Nel digitale, l’assaggio non c’è, per questo, la prima immagine è già un’esperienza.

Una bottiglia su sfondo neutro comunica poco.
Una bottiglia sul legno grezzo, con luce naturale, una fetta di pane e una mano che sta per versare… attiva una scena, una voglia, un ricordo.

Le immagini efficaci non mostrano, fanno immaginare.
Devono:

  • Attivare i sensi (vista, tatto, olfatto)
  • Raccontare un momento, non solo un prodotto
  • Parlare a una persona precisa (non a tutti)

In un mondo sempre più digitale, dove l’esperienza sensoriale si riduce a pochi click, l’immagine diventa la prima, e spesso l’unica, occasione per comunicare valore. Quando si parla di olio extra vergine di oliva, questo limite è particolarmente sfidante: come far “sentire” un prodotto che vive di profumi, consistenze, gusti e rituali?

Il neuromarketing ci offre una risposta chiara: il cervello umano prende decisioni in pochi millisecondi, e lo fa in modo emozionale prima che razionale. Le immagini, se ben costruite, parlano direttamente al sistema limbico, attivando ricordi, desideri, emozioni. In altre parole: non mostrano il prodotto, ma fanno vivere un’esperienza.

Ecco perché la fotografia di un olio EVO non può limitarsi alla classica bottiglia su sfondo bianco. Serve una narrazione visiva: il tavolo rustico, il tagliere vissuto, la fetta di pane che accoglie le prime gocce dorate. Ma anche: la luce naturale che scalda, la mano che versa, il viso che assaggia. Ogni dettaglio va pensato per evocare un contesto, per invitare l’osservatore a entrare in una scena familiare e desiderabile.

Nel sito web, queste immagini devono essere coerenti con il tono della comunicazione, con l’identità del brand, con la promessa del prodotto. Devono anche guidare l’attenzione, suggerire la qualità senza proclamarla. Devono, soprattutto, farsi ricordare.

L’olio buono si sente, ma nel digitale deve prima essere immaginato. E l’immaginazione, si sa, parte dagli occhi.

In apertura, illustrazione di ABCommunication