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La memoria e le armonie del cuore

Anticipazioni OOF 2023. Il romanzo Abbassa il cielo e scendi, di Giorgio Boatti, protagonista a Milano sabato 4 marzo al Palazzo delle Stelline. Un libro potente, che scava nel profondo e fa cambiare prospettiva a chi lo legge. Un ottimo stimolo per riflettere su come guardarci dentro fino in fondo e come guardare per davvero le persone e le cose che ci circondano. All’autore il Premio Olio Officina 2023 per la Letteratura

Alfonso Pascale

La memoria e le armonie del cuore

Il romanzo di Giorgio Boatti Abbassa il cielo e scendi (Mondadori 2022) lo consiglio a tutti: l’ho letto due volte e continuerò a leggerlo in futuro. Lo consiglio, in particolare, a chi si occupa di welfare. È, infatti, difficile trovare opere letterarie che sono anche una testimonianza diretta sullo stato dei servizi alle persone con problemi psichiatrici. L’autore è un giornalista e uno storico sociale. E il suo romanzo ha al centro una vicenda di esclusione, come quasi tutte le storie che raccontano il disturbo mentale. Vi sono narrate le vicissitudini di due fratelli, Bruno e Giorgio, l’autore, in un tempo che si districa dalla seconda guerra mondiale alla vigilia della pandemia. La storia si svolge tra Zinasco, un piccolo borgo della Lomellina, terra di acque, risaie e povertà, e Pavia, con le sue industrie disseminate intorno e la compatta galassia di università e policlinico che forma la “munita fortezza della sanità” cittadina. Bruno nasce quando ancora c’è la guerra. Giorgio tre anni dopo che era già finita. C’è un episodio di violenza nazista che aveva scosso fortemente Bruno e che lui e la sua famiglia avevano rimosso, ma che la follia fa riaffiorare nella sua memoria. Unendo alcuni tasselli come questo episodio dell’infanzia di Bruno, la sua formazione in seminario imbevuta di paura del pericolo sovietico, la guerra fredda che non porta solo paura ma anche lavoro per il papà, la cacciata dal seminario e la nuova condizione di “pietra scartata”, l’esodo dalla campagna alla città, la nuova casa che si affaccia sulla fabbrica di fertilizzanti i cui rumori e luci fanno scattare la rabbia per un niente, il boom economico come fuga forsennata per liberarsi del proprio fardello, la militanza comunista di Giorgio e il ‘68 che lo allontana dal partito, la scritta sul muro “VOGLIAMO ESSERE ORFANI”, si ha uno spaccato dell’Italia che da prevalentemente agricola diventa prevalentemente industriale.

Il periodo dell’impegno politico di Giorgio coincide con l’esplodere della schizofrenia di Bruno. Nessuno in famiglia se ne rende conto finché non arriva il tempo del primo ricovero in un ospedale psichiatrico, tra elettrochoc e psicofarmaci. Inizia così, dal reparto di Neuropsichiatria di Pavia la lunga resistenza di Bruno a tutto quello che lo immobilizza e lo imbavaglia. Una resistenza che durerà tutta la vita. Con un fine ben preciso: mai arrendersi alla prevaricazione che subisce su tre fronti: la malattia, lo psichiatra e la famiglia. Dopo quello di Pavia, Bruno sperimenta il manicomio di Voghera, dove tanti anni prima era stata rinchiusa la nonna, la mamma di suo padre. Bruno vi arriva, invece, nel bel mezzo di un terremoto che sta scuotendo i manicomi italiani: in discussione è il loro vecchio assetto che cadrà definitivamente dieci anni dopo, nel 1978, con legge Basaglia. Ma già adesso si respira un’aria di smobilitazione. Inoltre, il personale medico è composto da psichiatri specializzati in psicanalisi. Un manicomio, quello di Voghera, che forse manicomio non è più. Dopo un breve periodo di ricovero, Bruno resta a casa. E dopo la morte dei genitori, rimane in quello stesso appartamento da solo. Periodicamente, frequenta gli ambulatori del Centro di salute mentale, ribattezzato Centro psicosociale. A volte, quando le crisi sono così acute da richiedere il ricovero, va al “repartino” di psichiatria dentro l’ospedale. Ma nessun medico, nessun infermiere o assistente sociale è mai andato a casa sua a vedere come vive. La chiusura dei manicomi, che pure aveva dato la scossa per cancellare residui di un passato ormai inaccettabile, non si è tradotta in forme nuove di prendersi cura e in modo continuativo delle persone con disturbi mentali. L’agricoltura sociale, che nasce nel vortice di quel passaggio storico della psichiatria, è sicuramente una risposta al bisogno di creare contesti sociali, socio-lavorativi, ambientali e territoriali alternativi, mediante l’utilizzo di risorse appropriate che le campagne sono in grado di mettere a disposizione. Ma ancora oggi immane è la fatica per mettere in relazione e coordinare aziende agricole e servizi territoriali a cui non si assicurano i mezzi necessari per funzionare. E così i progetti realizzati e che hanno continuità nel tempo restano pochi. E a Bruno non si presentano mai le occasioni per provare questo nuovo modo di affrontare la follia. “Abbassa il cielo e scendi” condensa il racconto di questo spaccato della storia del paese e la narrazione dei paesaggi interiori, le emozioni, “le insondabili dinamiche che governano la memoria e nutrono le armonie del cuore”, come avverte l’autore.

La bellezza di questo romanzo sta nelle pennellate poetiche con cui viene raccontata la follia, nella spiccata capacità di introspezione e nei rimandi a testi sacri e scritti di monaci ed eremiti che offrono le metafore giuste con cui dare conto delle vite individuali e del loro concreto scorrere. I titoli dei capitoli sono citazioni dei Salmi. E un tentativo di raffronto tra l’epilogo effettivo della storia e quello che avrebbe potuto essere è svolto sull’onda di una suggestiva intuizione di Isacco della Stella, uno dei primi cistercensi. Leggere questo libro è un ottimo stimolo per riflettere su come guardarci dentro fino in fondo e come guardare per davvero le persone e le cose che ci circondano.

 

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