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Un nuovo alfabeto per raccontare l’olio: cosa ci insegna il progetto Olià

Dietro alla bottiglia dell’extra vergine Olià c’è una storia in cui niente è stato lasciato al caso. In collaborazione con Arcidonna, associazione che opera con lo scopo di promuovere le pari opportunità, l’iniziativa nasce da Premiati Oleifici Barbera e dalla sinergia con realtà esperte nel settore della grafica e della stampa per parlare di solidarietà attraverso l’olio, un prodotto che unisce storie e popoli di tutto il mondo. Le testimonianze di Micol Valle, Francesca Adragna, Claudia Fuschi, Sara Cruciata e Alessandro Carnevale

Chiara Di Modugno

Un nuovo alfabeto per raccontare l’olio: cosa ci insegna il progetto Olià

Quella di Olià è una case history molto interessante, a partire dall’intento di voler trasmettere determinati valori fino alla grafica studiata in ogni dettaglio.

Micol Valle, development manager per Fedrigoni Self-adhesives, ricorda che «la collaborazione con Arcidonna ha dato modo di soffermarsi su un tema importante ma di cui non se ne parla mai abbastanza, nonché la violenza sulle donne. Olià dà modo di affrontare un argomento così delicato attraverso un prodotto e tutto ciò che lo accompagna».

Non esiste mai un solo modo di raccontare una storia, di far avvicinare le persone a un determinato discorso. E questa di Olià è la dimostrazione di come l’olio, alimento che si relaziona con il cibo dei popoli di tutto il mondo, si concretizza a tutti gli effetti come elemento di solidarietà.

L’importanza dell’etichetta: progettazione, cura, dettagli

Olià, quindi, è un “extra vergine pensato dalle donne per le donne” ed è Francesca Adragna, graphic designer di Premiati Oleifici Barbera a delineare il progetto, raccontando che «Arcidonna è una associazione nazionale che opera con lo scopo di promuovere la libertà e le parti opportunità delle donne a cui verrà devoluta parte dei proventi ricavati dalla vendita di Olià. Il prodotto è stato curato e ideato in ogni singolo dettaglio a partire dal nome, dove la “a” accentata vuole rimarcare con ancora più forza l’olio declinato al femminile. Così come vi è stata data la giusta attenzione alla cultivar di oliva, la Biancolilla, una delle più antiche varietà siciliane da gusto gentile, con piacevoli note leggermente piccanti sul finale».

Si prosegue poi con il packaging, che, come spiega Adragna, ricorda il mondo femminile con linee sinuose riconducibili alla donna e a tutti gli aspetti a cui questo si rifà.

Tutto questo è stato raccontato all’undicesima edizione di Olio Officina Festival, tenutasi in marzo, e aveva come tema portante la bellezza. In un contesto in cui si è parlato di bellezza sotto quanti più aspetti possibili, non poteva mancare la presentazione del progetto Olià e il suo modo di esprimere il bello. In termini estetici, certo, ma anche morali ed etici.

Per raccontarla al meglio, il lancio dell’iniziativa è stato supportato da una campagna fotografica destinata ai canali social, che ha visto il coinvolgimento di venti donne siciliane come protagoniste. Chef, giornaliste, attrici legate all’associazione, hanno prestato il loro volto per promuovere l’olio al femminile e tutti i valori che vi sono dietro.

«La realizzazione dell’etichetta è il campo che mi ha vista coinvolta. – prosegue Francesca Adragna – Per esprimere tutta l’essenza di Olià abbiamo scelto di utilizzare linee sinuose come la pastella a forma di goccia, l’elegante carta greaseproof perlescente, molto performante, e il risultato possiamo dire che è stato eccellente. I cromatismi e le lavorazioni speciali hanno impreziosito gli elementi grafici presenti in etichetta e la sinergia con Auroflex è stata fondamentale».

Claudia Fuschi, marketing and communication manager di Auroflex, spiega che «Auroflex è un etichettificio specializzato nella produzione di etichette autoadesive in bobina con un’esperienza di oltre cinquant’anni, e siamo molto felici di essere stati coinvolti da Premiati Oleifici Barbera in questo bellissimo progetto. L’azienda offre un servizio di consulenza tecnica a tutte le imprese con cui collabora, e affianca il progettista non solo nella fase di stampa finale ma soprattutto nelle definizioni di tutti gli step che precedono la realizzazione, in modo tale che si arrivi alle etichette completate insieme. Tutte le lavorazioni e la scelta delle carte vanno valutate insieme, perché è solo attraverso questo dialogo che si può giungere a un risultato come questo, e quella di Olià è una delle etichette che più è riuscita meglio».

Non sono mancate scelte azzardate, accompagnate ovviamente da dubbi leciti. Infatti, Sara Cruciata, sales & project director di Auroflex, racconta che «la grande sfida per noi è stata quella di utilizzare un fondo così caldo, così chiaro, e contrastato da un Luxoro 355. All’inizio non son mancate le perplessità, perché andare ad accostare due tonalità tanto simili ci sembrava un lavoro azzardato. In realtà, l’obiettivo era quello di far capire che, nonostante ci siano due colori quasi uguali, si dà maggiore forza a quella che è la parità del progetto. Alla base di questa iniziativa vi è proprio la parità di genere, e noi abbiamo raccontato questo aspetto in un’etichetta utilizzando lo stesso fondo, con le stesse tonalità».

