Corso Italia 7
Rivista internazionale di Letteratura – International Journal of LiteratureDiretta da Daniela Marcheschi
Una donna come tante
Già sulle scene parigine nel 2010, ne La madre il tema dominante è l’amore materno che si concentra soprattutto sul figlio maschio. All’inizio il tono da black comedy strappa al pubblico più di un sorriso, ma lentamente muterà direzione divenendo un dramma spietato di cui Anna, la protagonista, è la vittima, isolata dal suo stesso mènage familiare

La madre, di Florian Zeller, regia di Marcello Cotugno, con Lunetta Savino, Andrea Renzi, Niccolò Ferrero, Chiarastella Sorrentino
Pescia, Teatro Pacini, 6 aprile 2024
Florian Zeller, romanziere e drammaturgo, è sicuramente tra i più talentuosi autori francesi contemporanei.
Nato a Parigi nel 1979, mette nei suoi romanzi, così come nelle sue pièces, il suo sguardo attento sul mondo attuale, che tenta di comprendere attraverso quei temi toccanti (e a volte strazianti) quali l’amore, il sesso, la passione, l’infedeltà.
Nella sua trilogia sulla famiglia, che si compone di La madre (2010), Il padre (2012) e Il figlio (2018) – di cui già scrivemmo in questo stesso anno per Corso Italia 7 qui – gli ultimi due, sempre per la sua regia, sono stati trasposti sul grande schermo, rispettivamente nel 2020 e nel 2022.
Zeller, autore apprezzato e di successo, è ora finalmente rappresentato anche in Italia.
In questa pièce – già sulle scene parigine nel 2010 – il tema dominante è l’amore materno che si concentra soprattutto sul figlio maschio.
È la stessa Anna a dichiararlo al marito «Ho sempre preferito Nicola» a cui aggiunge, riguardo la figlia, «Sara mi è antipatica».
Dichiarazioni che vengono fatte nella prima scena, mentre marito e moglie discutono o, meglio, è Anna ad aggredire il marito, quando lo investe col fatto di essersi fatta fregare nella vita dai due figli e da lui.
Poi, con l’aggiungere come il figlio venticinquenne l’abbia cancellata, e ancora col proclamare «non avrei mai dovuto fare figli» per arrivare infine a definire Pietro «un pessimo padre».
Mentre Pietro, il marito, non fa che ripeterle quasi ioneschianamente se ha passato una buona giornata.
Anna è una donna come tante che si è dedicata totalmente ai figli, al marito, alla casa.
Poi gli anni sono trascorsi; i figli se ne sono andati e, alla fine… anche il marito.
Lei resta sola, nel suo “regno” che fa acqua da tutte le parte.
Le basterà però che il figlio, in piena crisi sentimentale con Élodie, faccia ritorno a casa per ritornare a vivere, quasi ad essere felice, pur non dimenticando che ci sarà una seconda volta in cui lo dovrà lasciare partire…
Un amore materno, quello di Anna, che porta in sé possibili derive patologiche come la non accettazione che un figlio in età adulta se ne vada.
Distacco considerato invece dalla protagonista come vero e proprio tradimento.
A tutto ciò va ad aggiungersi un amore coniugale già da tempo in decadenza.
All’inizio il tono da black comedy strappa al pubblico più di un sorriso, ma lentamente muterà direzione divenendo un dramma spietato di cui Anna è la vittima, isolata dal suo stesso mènage familiare.
Anna si ritrova sola, ma forse non solo per colpa della famiglia.
Più probabilmente per aver rinunciato a una sua propria vita per dedicarsi al suo unico figlio maschio sul quale riversare frustrazioni, rimorsi, ideali d’amore.
Quest’ultima non vuole essere un’affermazione, ma una probabile ipotesi.
È certo che La madre è della trilogia l’opera più debole e forse per questo non ci ha completamente convinti, nonostante la bravura di attori del calibro della Savino e di Renzi nonché dei più giovani Niccolò Ferrero e Chiarastella Sorrentino e gli applausi non sono mancati.

Applausi ai quattro attori. Foto di Mariapia Frigerio
Un complimento “speciale” ci sentiamo in dovere di esprimere al Teatro Pacini di Pescia e ai teatri di Pistoia per i loro cartelloni in cui non mancano mai opere di attualità e di interesse, sia nella scelta dei testi che degli attori.
In apertura, applausi alla Savino. Foto di Mariapia Frigerio©
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