Partiamo da un presupposto. Esiste addirittura una legge contro lo spreco alimentare, ma nessuno di fatto utilizza l’olio che rimane nei contenitori delle conserve alimentari.
È un’abitudine assurda, questa, difficile da sradicare. Comportamenti del tutto irrazionali e immotivati, visto che l’olio residuo è per giunta ricco di buoni sapori. Infatti, a differenza del liquido di frittura, l’olio utilizzato nelle conserve non ha controindicazioni per la salute. Qualcuno potrà obiettare che non tutte le aziende ricorrono a oli di qualità, ed è sicuramente vero, ma ciò non toglie che si possa comunque utilizzare, anche solo da inserire nel pasto dei nostri animali domestici. In ogni caso, il consiglio è di acquistare conserve di qualità. Come Olio Officina abbiamo lanciato una selezione dedicata proprio alle conserve – il Mica, acronimo di Milan International Condiments Award – e la qualità fa sempre la differenza. Se abbiamo acquisito la consapevolezza che una bottiglia di olio extra vergine di oliva debba essere di alto profilo qualitativo, lo stesso atteggiamento dobbiamo riservarlo anche per ogni preparazione alimentare. Anche le conserve devono contenere ingredienti freschi e, se non eccellenti, quanto meno buoni. Abituiamoci dunque a indirizzare i nostri acquisti.
Intanto, dopo questa necessaria premessa, un consiglio: segnate in agenda un appuntamento da non perdere a Rimini, dal 4 al 7 novembre c’è infatti “Ecomondo”, la fiera internazionale dedicata alla green e circular economy. Qui l’olio sarà a suo modo protagonista con una brillante iniziativa del Frantoio di Sant’Agata di Oneglia. Il 4 novembre, in particolare, ci sarà un educational con una performance ai mortai. L’obiettivo: realizzare salse utilizzando i prodotti sott’olio, dimostrando in tal modo che si può per davvero dare una nuova vita all’olio utilizzato nelle conserve.
Un annuncio che mi ha gentilmente inviato da Franco Laureri mi informa che saranno i giovani chef dell’Istituto Alberghiero “Giancardi” di Alassio a lanciare una sfida concreta e creativa: trasformare l’olio alimentare residuo in risorsa. Si legge in questa nota: “con il progetto Dalla scatoletta alla tanichetta – dai nuova vita al tuo olio alimentare esausto, gli studenti guideranno il pubblico in una performance di cucina senza fornelli, dimostrando come anche un gesto domestico possa contribuire alla tutela dell’ambiente marino”.
Ebbene, io partirei con una annotazione a margine di questo annuncio. Mi piace molto, ma puntualizzerei in merito all’aggettivo “esausto”. L’olio utilizzato in frittura, quello sì è da ritenersi esausto, in quanto inutilizzabile, inidoneo al consumo, e pertanto da mettere da parte e assolutamente da non gettare nell’ambiente, ma nel caso delle conserve l’olio è ancora utilizzabile: ci vuole fantasia, creatività.
Torniamo però al progetto Dalla scatoletta alla tanichetta. Prende il nome dalla scatoletta di tonno, ci informa Laurieri. Scatoletta che è “simbolo di un consumo diffuso e quotidiano”. Sempre Laurieri ci informa che secondo Ancit, l’Associazione Nazionale Conservieri Ittici, ogni italiano consuma in media 2,36 kg di tonno in scatola all’anno, e oltre sei italiani su dieci lo portano a tavola almeno una volta a settimana. Ebbene – leggiamo in questa nota – proprio “l’olio contenuto in queste conserve, se non recuperato, finisce spesso nel lavandino, contribuendo all’inquinamento delle acque”.

Tonno sottolio, Frantoio di Sant’Agata d’Oneglia
Ecco la brillante intuizione di Serena Mela, del Frantoio di Sant’Agata di Oneglia: “è proprio dalla cucina che può partire un cambiamento culturale profondo. L’olio che avanza non è uno scarto, ma una risorsa. Se a promuovere il riutilizzo sono i giovani, allora possiamo davvero parlare di futuro”.
