È uscito da poco Tatà, l’ultimo libro di Valérie Perrin.

Non credo che lo leggerò. Perché? Ho paura delle delusioni, visto che trovai incantevole il suo Cambiare l’acqua ai fiori.

So che è una logica “illogica”, eppure mi spaventa il mercato librario, la produzione continua e quasi obbligata.

Mi limito così a trascrivere il mio pensiero su una lettura di fine estate 2019 ovvero su Cambiare l’acqua ai fiori di Valérie Perrin.

Ecco quanto annotai.

Tutti ne parlano: primo motivo per non fidarsi.

Secondo: il confronto con I ponti di Madison County, melensa storia d’amore (come dimenticare la lettura “cattivissima” che fece Lella Costa delle scene d’amore?), brutta da leggere e pure da vedere al cinema, nonostante l’interpretazione di Meryl Streep e Clint Eastwood.

Terzo: la somiglianza della protagonista con quella de L’eleganza del riccio di Muriel Barbery, portinaia-filosofa rompic…

Devo dire a mia discolpa (o a mia colpa) che non sopporto le intellettuali.

Parto con la mia lettura senza lo spirito giusto, ma sul piede di guerra.

Poi avviene il miracolo: semplicità, leggerezza per argomenti tutt’altro che leggeri o semplici.

Immersione in luoghi che si fatica ad abbandonare.

Senza contare le citazioni giuste tra letteratura, canzoni e profumi.

Come non amare chi fa usare ai suoi personaggi L’heure bleu di Guerlain e Caron pour un homme (altro profumo carissimo e quasi introvabile)?

Quando la portinaia-filosofa di L’eleganza del riccio finì sotto un’auto tirai un sospiro di sollievo.

Quando due giorni fa terminai le vicende della custode di un cimitero fui presa da una sensazione di vuoto.

La casa della custode era diventata un luogo dove avrei voluto vivere.

Bravissima Perrin…

 

Valérie Perrin, Cambiare l’acqua ai fiori, Roma, Edizioni e/o, 2019