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Come cambia il marketing in un contesto di grandi incertezze di mercato

La situazione attuale in cui si muovono i mercati mondiali è determinata dagli effetti di questi ultimi tre anni: la pandemia prima, l’invasione russa in Ucraina dopo. Questi temi, sempre attuali, sempre presenti, li avevamo affrontati già nel corso dell’undicesima edizione di Olio Officina Festival, tenutasi a marzo. Cosa ci aspetta per il futuro? Quali pensate siano le dinamiche che muoveranno noi e tutti i settori commerciali con cui ci rapportiamo quotidianamente? Al momento della pubblicazione di questo articolo va precisato che l'emergenza olio di girasole si è nel frattempo risolta.

Chiara Di Modugno

Come cambia il marketing in un contesto di grandi incertezze di mercato

Al momento della pubblicazione di questo articolo va precisato che l’emergenza olio di girasole si è nel frattempo risolta.

L’undicesima edizione di Olio Officina Festival si è svolta nel pieno dello scoppio del conflitto russo – ucraino. Si è così riflettuto sulle ripercussioni di questo sui mercati, sul prezzo delle materie prime e degli alimenti di uso quotidiano. E questo momento così delicato e difficile si è palesato con la pandemia ancora in corso, dove gli effetti non solo non sono ancora stati ancora superati, ma hanno modificato il modo di consumare delle famiglie. Mauro Tosini, direttore commerciale del gruppo Salov, e Massimo Occhinegro, economista, esperto di marketing internazionale, inquadrano la situazione che ha rapidamente pervaso l’economia internazionale rivolgendo l’attenzione al marketing dell’olio e cosa cerca oggi il consumatore.  

«In questo momento, più che fare marketing dobbiamo gestire un’emergenza. – esordisce Mauro Tosini– ciò che sta succedendo in Ucraina impatterà tantissimo sui mercati in quanto maggior produttore mondiale di olio di girasole. L’interruzione delle forniture di olio di girasole ha creato un effetto incredibile: occorre ricordare che questo tipo di olio viene impiegato per il consumo, ma principalmente per l’utilizzo industriale. Venendo a mancare, le industrie hanno dovuto necessariamente cercare altri tipi di oli che potessero sostituire quello di girasole, e in Italia si è trovata compensazione per questa mancanza nel mercato dell’olio da olive. Così, nel giro di pochi giorni, aumentando la domanda di olio da olive il prezzo è andato alle stelle. Arrivando a certe cifre l’olio di oliva, l’extra vergine non poteva costare meno e in questi giorni sta subendo delle quotazioni incredibili. Siamo in una fase veramente emergenziale, dove la cosa paradossale – racconta Tosini – è che noi commerciali passiamo una vita a inseguire e corteggiare i clienti, a convincerli sulla bontà del nostro prodotto, e in questi giorni siamo noi a essere continuamente cercati. L’importante è che sia olio, non ci richiedono in particolare l’extra vergine. Dobbiamo essere coscienti che questa è una situazione eccezionale, e prima o poi si tornerà a un momento più stabile, e lì potremo continuare con la nostra attività di marketing, in questo momento superata perché le richieste le riceviamo ugualmente. L’importante è uscire da questa situazione emergenziale, avendo dato però al mercato, quindi ai clienti e ai retailer, l’idea di essere una azienda seria, stabile, che anche in questi momenti di emergenza riesce a soddisfare il consumatore. Quando facciamo comunicazione parliamo al consumatore. Quando sviluppiamo un prodotto, un’etichetta, la pensiamo in funzione del consumatore. Vinciamo se conquistiamo nuovi consumatori. Il marketing, per definizione, è la ricerca di consumatori; quindi, in questa fase di grande emergenza è importante dare al mercato un’immagine di azienda seria che c’è sugli scaffali, che nonostante la difficoltà sia in grado di rifornire i negozi, che non speculi sulle situazioni».
Questo è ciò che serve continuare a fare, perché, come ricorda il direttore commerciale di Salov, questo momento terminerà e il mercato verrà ripristinato. Si ritornerà «a quelli che sono i fondamentali del mercato dell’olio da olive, e sarà quindi nuovamente necessario fare un marketing come si è sempre fatto: che valorizzi il proprio prodotto», conclude Mauro Tosini.

