E’ indiscusso che i Greci hanno avuto un ruolo fondamentale nell’introduzione della coltura della vite in Italia, occorre tuttavia ancora indagare circa la provenienza del vitigno Aglianico.
Coltivare l’Aglianico non è paragonabile all’impegno che richiedono gli altri vitigni, perché è il più tardivo, il meno produttivo, con costi di produzione più elevati, più sensibile alle malattie.
L’Aglianico, come tutti i prodotti d’eccellenza, si inonda di forte personalità, si produce tra paesaggi mozzafiato, girando tra castelli e casali, dove si respira l’aria dell’Imperatore Federico II di Svevia.
L’Aglianico del Vulture si ottiene dalla vinificazione in purezza delle uve provenienti dall’omonimo vitigno, coltivato nei circa 2 mila ettari nei 15 comuni che delimitano il territorio di riferimento, in terreni situati tra i 200 e i 700 metri di altitudine.
La grande madre è il Vulcano, è il Vùlture che fa la differenza, donando particolare peculiarità al vino. Le ceneri del vulcano si sono compattate a terra e hanno generato una sorta di spugna che assorbe l’acqua d’inverno e la cede d’estate. Questo rende il vitigno un unicum rispetto agli altri aglianici prodotti in Puglia e in Campania, regalando alla Basilicata una eccellenza enoica tra le più grandi della Penisola.
La foto di apertura è tratta da Cantine del Notaio