Quarant’anni fa, il 16 luglio 1985, moriva Heinrich Böll, forse lo scrittore che meglio rappresenta la nuova narrativa tedesca del secondo dopoguerra. Premio Nobel nel 1972, Böll è autore di opere quali Il treno era in orario, Casa senza custode, E non disse nemmeno una parola, Opinioni di un clown, Foto di gruppo con signora, L’onore perduto di Katharina Blum.

Nel suo primo romanzo, Il treno era in orario, il protagonista è Andreas, soldato semplice tedesco tra gli occupanti in Francia, che viaggia nel 1943 su una lenta tradotta verso il fronte orientale, angosciato dal pensiero della morte.

Il paesaggio umano e geografico del suo interminabile viaggio è di un disperato squallore. Ai finestrini, sotto lo sguardo dei militari, oppressi dal pensiero della vicina sconfitta, scorrono i nomi di località polacche, moldave e, più di altre, ucraine, oggi così tragicamente famose per l’aggressione russa: Przemyśl, Černovci, Stryj, Leopoli.

«Morirò presto, ancora in tempo di guerra» sussurra Andreas, pregando e piangendo. «Non vedrò più la pace. Niente pace. Non ci sarà più nulla, per me: niente musica… niente fiori… niente poesia… Più nessuna gioia umana; presto morirò…».

Quanti soldati ucraini (anche russi, ovvio) avranno pronunciato – e tuttora lo staranno facendo – questo addio alla vita? Ecco come la letteratura abbraccia il senso continuo e drammatico del destino dell’uomo.

Ricordato – a volte riduttivamente – come lo “scrittore delle macerie” per avere duramente denunciato gli orrori della guerra e raccontato la fatica della ricostruzione, Heinrich Böll è anche – ma ci piace ricorrere all’avverbio “soprattutto” – lo scrittore della verità e della potenza immaginativa, fonti insostituibili di una duratura ricostruzione interiore.

La foto di apertura è di Maria Carla Squeo e ritrae un pezzo del muro di Berlino