Oggi sappiamo che questo momento è mutato, che il mercato dell’olio di girasole ha ripreso con le esportazioni. Ma quanto è accaduto, ed è tuttora in corso, serve per far riflettere su quanto sia mutevole ogni singolo contesto economico e sociale, di quanto si è esposti a qualsiasi evento e alle ripercussioni connesse.

«Oltre a queste problematiche – prosegue Massimo Occhinegro – bisogna anche tenere conto che c’è un problema di trasporti post covid, conseguenza dell’aumento dei costi energetici. E in un contesto dove aumentano i costi del prodotto, non si può dare per scontato che tutti i consumatori capiscano il perché di questo rincaro. E per quanto ci sia chi ha piena consapevolezza del momento e delle dinamiche attuali, mettere comunque un prodotto sul mercato con un prezzo maggiore, rende più difficile l’acquisto. È una situazione molto difficile, così come è difficile prevedere come ci si muoverà nel mercato del domani. In aggiunta a questo scenario, le problematiche legate al clima, come l’assenza di piogge in Andalusia e proprio per via di questa forte incertezza le aziende non devono speculare a danno dei consumatori».

«L’aumento dei prezzi che stiamo vedendo – spiega Tosini – è una sorta di effetto domino. È partito dalla mancanza di olio di girasole fino a far crescere le quotazioni dell’olio extra vergine, che non c’entra nulla. Questo incremento di quotazioni, all’interno del mercato italiano, non porterà, se non in minima parte, a una riduzione dei consumi. Anche se l’extra vergine costa più di prima, non si rinuncerà ad averlo. La stessa cosa però potrebbe non accadere all’estero. Quella dell’extra vergine è una categoria di recente conoscenza; di conseguenza, davanti a prezzi molto più alti, il consumatore rinuncia all’acquisto perché non è nelle sue abitudini di consumo. I consumi si modificano con grande facilità a seconda del momento, e lo abbiamo notato proprio durante l’avvento della pandemia. Nel corso del primo anno si è assisto a una crescita del mercato di olio da olive dal momento che il consumo fuori casa era impossibilitato. Quando poi, progressivamente, si è tornati alla normalità, i dati hanno dimostrato che i consumi sono scesi rispetto anche a quelli pre-pandemia. Ma anche le stesse scelte alimentari possono modificare i dati relativi ai consumi: la riduzione dei grassi nelle diete impatta anche sull’extra vergine, nonostante le sue qualità nutrizionali. Anche le famiglie monocomponenti incidono, dal momento che le scelte di un giovane che abita solo, spesso, ricadono sui pasti fuori casa. Così, una bottiglia di olio da un è destinata a durare anche sei mesi. I consumi risentono della trasformazione della società, e anche l’extra vergine, nonostante abbia tantissime caratteristiche positive soffre delle tendenze».

Serve, quindi, che avvenga un cambio di prospettiva da parte delle aziende: devono smettere di guardare alla quantità, ma alla qualità, restituendo il valore all’extra vergine, afferma Mauro Tosini. «Se le famiglie cambiano in maniera importante, dobbiamo lavorare sulla valorizzazione. – prosegue il direttore commerciale di Salov – Negli anni Ottanta il vino era un prodotto di quantità, quando ci fu poi lo scandalo del metanolo. Da quel momento il settore ha rivisto il proprio modo di lavorare e di agire, creando sempre più valore del prodotto. Questo deve essere anche il nostro riferimento, ed è per tale motivo che chi fa un olio extra vergine d’oliva “democratico”, che si trova al supermercato, non significa che non si tratti di un prodotto buono e di valore e in questo contesto è necessario il ruolo del marketing, capace di inquadrare le caratteristiche al consumatore. In Italia l’olio si vende spesso in promozioni anche molto aggressive, ma bisogna essere comunque preparati nel trasmettere il suo valore al consumatore. Anche tra i prodotti in promozione, non deve per forza scegliere quello con il prezzo più basso, ma deve trovare in un prodotto quegli elementi distintivi che sono comunicabili attraverso una precisa strategia di marketing. Qualità, packaging, campagna pubblicitaria: il marketing deve fare il proprio lavoro e deve farlo sempre. L’importante è essere capaci di guidare il valore del prodotto che vendiamo».

