Simone Casini, Nievo risorgimentale. Letteratura e politica nel decennio preunitario, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 2024.

Si tratta di una opera meritevole sia per la scelta del soggetto – che mira a radicare più concretamente Nievo nella temperie risorgimentale – sia per l’impegno di studio. Utile poi il modo in cui Simone Casini si confronta con vulgate critiche che mostrano la corda non appena si scavi più a fondo, e con minori pregiudizi, nella ricchezza dell’Ottocento non sempre ben inquadrato sul piano teoretico.

Sorprende tuttavia non trovare nominato uno dei grandi protagonisti della letteratura e del giornalismo del Risorgimento, ovvero Carlo Lorenzini/Collodi, che combatté volontario nella I e II Guerra d’Indipendenza. E ciò comporta alcune lacune nell’argomentazione critica di Casini. Un peccato.

Lorenzini e Ippolito Nievo collaborarono agli stessi giornali dalla Scena all’Arte; si leggevano probabilmente visto che L’Italia Musicale (Lorenzini) cita e allude spesso all‘Uomo di Pietra a cui Nievo collaborò. Certo, il toscano fu un vero e proprio suggeritore di tanti temi che lo stesso Nievo (insieme con altri: ad esempio Arrigo Boito) affrontò poco più tardi. Del resto Collodi, che usava allora molti pseudonimi, era già reputato un insigne umorista. Nei suoi articoli Nievo riprende argomenti che Lorenzini veniva trattando sull’Italia Musicale fin dal 1847 e sullo Scaramuccia dal 1853. Lo stesso uso pluriaggettivale di Nievo (ad esempio in un sintagma quale “scoperta poltico-morale-industriale”) è condiviso con Collodi.

Carlo Tenca (colui che chiamò Lorenzini a collaborare all’Italia Musicale), ispirò fin dal 1847 la polemica contro il Prati, poeta non gradito a Nievo (si pensi a un componimento come Centomila poeti in Versi del 1854), come a Carducci e altri. Collodi attaccò lo svenevole Prati il 6 giugno 1854 e continuò a scriverne per giorni e giorni fino al luglio, ispirando a sua volta giudizi critici che sarebbero poi stati ripresi. Il Prati, per vendetta, in Satana e le Grazie rappresenterà Collodi come un topo. La ragione delle polemiche contro Prati è letteraria e politica: si intendeva criticare la posizione di Prati giudicata troppo vicina alla casa regnante sabauda in un momento in cui non era ancora maturata in tutti la convinzione che la soluzione monarchica “piemontese” fosse la migliore. E infatti Collodi preferiva gravitare su Milano, non su Torino.

Finché si leggerà l’Ottocento nell’ottica idealistica di tesi/antitesi (Manzoni/Verga ecc.), non si capirà sempre che nella storia agirono allora (come sempre del resto) più tradizioni e quella comico-umoristica fu ripresa, teorizzata e praticata come alternativa al Romanticismo e al Verismo. Collodi ne fu l’interprete più coerente per riconoscimento unanime dei contemporanei.

Se non si considerano tali dati concreti, anche l’Antiafrodisiaco dell’amor platonico di Nievo – pieno zeppo dei loci communes più noti e ribaditi dalla satira del tempo (dai caricaturisti francesi in primis) e dalle parodie della parodiatissima Sand – rischia di essere letto in una dimensione astorica, mentre tale operetta  è tutta radicata nella letteratura comico-umoristica che aveva la sua sede privilegiata sui giornali: questo fu appunto il “giornalismo comico-umoristico” recuperato in scienza e coscienza da Guareschi che definiva ancora così, in pieno Novecento, la propria produzione letteraria.