Olio Pantaleo. Storia di una impresa
E di una famiglia, che ha creduto nella propria terra, la Puglia, e nelle possibilità capace di offrire. Perché a volte occorre avere coraggio, quella dose sufficiente per muovere il primo passo verso qualcosa che potrebbe cambiare completamente un percorso. Oggi, la casa olearia è tra le più affermate del settore, a livello nazionale e internazionale
È il 1890 quando Antonio Pantaleo cominciò a muovere i primi passi all’interno del settore oleario, a Fasano, in provincia di Brindisi, una terra estremamente vocata alla olivicoltura.
Gli esordi videro la commercializzazione dell’olio lampante, ottenuto dando poca attenzione alla qualità ma, soprattutto, alla quantità.
In questo frangente temporale, Antonio Pantaleo cominciò ad esportare il lampante in Inghilterra, dove veniva impiegato principalmente per l’illuminazione degli ambienti e delle strade.
Così Nicola Pantaleo, nel corso dell’undicesima edizione di Olio Officina Festival, ha portato sul palco le radici dell’azienda di famiglia e del lungo percorso che l’ha portata a essere, oggi, un punto fermo del settore oleario.
Il commercio di olio lampante proseguì anche con il figlio di Antonio, Nicola Pantaleo, nonno dell’attuale amministratore delegato dell’azienda, e, come in tutte le grandi storie, arriva un istante preciso che fa guardare a qualcosa di nuovo.
Decise, infatti, che era arrivato il momento di commercializzare anche l’olio destinato al consumo alimentare: ne intravide la qualità e il potenziale.
E non sbagliò.
Quando nel 1957 la Puglia venne pervasa da una forte gelata, l’intera campagna olearia venne duramente compromessa, limitando così la stessa produzione di olio.
Questa situazione diede lo spunto a Nicola di iniziare a confezionare l’olio da olive in un momento in cui la reperibilità era molto limitata.
Dopo i primi anni caratterizzati da un grande e importante successo, l’acquisto locale di olio crollò in modo drastico, in quanto molte famiglie pugliesi lo autoproducevano, senza rivolgersi a produttori esterni.
Donato Pantaleo, figlio di Nicola, allargò tuttavia gli orizzonti del confezionamento in tutta Italia, e non più solo all’interno dei confini pugliesi.
Questo passo fu frutto del coraggio che aveva già avuto il padre nell’estendere il commercio dell’olio per l’uso in cucina, e ripagò la famiglia con l’affermarsi del marchio anche oltreoceano.
Dal 1993 iniziarono le esportazioni negli Stati Uniti, nel 1994 in Giappone e successivamente nel 2003 anche in India , così come in tanti altri Paesi.
Per poi arrivare a tempi più recenti, dove la casa olearia decise di addentrarsi nel mondo dell’intera filiera, quindi dalla coltivazione degli olivi fino alla molitura delle olive, dedicandosi così anche a tutte le pratiche colturali e molitorie rientranti nel settore agricolo nel suo più ampio significato.
Nicola Pantaleo, nel corso del suo intervento al festival ha fatto luce su un aspetto di grande attualità e importanza, ovvero l’ampia forbice che caratterizza gli oli extra vergini di oliva, che vanno da 0 a 0,8 di acidità.
Si tratta di livelli distanziati da importanti differenze, e si va, quindi, verso una segmentazione legata a una qualità più ampia.
L’azienda Nicola Pantaleo Spa, nel 2000, ha fondato, unitamente ad altre importanti imprese del settore, il Ceq, il Consorzio extra vergine di qualità.
Fin dalle sue origini il consorzio si poneva il problema di identificare e delimitare gli oli di alta qualità, preservando quelli di una determinata categoria e restituire un simbolo di riconoscimento, da parte del Consorzio, che garantisse determinate caratteristiche.
Queste devono essere pensate in funzione del mercato di riferimento, ed è quindi fondamentale studiare nel dettaglio la cultura di destinazione, dove, in alcuni casi, l’amaro è molto apprezzato, ma in tanti altri contesti lo si percepisce come coprente delle altre pietanze.
Bisogna educare le persone all’uso dei sapori e alle dosi, in modo che anche l’amaro e il piccante possano diventare piacevoli per più palati.
Oggi, conclude Nicola Pantaleo, si deve pensare a una costante che comprenda grandi quantità di oli, e che riguardi ogni singolo passaggio della produzione: dagli oli scelti durante la campagna fino alla conservazione.
Ma solo se si guarda in larga scala si può raggiungere un punto di svolta dell’intero mercato, che riguarda tutte le figure coinvolte, sia nella produzione, sia nel consumo.
In apertura, foto di Gianfranco Maggio per Olio Officina©
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