E in uno scenario così difficile e frammentato non ci si può dimenticare dei giovani e del potere che hanno le scuole per trasferire la conoscenza e il valore dell’extra vergine. L’economista Occhinegro, infatti, afferma che «bisogna cercare di coinvolgere i ragazzi per far capire la qualità dell’olio, e poi far sì che siano loro a spingere i genitori a valutare un extra vergine rispetto a un altro. Da parte dei giovanissimi c’è la curiosità di capire e comprendere; quindi, le aziende devono puntare sulla conoscenza trasmessa poi ai propri famigliari. Per quanto riguarda l’attività di comunicazione serve appoggiarsi ai canali vicini alle nuove generazioni, selezionando i social da loro più utilizzati. Anche i testimonial sono fondamentali in questo percorso e processo. Poche aziende stanno però conducendo questa politica. Un altro aspetto cruciale riguarda la necessità di dover lavorare sul concetto di grasso e far capire che, seppur si ha la tendenza ad abusare delle quantità di olio, ad esempio per condire l’insalata, basterebbe un olio dal sapore più intenso, più corposo, così da doverne usare in una dose ridotta. Questo va incontro alle esigenze di avere una dieta equilibrata, senza però togliere il gusto e il piacere di consumare determinati cibi» spiega Occhinegro.

L’olio, però, può anche essere scelto da regalare, così che questo diventi un modo anche di divulgare il prodotto. In Italia non è una pratica diffusa: non è così diffuso l’extra vergine come regalo al di fuori, ad esempio del periodo natalizio, mentre in Cina, durante le manifestazioni e fiere, viene regalata una bottiglia, dalle varie dimensioni, di extra vergine. È sicuramente un modo per far conoscere il prodotto, per farlo arrivare a quante più persone possibili. Però, dopo un’attenta analisi di mercato, «è stato dimostrato che solo cento milioni di persone conoscono e consumano l’extra vergine, su un miliardo e mezzo totale. – afferma Mauro Tosini – La metà di quelli che lo utilizzano lo impiegano come medicinale, bevendolo a digiuno al mattino. L’altra metà conosce il prodotto, magari per averlo ricevuto in dono o per averlo regalato. Pensare a questo in Italia è quasi impossibile. Certo, in alcune occasioni lo si regala, appartiene comunque alla nostra cultura e specie al Sud manifesta gioia e ricchezza. Ipotizzare che regolarmente un consumatore italiano compri una confezione da regalare al di fuori delle feste comandate, lo trovo più complicato. Ma d’altro canto è quasi normale che sia così: è un prodotto che per noi entra quotidianamente nelle nostre case, e non è così per i cinesi. Allora se entra quotidianamente, il valore aggiunto già scende. Sono quelle cose che vanno conosciute e osservate, perché le dinamiche evolvono ovunque; quindi, bisogna sempre fare marketing e non rinunciare, che significa non trascurare nulla» conclude il direttore commerciale di Salov.

Come fa notare Massimo Occhinegro, c’è già la tendenza a regalare l’extra vergine, ma soprattutto se contenuto in packaging di un certo tipo, come le confezioni in ceramica. Però, in questo caso, si regala l’oggetto più che il prodotto al proprio interno.

Lo scenario in cui si muove il settore oleario non è facile, e gli ultimi anni hanno contribuito a complicare le dinamiche. Bisogna, però, reagire in quanti più modi possibili e trovare soluzioni che sappiano andare verso le esigenze degli imprenditori e di tutti gli attori coinvolti, consumatori compresi.

 

In apertura, foto di Olio Officina©

1 Response

  1. Ornella Piluso ha detto:

    Molto interesssnte questo articolo
    Grazie
    Ornella Piluso

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