Un modo interessante e diverso per rendere concreto un tema tanto difficile come quello dell’uguaglianza. Per impreziosire ulteriormente il progetto, sulla scritta Olià è stato applicato l’oro a caldo e un rilievo in contemporaneo, realizzato attraverso una tecnica particolare capace di restituire profondità e una rilevanza maggiore al nome dell’extra vergine, racconta Cruciata, e prosegue con una riflessione, che riguarda i rapporti tra uomini e donne, spiegando che «non abbiamo messo il contorno della goccia perché vogliamo dare proprio spinta al fatto che i rapporti tra uomini e donne devono essere fatti di parità, che non è racchiusa in una cornice, e quindi la scritta non deve essere trattenuta ma, al contrario, deve venire fuori. Il risultato finale, dato da quella che può sembrare una semplice etichetta, è riuscito a trasmettere lo scopo intero del progetto che volevamo comunicare».

Quello di Olià è un progetto sfaccettato, caratterizzato da tanti e disparati aspetti da tenere in considerazione, spiega Alessandro Carnevale, brand ambassador di Luxoro.

«L’olio è un prodotto complesso, pieno di armonie e suggestioni da comunicare nel modo corretto. In questo caso, non dovevamo trasmettere solo ciò che è l’olio, ma anche il tema della donna nella nostra società, di cui si parla sempre troppo poco. Il nostro contributo per il progetto rientra nelle lamine per l’oro a caldo e il punzone, il cliché, e far confluire tutto questo in una etichetta non era facile, ma è una sfida che il mercato oggi ci impone e a cui, per forza, dobbiamo trovare una grammatica che non possiamo non conoscere. Abbiamo così trovato un alfabeto e gli strumenti adatti per poterlo comunicare».

Un’espressione, questa, che riesce a far comprendere nel profondo cosa significhi lavorare in un settore che deve saper coniugare, e poi trasmettere, più temi e concetti. Le difficoltà che vi sono dietro possono spaziare, tra le quali si potrebbe non raggiungere l’obiettivo.

Luxoro, dal punto di vista del dettaglio, è stata coinvolta per la nobilitazione e si parla così di «stampa a caldo e cliché, che possono essere declinati in migliaia di modi differenti. La stampa a caldo non è una stampa vera e propria, ma un trasferimento di un colore che ci permette di avere il colore scelto trasferito su ogni tipo di materiale. Nessun’altra tecnica garantisce di avere quel colore su ogni materiale e, oltretutto, la stampa a caldo è coprente al cento per cento. L’altro grande protagonista è stato fatto con il punzone e con il cliché, dove il cliché in ottone permette, in un singolo passaggio, di trasmettere non solo il colore, ma anche un valore tattile attraverso il calore e il tempo di pressione impiegati».

Oltre a tutto ciò che c’è di materiale, anche quanto non è visibile agli occhi ha giocato un ruolo cruciale, nonché il dialogo e la capacità di ascoltare, come raccontato in precedenza. Carnevale, infatti, spiega che per comunicare brillantemente quanto progettato dal designer è servito fare tantissima sintesi.

La carta utilizzata per l’etichetta di Olià, spiega Micol Valle, è una carta Fedrigoni che repelle le sostanze oleose, una tintoretto pearl.

«Si tratta di una carta naturale perlescente, con una resistenza totale al grasso dell’olio. A breve verrà lanciata una tipologia di carta completamente riciclata adatta alle sostanze oleose, che guarda alla sostenibilità. Con carta naturale si intende una carta composta da fibre di cellulosa certificate Fsc attraverso un controllo di filiera. La carta mantiene la qualità, così come il punto di bianco a livello di stampabilità. Con il re-cycle si vanno ad aggiungere delle fibre di scarto, e quando si inseriscono delle impurità all’interno delle fibre occorre osservare dei parametri entro un determinato range di tolleranza».


Un nuovo approccio, una nuova mentalità

Il designer Mauro Olivieri ha portato l’attenzione su un tema preciso, ovvero sulla necessità di staccarsi dal concetto de “conteniamo i costi almeno il prodotto è più vendibile”, ma non è così. Infatti, afferma che «c’è il valore percepito finale capace di elevare il prodotto, dato dalle lavorazioni particolari, dall’etichetta e da tutte le parti che contribuiscono a questo processo».

«A monte ci vuole un atto di coraggio. – afferma Alessandro Carnevale – Se fino a qualche anno fa l’olio veniva percepito come un prodotto da tavola, oggi, se vestito con caratteristiche puntuali e precise, diventa un prodotto di lusso. Ma il produttore deve essere capace a non svilirlo con una scelta di comodo, e sappiamo come non sia facile. Ovviamente, l’aspetto economico esiste e va tenuto in considerazione, ma il percepito finale vale la candela? Se la risposta è sì, se l’alterazione del prezzo viene compresa, allora bisogna investire in nuove tecniche e nuovi stili».

Anche Sara Cruciata racconta di come vive ogni giorno il problema del costo, se conviene o meno agire perseguendo un’ottica rispetto ad un’altra. «Se il produttore ci ha creduto veramente, in tutto il processo, se c’è un pianto dietro, un punto di incontro lo si trova sempre».

Serve coraggio, lo abbiamo detto, unito alla creatività e alla voglia di raccontare l’olio extra vergine di oliva sotto una luce nuova. Olià è una grande sfida, che ha visto il coinvolgimento di numerose figure e realtà aziendali, ma se non vi fosse stata questa struttura così dettagliata, non avremmo assistito a un lavoro che guarda alla solidarietà in modo così curato e innovativo.

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