lavoro di centosessanta studenti volontari, una superficie di quattrocento metri quadrati.
Gli altri appuntamenti riguardano la Terrazza di Superstudio+ con la presenza di Michelangelo Pistoletto e un gruppo di monaci buddisti a Milano, nel mese di giugno, durante l’Expo e nello stesso mese, la Cittadellarte – Fondazione Pistoletto di Biella.

Scendendo dalla Vespucci

Livio Bourbon è un viaggiatore che dopo aver messo se stesso e il suo occhio in un frullatore, fotografando per quindici anni quello che gli editori gli chiedevano di fare: molta cornice e poca tela, molto decoro e poca introspezione, ha cambiato strada, scendendo da una nave a vela nel porto di Cadice.
Lì si è innamorato di una bretone, sposandola e avendo con lei due figli, un maschio e una femmina.
Contemporaneamente, si forma una seconda famiglia, di tutt’altro genere, battezzata Spin 360, una società formata da Livio, da Andrea e da Enrico: il fotografo, il regista e il fonico.
Con loro accetta i servizi su misura per il conformismo editoriale, riuscendo però a ritagliarsi le proprie mete come documentare l’uso delle mine antiuomo in Cambogia, ritrarre un intero paese che si mette in posa o la festa indù del Kumbah Mela che culmina ciclicamente in una grande abluzione collettiva.

Dopo la morte di Enrico e di sua moglie Ilaria, ucciso dalla tsunami durante il viaggio di nozze, il tema dei mandala che aveva accumunato nei viaggi e nello spirito i tre soci, si concretizza in questa iniziativa – Il Mandala di riso – dove la prospettiva «non è più di raccontare il mondo agli europei», ma di evocare la presenza di un amico, disegnandogli attorno una casa senza tempo, fatta di chicchi di riso.

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