Clown. Schnapsidee è un lavoro in tandem di Jonathan Bertolai e Ian Gualdani partito dal romanzo Opinioni di un clown di Heinrich Böll.

Un lavoro di chi crede che mantenere vivi i testi con il teatro sia il modo più efficace per non farli morire.

Hans è il clown: una figura drammatica che sceglie la strada alternativa dell’arte della clownerie, in fuga da una famiglia ricca e da una società del benessere in cui non si riconosce.

E dove meglio di un tendone da circo per ambientare il dramma, la solitudine, la stanchezza di questo clown?

Tutto avviene in una sorta di cabina di regia, uno spazio-non spazio.

Il clown fuma e beve birra e si muove come una marionetta disarticolata, come una sorta di automa.

Gualdani, che gli dà anima e corpo, è padrone esperto e attento dei suoi movimenti.

Poi ha inizio il suo monologo, interrotto da telefonate, con pensieri sulla società, sul teatro, sulla religione, sull’amore, sulla sua vita.

Sono mozziconi di frasi quelle che pronuncia Hans: «basta…basta», «lei mi amava, lei mi ha lasciato» e sullo schermo si sostituisce a quella dei binari la diapositiva di una camera da letto.

Un discorso trasognato, quasi un farneticare.

Parla di «stanco applauso per il mio numero». Dice che lei «era molto bella», ma che «io ero stanco» e che «da quando ieri mi ha lasciato l’alcol mi fa bene».

Lui le scrive ogni giorno lunghe lettere senza risposta e viaggerà per cinque anni.

Poi si fa male al piede…

Un clown ubriaco che fa compassione, a cui appartengono ansia, angoscia esistenziale e il pensiero della morte «sempre con me».

Ci racconta della morte della sorella, che la madre, convinta nazista, ha mandato a combattere: un ricordo che è un momento teatrale di grande commozione, di infinita tenerezza, di vera poesia.

C’è la telefonata con la odiata madre, c’è il problema dei soldi ora che gli spettacoli non vanno bene.

Il padre appare invece nella proiezione di un filmato.

Urla, ma non se ne sente la voce: c’è solo il rumore della pellicola.

Nella telefonata col dottore, Hans parla della crisi della sua carriera, si lamenta dell’abbandono, non risparmia critiche sulla religione: «I cattolici mi danno noia perché sono sleali, gli atei mi annoiano perché parlano solo di Dio».

Ricorda l’aborto di Maria, il lenzuolo insanguinato, il biglietto con «sono all’ospedale».

Di nuovo “rivive” il biglietto con cui lo aveva lasciato: «Devo seguire la strada che devo seguire».

Poi la telefonata con un padre-religioso a cui chiede di lei: «Non è tua moglie».

Continua a farneticare: «Non sono anticlericale, sono antilei».

Sa che ora è sposata.

«Sono stanco… sono stanco, basta. Io la vedo nella sua casetta, tra casette tutte uguali», in cui fa sentire la critica alla famiglia borghese, mentre proietta una diapositiva con caseggiati.

Uno spettacolo circolare che parte con il clown abbandonato da Maria e finisce ritornando a parlare di lei, in un finale di grandissima emozione che volutamente lasciamo alla scoperta del pubblico.

Uno spettacolo di autentica bellezza perché, come questa, sa colpire tutti i nostri sensi, con un Gualdani che, vero performer della scena, tiene avvinto il pubblico quasi senza respiro.

Un lavoro di équipe che coinvolge anche chi ha collaborato con film e strumenti analogici: materiali che logorandosi rispecchiano il logorarsi della nostra memoria.

Da segnalare così Giacomo Vezzani per la scelta di poche musiche, ma tanti suoni; le luci coinvolgenti di Orlando Bolognesi; le voci di Elsa Bossi, Woody Neri, Jacopo Venturiero; le diapositive di Manuela Giusto e, per il film in 16 mm, Tiziano Doria e Samira Guadagnuolo.

Poi Matteo Raciti per gli oggetti di scena, veri e propri attori essi stessi; Laura Bartelloni per i costumi che sottolineano visivamente la drammatica vicenda di Hans, oltre a Silvia Bennett assistente alla regia di Bertolai.

E ultima, ma non ultima, Tania Tonelli che ha curato con grande maestria e passione le pubbliche relazioni.

Applausi continui per tutti da parte di un pubblico partecipe ed emozionato, a Ian Gualdani in primis.

Clown. Schnapsidee da Opinioni di un clown di Heinrich Böll, adattamento drammaturgico di Jonathan Bertolai e Ian Gualdani, regia di Jonathan Bertolai con Ian Gualdani.

Viareggio, Chapiteau della Cittadella del Carnevale, dal 30 settembre al 4 ottobre 2025

In apertura e all’interno, foto di Manuela Giusto. Il testo qui pubblicato è apparso in forma ridotta sulle pagine culturali del quotodiano Avvenire il 3 ottobre 2025