Dalla sua concezione fino al mercato: come si sviluppa il packaging degli oli
Design, bellezza e regolamenti sono tutti fattori che devono necessariamente essere coniugati quando si progetta una bottiglia di olio. Nessun aspetto è inferiore ad altri, ognuno occupa un ruolo definito. Ma non è sempre facile riuscire ad armonizzare quanto chiama l’estetica e quanto richiede il legislatore. Il designer Mauro Olivieri e Valentina Cardone di Chemiservice dialogano attorno a queste tematiche offrendo importanti spunti di riflessione
Nei giorni scorsi, Olio Officina ha annunciato la decima edizione di Forme dell’olio, il contest di packaging e innovazione. Sono già passati dieci anni da quando le aziende, progressivamente, hanno iniziato a credere nel potere di un design studiato nei dettagli, capace di differenziarsi dalle altre bottiglie, raccontando una propria storia. Così, di anno in anno, sempre più realtà hanno preso parte al concorso, mettendosi in gioco in un territorio per molti ancora da esplorare. E la spinta è arrivata proprio dal direttore di Olio Officina, Luigi Caricato, capace di rivolgere sempre uno sguardo al domani, cercando in questo nuovi spunti su cui lavorare, come coinvolgere le tante case olearie che compongono il settore, a tratti difficile e complicato. Ma come si coniuga l’aspetto estetico, della bellezza, a tutti gli altri che necessariamente devono essere presi in considerazione quando si sta lavorando dietro a un prodotto che conterrà un alimento? A cosa occorre prestare attenzione? Quali indicazioni non possono essere tralasciate? In un interessante dialogo, il designer Mauro Olivieri e Valentina Cardone di Chemiservice, nel corso dell’undicesima edizione di Olio Officina Festival, mettono in luce questi importanti temi
Gianni Pasini, tra i maggiori interpreti della storia del progetto italiano della fine del Novecento, ha delineato quali erano le modalità per poter provare a dare un senso a come codificare un valore intorno al mondo dell’olio, afferma il designer Mauro Olivieri, «e noi oggi lo stiamo portando avanti, lo stiamo affinando, ma i fondamenti li ha messi lui. Aveva una grandissima capacità di sintesi che oggi ho raccolto, che mi ha insegnato tanto, e cerco di portare queste conoscenze anche nella giuria del contest Forme dell’olio, che presiedo con onore tutti gli anni. All’interno, ogni anno, abbiamo delle figure sempre più autorevoli, trasversali, che sanno spiegare, cogliere, quelli che sono i simboli del nuovo designer che lavoro intorno al mondo dell’olio».
Proprio partendo da queste considerazioni, Olivieri ricorda come l’aspetto estetico non può essere in alcun modo l’unico fattore che può far dire se una cosa è bella o meno; infatti, «nel design non esiste qualcosa che è bello, esiste qualcosa che è giusto. Quando arriva ad essere perfettamente giusto, allora è anche bello. Ecco, Pasini mi ha insegnato questo. Mi ha insegnato che ci sono segni che spesso non li si coglie subito, ma devi andare nella profondità, devi quindi saperli cercare, coniugare e metterli insieme. La bottiglia di Laudemio Frescobaldi – prosegue Olivieri – è vero che ha aperto un mondo nuovo, ma spiega anche quanto l’iconicità si forma in maniera automatica, e la si forma nello stesso modo su un prodotto, nella misura in cui tutti gli elementi che lo compongono si considerano il più vicino possibile alla perfezione».
La perfezione, continua il designer, non è una cosa soggettiva «è oggettiva, e riconoscibile da tutti, che non è solo il bello, ma è anche il concetto di equilibrio, di proporzioni, di lettura del linguaggio che quella bottiglia mi vuole trasmettere. Ma si deve anche parlare di lettura di linguaggi quando affrontiamo questo tema. Dico sempre che è fondamentale avere una figura che sia al fianco del designer, perché è veramente un processo difficile progettare. Chi lo fa come mestiere, e non si improvvisa, è sempre alla ricerca anche di cose trasversali, che all’inizio magari non sono da considerare necessarie, ma bisogna ragionare in quello che possono diventare in un secondo tempo. Quindi invito sempre ad approcciare temi difficili con delle figure che siano capaci ad affrontarle veramente, in maniera olistica».
Sono tanti, e mai scontati, i singoli passaggi che portano alla realizzazione di un prodotto di design.
Un prodotto, quindi, che è stato cercato e voluto esattamente in quel preciso modo, che avrà delle caratteristiche così proprie che non potrà essere associato a una azienda che non sia quella che l’abbia prodotto.
Ma, a questo, si aggiunge l’aspetto commerciale e quello legislativo.
«Il tema dell’etichettatura – spiega Valentina Cardone di Chemiservice – è un tema molto sentito, perché deve necessariamente conciliare due esigenze: la comunicazione dell’olio ai consumatori e ancora una volta il rispetto della legge. Chi lavora nel mondo dell’olio sa come questo prodotto sia particolarmente oggetto di discipline specifiche dettagliate, e anche le rispettive comunicazione e presentazione devono sotto a queste regole. La creatività della comunicazione nel campo dell’olio non è concessa, e se lo è deve essere esercitata entro limiti ben definiti dal legislatore. È quindi necessaria una sinergia costante tra i creativi e il consulente tecnico legale. Ci sono tanti elementi che si devono dire obbligatoriamente e altri sono, invece, facoltativi. Le informazioni a carattere facoltativo sono, per esempio, la descrizione degli aspetti organolettici del prodotto, oppure le voci relative ad alcuni aspetti della chimica, quindi qualche caratteristica chimica sintomatica della freschezza del prodotto. Per quanto noti, gli aspetti nutrizionali e salutistici, non sono stati autorizzati dal legislatore. Nel nostro caso viene detto come devono essere formulati e quali sono le condizioni perché possano essere utilizzati. È un terreno estremamente delicato e come consulenti tecnici legali, la soluzione migliore da suggerire alle aziende, e a chi partecipa al processo di realizzazione di una bottiglia e della sua etichetta, è: meno scrivete, meglio è. Ma questa non può essere una soluzione accettata nel suo totale dall’ufficio commerciale delle aziende, o dal responsabile marketing. E allora bisogna far lavorare i creativi sempre a braccetto con consulenti ed esperti in materia, conclude Cardone».
Sono figure inscindibili, dove il risultato della loro collaborazione può solo che portare beneficio a tutte le aziende impegnate in questo settore, che vogliono costruire una propria identità, senza però che questa preveda il tralasciare aspetti di fondamentale importanza per poter immettere l’extra vergine sul mercato.
All’interno e in apertura, foto di Sara Marcheschi
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