Festival

La bellezza abita le nostre terre. Voce all’olivicoltura eroica

All’undicesima edizione di Olio Officina Festival si è parlato di un progetto importante: l’olivicoltura d’alta quota secondo il movimento culturale TreeDream. Nel corso dell’evento, a cura delle figure che credono in questo lavoro e lo coltivano ogni giorno, è stato affrontato il tema dell’olio etico e cosa significa questo prodotto per il Ponente ligure e per tutti gli altri territori estremi

Tree Dream

La bellezza abita le nostre terre. Voce all’olivicoltura eroica

“Sono anni ormai che dalla Liguria si fa strada un movimento culturale e sociale che ha portato alla luce, mettendolo in evidenza, il valore materiale e immateriale della olivicoltura d’alta quota. Sostenibilità ed etica, bellezza e paesaggio sono i canoni cui si ispirano gli olivicoltori d’alta quota, un modo di essere e di sentire che sta ora coinvolgendo tutti i territori in cui l’olivicoltura diventa eroica e partecipativa”, Luigi Caricato.

Sono intervenuti

Giuseppe Stagnitto, portavoce di TreeDream;

Patrick Reichstein, olivicoltore a Oneglia;

– Manuel Rabai, olivicoltore a Borgo d’Oneglia;

– Luigi Caricato, direttore di Olio Officina Festival

TreeDream e la rinascita dell’olivicoltura d’alta quota

Giuseppe Stagnitto: Una parola di presentazione: noi rappresentiamo il movimento culturale TreeDream che ha il fine di contribuire alla rinascita dell’olivicoltura d’alta quota italiana. Il movimento ha preso l’avvio dalla Liguria, come potete vedere dai video presenti nel nostro canale TreeDreamVideo, su Youtube.

Oggi sono con noi due giovani olivicoltori liguri Patrick Reichstein e Manuel Rabai, rappresentanti del nucleo giovanile del nostro movimento culturale.

La loro testimonianza riguarderà i valori che ispirano il loro coraggioso lavoro.

Sono quei valori che lei, Direttore, cita nel programma di OOF 2022: “sostenibilità, etica, bellezza, amore per la tradizione”.

Lei ci ha stimato fin dall’inizio, fin dalle prime edizioni di questo Festival: grazie per averci invitato anche quest’anno.

Copia del volume “Extravergini d’alta quota” di Luigi Caricato. Libro che ha aperto la via al progetto

Luigi Caricato: Quello di TreeDream è un progetto che è andato avanti così bene che un olio d’alta quota prodotto con il contributo degli aderenti ai principi di TreeDream è presente da Peck, il cosiddetto “tempio della gastronomia”.

Il movimento TreeDream rappresenta un grande progetto di recupero dei territori abbandonati.

La coltivazione d’alta quota significa la complessità del lavoro, la durezza l’asprezza, la sofferenza, il dolore.

L’olivo d’alta quota sa ripagarsi il proprio muro di sostegno

Giuseppe Stagnitto: Come abbiamo già ricordato nella nostra presentazione, lei Direttore ha conferito un premio a sette eroi che avrebbero dovuto essere qui oggi rappresentati da Domenico Rainisio che purtroppo (come stiamo constatando) non ha potuto essere presente.

Sono eroi veri, non eroi “tra virgolette”, per l’importanza sociale della loro opera.

Ad alta quota la terra necessaria per la coltivazione dell’olivo deve essere “sostenuta”: è come se ogni pianta avesse bisogno di un proprio vaso.

Questa immensa costruzione di muratura a secco è durata circa un millennio e ha protetto l’intero territorio. Si tratta di una tecnica costruttiva che ha, in modo egregio, come si dice oggi, il carattere della “sostenibilità”. Non voglio annoiare chi ci sta ascoltando perché confesso che l’argomento mi prenderebbe troppo, essendo un ingegnere che si occupa proprio di queste cose per professione.

Mi permetto di dire solo il concetto fondamentale: il muretto a secco, proprio per la sua permeabilità, riesce a sostenere il terreno senza subire gravemente la maggiorazione delle spinte dovute alle acque meteoriche.

Poiché l’olio d’alta quota ha speciali caratteristiche, qualora esse fossero adeguatamente recepite dal mercato, la pianta d’olivo potrebbe “ripagarsi” il proprio muro di sostegno, senza necessità di investire i soldi pubblici che generalmente sono necessari per la salvaguardia idro-geologica di certi territori montani.

Il servizio Rai su TreeDream. Febbraio 2014

Extravergini d’alta quota è il libro che ci ha aperto la via della comunicazione. Ogni volta che parliamo di queste cose, porto questo libro con me.