La nota prosegue evidenziando l’utilità del progetto: “Siamo profondamente orgogliosi di poter contribuire alla campagna Stop Food Oils and Fats in the Sea, che unisce sensibilizzazione ambientale e cultura gastronomica. Vedere i giovani chef impegnati in campagne che partono dall’economia circolare in cucina è per noi motivo di grande soddisfazione”, ribadisce Serena Mela.
Attenzione, però: se proprio non si intende riutilizzare l’olio residuo, “il corretto smaltimento dell’olio alimentare è una sfida urgente e spesso sottovalutata. Mai gettare l’olio, meglio metterlo da parte e trasformare un gesto quotidiano in un atto concreto di tutela ambientale.”
Riporto un dato contenuto in questa nota che deve farci riflettere:
“Ogni anno in Italia vengono prodotte circa 260mila tonnellate di olio alimentare esausto, e sorprendentemente, la maggior parte di questo rifiuto proviene dalle abitazioni private. Eppure, secondo Altroconsumo, meno del 10% dell’olio domestico viene effettivamente raccolto e smaltito in modo corretto. Il resto finisce spesso nel lavandino, gesto apparentemente innocuo ma che può avere conseguenze devastanti: basti pensare che un solo litro di olio versato nelle tubature può contaminare fino a un milione di litri d’acqua, compromettendo il funzionamento degli impianti di depurazione e danneggiando gravemente l’ambiente marino. Eppure, se raccolto con cura, quell’olio può essere rigenerato e trasformato in biodiesel, contribuendo a evitare l’emissione di circa 790mila tonnellate di CO₂ ogni anno”.
Prosegue la nota, riportando un virgolettato del presidente del Consorzio per la raccolta e il trattamento degli oli vegetali esausti Tommaso Campanile:
“Recuperare l’olio alimentare esausto non è solo una buona pratica ambientale: è un gesto di responsabilità verso il pianeta che parte dalle nostre cucine. Vedere i giovani chef di Alassio impegnati in questa sfida ci riempie di orgoglio, perché significa che il messaggio sta arrivando alle nuove generazioni. L’olio usato non è uno scarto, ma un ingrediente prezioso per costruire un futuro più sostenibile. È da iniziative come questa che nasce il cambiamento culturale di cui abbiamo bisogno.”
E ancora:
“Va sottolineato che, mediamente, nelle conserve alimentari la percentuale di olio varia dal 15% al 25% del contenuto totale. Questo significa che ogni scatoletta non è solo una fonte di proteine, ma anche un potenziale vettore di inquinamento se non gestita correttamente. Da qui nasce l’urgenza di una campagna di comunicazione forte e decisa, capace di sensibilizzare i consumatori sull’importanza del recupero domestico dell’olio alimentare esausto. Un gesto semplice, come versare l’olio residuo in una tanichetta anziché nel lavandino, può fare la differenza per la salute dei nostri mari e per la transizione verso un’economia davvero circolare”.
E ancora, Lara Paternieri, dirigente scolastica dell’Istituto “Giancardi” di Alassio:
“Siamo orgogliosi che i nostri studenti si facciano promotori di una nuova cultura ambientale che nasce in cucina e guarda alla sostenibilità. Attraverso il progetto Dalla scatoletta alla tanichetta, vogliamo trasformare il gesto quotidiano del recupero dell’olio esausto in un’abitudine diffusa e consapevole. Il nostro istituto sarà sempre al fianco di quanti si adoperano per la tutela e la salvaguardia dell’ambiente, collaborando attivamente alla promozione di campagne, educational, percorsi formativi e alla diffusione delle buone pratiche domestiche”.
In apertura, foto di Frantoio di Sant’Agata d’Oneglia