Festival

Olio Officina Food Festival, un lampo nel buio!

Olio Officina

Le impressioni di chi ci è stato. Secondo lo storico Massimo Longo Adorno il festival ha confermato – ancora una volta, ma su scala infinitamente maggiore che in passato – una verità di cui tutti siamo stati e siamo ancora in qualche modo consapevoli: produrre olio prima ancora di essere un lavoro o una professione, è un atto concreto d’amore

Nella società in cui volente o nolente ci tocca vivere, purtroppo vale la regola in base alla quale l’apparire conta tanto (se non più) quanto l’ essere. In tempi ormai passati in cui il Made in Italy veniva citato mattina, mezzogiorno, sera e notte, quello che mancava accanto alle glorie dei nostri stilisti e delle nostre macchine super lusso era proprio l’attenzione alle singole particolarità e alle specifiche componenti fondanti della cucina mediterranea.

L’Olio Officina Food Festival, evento tenutosi a Milano dal 27 al 29 gennaio, in una cornice insolita e probabilmente senza precedenti per l’Italia, e sapientemente organizzato da Luigi Caricato e dai suoi collaboratori, ha costituito, almeno a mio modo di vedere, una svolta tanto nella forma che nella sostanza, riguardo alle modalità di comunicazione delle gioie e delle problematiche legate alla passione (perché di questo si tratta, in ultima analisi) chiamata: fare olio d’oliva extra vergine in Italia nel ventunesimo secolo.

Chi scrive queste righe è un piccolo olivicoltore della provincia di Messina, l’impressione che ho personalmente ricavato dalla due giorni milanese appena conclusasi è stata quella di aver assistito a un piccolo (ma tanto piccolo poi non è) miracolo. Un lampo o una scintilla di luce che rischiara un panorama solitamente cupo e oscuro.

Non capita spesso vedere appuntamenti settoriali come può essere un convegno sull’olio extra vergine d’oliva in cui così numerosa e attenta è stata la partecipazione dei non addetti ai lavori; al tempo stesso il vedere affrontato da una molteplicità di angolazioni (non ultima quella dell’affinamento e dell’educazione del gusto, soprattutto per le giovani generazioni) il complesso universo dell’olio d’oliva è stato un motivo di riflessione personale (e professionale) assai importante.

Se dovessi dare una sintesi estrema di quello che in questa manifestazione mi ha colpito maggiormente, pur con qualche esitazione iniziale, alla fine non avrei dubbi.

L’Olio Officina Food Festival ha confermato (ancora una volta, ma su scala infinitamente maggiore che in passato) una verità di cui tutti siamo stati e siamo ancora in qualche modo consapevoli, pur senza poterlo spesso esprimere apertamente, vale a dire che fare olio, produrre olio prima ancora di essere un lavoro o una professione, è un atto concreto d’amore e un inno autentico e genuino di fiducia alla vita.

L’auspicio maggiore che mi sento di fare, è che tale evento si ripeta anche nei prossimi anni, diventando così un elemento imprescindibile di quella casa-vetrina comune che si chiama olio d’oliva Italia.

Massimo Longo Adorno



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