Il tema di oggi, però, non è quello di chiarire il motivo per cui l’olio d’alta quota merita di essere posizionato in una categoria a sé stante.

Diciamo solo una cosa: gli studiosi parlano di un “effetto altitudine”.

La pianta, costretta a crescere in condizioni di stress, sviluppa in modo maggiore quelle componenti che lo differenziano: la parte aromatica, la parte antiossidante. Questi argomenti infatti sono già stati trattati nelle varie edizioni di Olio Officina Festival.

Il tema di oggi è la bellezza; è questo il tema di OOF2022: L’olio della bellezza.

In passato, a dire il vero, questo argomento della bellezza ci aveva, in qualche modo, già interessato.

Luigi Caricato ha pubblicato un libro – È l’olio, bellezza – Viaggio letterario nelle culture dell’ulivo – scritto dal Prof. Giorgio Barbaria, un grande umanista.

Il libro, che riporta la presentazione del nostro fondatore Flavio Lenardon, spiega come l’olio abbia interessato la cultura, seguendo un viaggio letterario che parte dai tempi più antichi e giunge fino ai giorni nostri.

Veniamo ora al punto. Questi giovani sono la testimonianza vivente della “bellezza morale”.

Quando ero ragazzo avevo recitato una parte in una rappresentazione dell’opera teatrale di Karol Woitila “La bottega dell’orefice”.

Ricordo che mi aveva colpito il brano che diceva: “più che la bellezza percepibile ai sensi ho imparato, a poco a poco, ad apprezzare la bellezza percepibile con la ragione, cioè la verità.”

Sono parole simili a quelle da Lei scelte, caro Direttore, per presentare il nostro intervento: “Treedream ha portato alla luce, mettendolo in evidenza, il valore materiale ed immateriale della olivicoltura d’alta quota”.

Questi giovani hanno avuto il coraggio di dire: anche se, apparentemente, sembrerebbe non ragionevole, io voglio continuare a coltivare certi oliveti così difficilmente raggiungibili.

Patrick ci dirà – testimonianza davvero ammirevole – che a questa scelta non è stato indirizzato dalla sua famiglia: egli è diventato olivicoltore – e addirittura olivicoltore in alta quota – per propria assoluta vocazione.

“Per me la campagna è sempre stata un’idea di bellezza”

Patrick Reichstein: Buongiorno a tutti. Ringrazio per questo splendido palco di Olio Officina che mi dà l’opportunità di portare la mia testimonianza.

Provo a raccontare la mia storia: per me la campagna è sempre stata un’idea di bellezza. Mi attraeva il pensiero dell’aria aperta; invece di altri tipi di svago mi piaceva andare in giro per le “fasce” ed esplorare il nostro territorio.

Infatti, fin da bambino, ho “stressato” mio papà per chiedere una campagna ove poter coltivare qualcosa.

Da questa passione è poi nato un lavoro.

Vi sono campagne, soprattutto ad alta quota (cioè quelle campagne di cui si interessa in particolare il nostro movimento culturale TreeDream), in stato pietoso, sommerse dai rovi e da tutta la vegetazione naturale.

Noi andiamo a recuperare queste campagne.

“La mia storia: per me la campagna è sempre stata un’idea di bellezza”, Patrick Reichstein

Luigi Caricato: Questa è un’opera veramente ammirevole. Come mai questi rovi, come mai questo abbandono? Perché non c’è l’opera di sensibilizzazione?

Patrick Reichstein: Innanzitutto per la difficoltà del lavoro. Tenere degli oliveti in alta quota è difficile perché in alta quota noi non possiamo meccanizzare in alcun modo la nostra agricoltura.

Tutto è eseguito a mano, come in passato. Dobbiamo portare a mano il materiale e gli attrezzi.

È molto faticoso ed impegnativo. Normalmente, oggi, non ci si mette più “in gioco”: sono sempre meno i nostri vecchi che eseguono questo duro lavoro.

Giuseppe Stagnitto: Infatti la nostra battaglia culturale, la battaglia culturale del nostro movimento, è stata proprio quella di dare il motivo per seguitare questo sacrificio.

Questi giovani hanno sentito parlare di noi e noi, ben di cuore, abbiamo loro detto: “abbiamo bisogno di voi”.

Il motivo per cui questi oliveti sono abbandonati è ovvio: producono di meno e la produzione costa di più.

Cosa dici, Manuel, di queste cose che tu vivi sulla tua pelle?

“Abbandonare gli oliveti d’alta quota mi avrebbe fatto male al cuore”

Manuel Rabai: La mia realtà è simile a quella di Patrick.

