Festival

Ora, adesso. L’olio in Argentina

Olio Officina

Esperienze al di là del Mediterraneo. In attesa della seconda edizione di Olio Officina Food Festival, in programma a Milano dal 24 al 26 gennaio 2013, vi presentiamo una interessante intervista a Marco Scanu, produttore italiano nel Paese del grande Jorge Luis Borges. Intanto una notizia: il programma del prossimo festival avrà un omaggio dedicato all’Argentina oliandola

Quando sono stato qualche settimana fa, i primi di maggio, a Mendoza, il piacere di confrontarmi con un mondo del tutto nuovo all’olivicoltura è stato per me davvero grande. Ho avuto modo di incontrare persone ben determinate, innamorate dell’olio, pronte a presentarsi sul mercato, anche internazionale, con grandi extra vergini.

In quell’occasione non mi è stato possibile incontrare Marco Scanu, ma con lui ci siamo sentiti subito dopo attraverso internet, questo meraviglioso strumento che unisce i mondi avvicinandoli sempre più tra loro, accorciando distanze come mai era accaduto finora. Ed ecco con lui a discorrere di olio in Argentina. Lì c’è l’olio nuovo, ancora fresco di frantoio. E’ uno spettacolo meraviglioso.

Marco Scanu, cosa significa per te produrre l’olio?

Ti rispondo con un pensiero che ho scritto alcuni anni fa. Qui, proprio in Argentina. Quando alla mia prima raccolta nel nuovo mondo ho sentito fortissimo il rinnovarsi millenario del rituale sacro/profano/pagano dell’olio nuovo che supera le frontiere e che anche qui, seppur tanto lontano, si rinnova.

Quando scivolano fra le dita

Turgide olive verdi e viola

Quando le macine si infiammano

A rubino e smeraldo

Quando l’aria racconta

Di preziosi aromi ed intensi sapori

Allora rivivi d’autunno

Mille e mille anni

Di mani e volti gioiosamente

Ignari del dono

Ricevuto…

É l’olio novo

Che sensazioni provi, che cosa ti aspetti?

Le sensazioni sono molteplici, dalla intima paura per le difficoltà da affrontare come i possibili incidenti nella raccolta (con me ho trenta operai per due mesi di fila), con gli imprevisti delle macchine, e la pioggia che sempre cade nei momenti meno opportuni della raccolta, e insieme a tutto ciò le paure, il desiderio di migliorare ogni anno l’olio fatto e al tempo stesso aspettarlo come si aspetta un figlio, immaginarlo e poi scoprirlo cosí: unico, ogni anno diverso, con il suo carattere particolare che ti sorprende.

Gli aromi. Quest’anno il Nevadillo ha lasciato le spezie per presentarsi con una mandorla verde, intensissima, il frantoio si é presentato tutto ricco di frutta, di pura mela verde, sin dal primo giorno. L’Arbequina che non ti aspetti, tutta vegetale: lattuga, rucola ed erbe di campo.

Insomma, occorre lasciarsi sorprendere e avere voglia di emozionarsi del proprio lavoro: se cosí succede, é il lavoro giusto per te.

Chi viene a cercare l’olio da te, cosa si aspetta? Come viene percepito l’olio a Buenos Aires, io per esempio ne ho trovate poche di bottiglie in giro. Si consumano solo 200 grammi pro capite l’anno in Argentina…

Chi viene da me, viene per la qualitá dei miei oli. I miei clienti si aspettano un olio fresco e vegetale, amaro e piccante, in equilibrio e armonia, complesso ed elegante. Se un olio di oliva non é cosí, allora tanto vale prendere un qualsiasi olio vegetale, magari ad alto contenuto oleico. Il problema, in Argentina, ma credo non solo qui, é una produzione industrializzata di oli “piatti”, privi dei giusti caratteri organolettici.

E gli chef come rispondono?

Io lavoro con gli chef dei ristoranti di qualitá. Recentemente, in una classifica dei migliori ristoranti del 2011, ben sei dei primi dieci usano il mio olio. Lo chef é il nostro principale alleato, comunica per il palato cose e valori che altrimenti sarebbe necessario studiare per anni. La gente ha poco tempo (in pochi possono fare corsi di degustazione che ritengo molto importanti), peró tutti noi abbiamo il tempo per lasciar che i cuochi educchino il nostro palato, semplicemente con la curiositá per la buona tavola.

Qui in Argentina si interpretano tutte le cucine del mondo, e oggi ogni anno oltre 400 giovani chef diplomati dei vari istituti professionali vanno a imparare ovunque in tutto il mondo. Alcuni rientrano dopo anni di esperienza in Spagna, in Italia e nelle maggiori Metropoli mondiali. Si accumulano di anno in anno esperienze e idee in un laboratorio permanente. Sento che fra vent’anni Buenos Aires potrá essere una cittá di tendenza nella gastronomia mondiale.

Com’è Buenos Aires?

E’ una cittá inmensa e multietnica. Al porto di Madero, dove arrivarono i primi immigranti europei, c’è la statua della Madonna di Bonaria (Buona aria) protettrice della Sardegna, che riceveva e oggi riceve gli immigranti. Una coindidenza singolare, proprio qui dove a essere italiani ci si sente orgogliosamente “tanos”.

E io, da buon sardo, di orgoglio ne so qualcosa.



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