I miei vecchi avevano sempre mantenute in buon ordine certe campagne in luoghi di difficile coltivazione ed io mi sono sentito in dovere di mantenere queste campagne (mi avrebbe fatto male il cuore abbandonarle), prima per sola passione e a poco a poco la passione è diventata il mio lavoro.

“Abbandonare i nostri oliveti mi avrebbe fatto male al cuore”, Manuel Rabai

Come ha spiegato Patrick, la difficoltà nasce dal fatto che non è possibile meccanizzare la coltivazione in alta quota.

Adesso, ad esempio, è il momento della potatura: è difficile trovare persone disposte a questo lavoro, che non è semplice e comporta rischi e necessità di protezioni.

Nonostante queste difficoltà noi ci teniamo tantissimo al nostro territorio.

Secondo me è importante sensibilizzare le persone (come ha sempre fatto e sta facendo Luigi Caricato che ringraziamo) perché comprendano l’importanza di mantenere queste piante e il sistema dei muretti a secco.

Luigi Caricato: Questa testimonianza è preziosa. I muretti a secco, per altro, sono argomento su cui Giuseppe Stagnitto (ingegnere, insegna all’Università di Pavia) ha scritto diversi articoli.

Giuseppe Stagnitto: Il noto storico dell’agricoltura Alfonso Pascale, con la chiarezza e la sintesi che lo contraddistinguono, in una edizione precedente di Olio Officina Festival ha detto: il punto fondamentale è che noi credevamo che certe produzioni agricole, non essendo remunerative, dovessero essere abbandonate in nome del progresso; non si pensava che questa logica potesse essere in alcuni casi errata.

Sappiamo infatti che l’olio che si trae da piante cresciute in un ambiente così difficile ha caratteristiche peculiari che lo rendono interessante.

Qualora il mercato apprezzasse queste differenze, non vi sarebbe la necessità di sovvenzioni pubbliche per mantenere il sistema dei terrazzamenti in alta quota perché il sovrappiù di lavoro sarebbe automaticamente ripagato.

Detto con parole semplici: la pianta di olivo sa pagarsi da sé il proprio “vaso” (il proprio muro di sostegno) ad alta quota.

Noi, quindi, stiamo facendo la fatica culturale di dire che l’olio d’alta quota appartiena ad un mercato differente perché fa parte di una categoria a sé stante.

Luigi Caricato: L’olio ha un valore a sé per questo motivo: l’olivo, in alta quota, cresce in condizioni di stress climatico.

Quindi la pianta, sotto lo stress dell’alta quota, dà il meglio di sé e questo poi si nota sulla qualità dell’olio.

Infatti, se si fanno delle analisi, si rileva che questi oli hanno un contenuto importante di polifenoli e di altre sostanze che si producono appunto dove lo stress è maggiore.

Infatti la pianta, per la propria difesa e il proprio sviluppo, deve elaborare tutte quelle sostanze preziose che poi noi troviamo nell’olio.

Le sostanze pregiate che servono alla pianta per vivere, per reagire agli agenti esterni, per ottenere quella carica protettiva che preservi la pianta e il frutto noi le ritroviamo innanzitutto nel frutto e quindi poi le ritroviamo nell’olio. Le differenze ci sono.

Il problema è che l’olio di montagna ha dei costi superiori.

Mi rivolgo ai nostri due giovani olivicoltori.

Manuel e Patrick, se noi dobbiamo lanciare pubblico un appello, che tipo di appello dovremmo rivolgere? Come si può essere concretamente vicini a voi? Io escluderei la richiesta di fondi pubblici perché qui non si tratta di avere dei finanziamenti.

In primo luogo vi deve essere un’attenzione culturale.

In secondo luogo: come fare per coinvolgere dei giovani come voi? Voi avete delle motivazioni che nascono dal di dentro, nel senso che la vostra è una scelta spontanea; ma non credo che i vostri coetanei siano così propensi a un lavoro rischioso (lavorare ad alta quota comporta dei rischi) ed anche così duro.

La meccanizzazione ha portato solo alcuni piccoli miglioramenti: è vero che un conto è il seghetto manuale e un conto è quello meccanico, ma restano comunque tante difficoltà. Quale è l’appello che voi potete lanciare?

Appello ai giovani: “la bellezza di un lavoro all’aria aperta”

Patrick Reichstein: Un appello sicuramente è per sensibilizzare alla difesa dei nostri territori montani. Da sempre sono stati coltivati e noi dovremmo coltivarli per sempre: sono la nostra ricchezza.

“Lavorare in uno studio e lavorare all’aria aperta sono due cose completamente diverse”

Il secondo appello lo posso fare ai giovani. Lavorare in uno studio e lavorare all’aria aperta sono due cose completamente diverse, che producono due soddisfazioni completamente diverse.

Vale la pena, magari, di darsi un po’ di grinta e di provarci veramente a mantenere le campagne dei genitori e dei nonni.

Luigi Caricato: Posso chiedere l’età?

Patrick Reichstein: Ventisei anni

Luigi Caricato: Grazie, Patrick, per questo contributo così importante. E la tua età, Manuel?

Manuel Rabai: Ventisette anni. Io e Patrick siamo praticamente coetanei.

Luigi Caricato: Voi avete iniziato da ragazzi ad occuparvi della campagna.

Quando si sta in famiglia è inevitabile che i figli partecipino, inizialmente come gioco e poi diventa qualcosa di più concreto ed impegnativo.

Ecco perché c’è un legame così forte. Quale è il tuo appello, Manuel?

Manuel Rabai: Ci sono molti preconcetti sul lavoro in campagna.

Fino a qualche anno fa, chi lavorava in campagna veniva addirittura quasi “malvisto” come fosse un’occupazione di basso livello: “Ah, fai il contadino”.

E invece dovrebbe essere rivalutata questa posizione professionale. Il lavoro del contadino dovrebbe essere qualificato come è nella realtà: lavoro da imprenditore.

Il mio appello è allora questo: impariamo a comprendere le nostre radici, tutte quelle cose che abbiamo davanti agli occhi e non vediamo.

Il lavoro dell’olivicoltore è il lavoro di manutentore del territorio e valorizzare il territorio è valorizzare noi stessi.

“Valorizzare il territorio è valorizzare noi stessi”, Manuel Rabai

La difficile “lotta contro lo scoglio della burocrazia”

Luigi Caricato: Manuel e Patrick, io accoglierei volentieri un vostro scritto che pubblicherei, per favorire un’opera di sensibilizzazione perché è quella soprattutto che manca.

Spesso si parla e si scrive per pregiudizi, seguendo qualcosa di già pensato o che risponde a dei canoni.

Il fatto che i giovani abbandonino l’agricoltura è perché non c’è considerazione sociale o, meglio, non c’era soprattutto in passato.

Oltre ad un’opera di sensibilizzazione, si deve fare un’opera di informazione che spinga il consumatore ad acquistare prodotti che hanno un legame così forte non soltanto con il territorio ma anche con delle storie di persone.

Io ricordo di aver pubblicato degli articoli, alcuni redatti da TreeDream, in cui si parla del sentimento di solidarietà che esisteva, ad esempio, tra gli olivicoltori della Liguria: quando accadeva qualcosa ad un olivicoltore, gli altri si univano e lavoravano gratuitamente.

Oggi una solidarietà di questo tipo sarebbe difficile da esercitare, perché c’è una burocrazia che di fatto limita o impedisce il libero aiuto.

È vero che possono esserci casi di sfruttamento, ma occorrerebbe trovare soluzioni legislative per agevolare il libero reciproco aiuto.

“Io ogni anno ospito il progetto TreeDream perchè sono utili queste testimonianze”, Luigi Caricato

Giuseppe Stagnitto: Ricordiamo che la nostra Costituzione (art. 118, c.4) prevede che la pubblica amministrazione deve “favorire” la libera iniziativa dei cittadini se indirizzata al bene comune.

Luigi Caricato: Uno snellimento della burocrazia sarebbe importante.

Manuel Rabai: È proprio vero, è una cosa fondamentale. Noi olivicoltori, non conosciamo solo le difficoltà dovute alla lotta per le leggi di madre natura (il territorio è bellissimo ma è duro mantenerlo).

Noi conosciamo la lotta contro un altro difficile scoglio: la burocrazia. Invece di “semplificare” – come millanta certa propaganda – tutto sta diventando sempre più complesso.

Così noi, oltre a fare i contadini, dobbiamo fare anche altri lavori come se, ad esempio, fossimo commercialisti.

Un vero snellimento della burocrazia ci aiuterebbe moltissimo.

Luigi Caricato: Grazie Manuel, grazie Patrick, grazie Stagnitto. Grazie per la vostra testimonianza. Io ogni anno ospito il movimento culturale TreeDream e questa cosa mi arricchisce perché ci vogliono queste testimonianze.

Ora la parte positiva deve farla la consapevolezza etica dei consumatori perché non si vanifichi un lavoro così virtuoso.

Il logo di TreeDream: l’albero nelle nostre mani

In apertura, foto di Olio Officina©

Per commentare gli articoli è necessario essere registrati
Se sei un utente registrato puoi accedere al tuo account cliccando qui
oppure puoi creare un nuovo account cliccando qui

Commenta la notizia