È stato Elio a inaugurare la Stagione di Prosa 2025-2026 del Teatro del Giglio Giacomo Puccini con una sorta di viaggio alla ricerca del tempo perduto tra gli anni Sessanta e Settanta in cui, come per incanto, una compagine di “geniacci” creò una comicità alternativa, surreale, anticipatrice di tante esperienze successive.

C’è un luogo che forse più di altri li ha fatti conoscere ed è il milanese Derby, locale per cabarettisti con caratteristiche comuni, di certo non comuni.

Così Elio, iniziando proprio con Jannacci, canta Quando un musicista ride. Poi continua con due pezzi epocali di Cochi e Renato, Cos’è la vita e La gallina.

Non mancano i duetti tra il pianista Alberto Tafuri e “il capo” quando, ad esempio, Elio (il capo) dichiara: «Sono pazzo per il rock» prima di cantare le canzoni di Clem Sacco, il primo cantautore italiano antesignano del rock demenziale.

Canta così Baciami la vena varicosa, poi Oh, mama, voglio l’uovo a la coque, infine Il deficiente.

Diremo ancora di altre canzoni, ma per noi il momento più emozionante è stato Giovanni telegrafista: un Enzo Jannacci che coniuga la vena surreale a grande umanità e poesia.

Per questa canzone Elio è salito su uno dei cubi di scena con nuvole magrittiane.

Del resto proiettati sul telo che fa da sfondo si alternano, in sintonia con lo spettacolo, “rivisitazioni” di dipinti di surrealisti, in primis proprio Magritte.

E via ancora con Jannacci, da Il primo furto non si scorda mai a Un foruncolo per finire con Ho soffrito per te.

Poi è la volta di Gaber di Benzina e cerini, di Vorrei tanto (suicidarmi) dei Gufi, di Canzone intelligente di Cochi e Renato.

Senza contare gli intermezzi letterari da Eco a Daniil Charms.

Insomma Stefano Belisari-Elio conduce uno spettacolo che è un inno all’intelligenza sopraffina, quella di artisti eccentrici e controcorrente, che lui ripropone e “reinventa” con gli arrangiamenti musicali di Paolo Sivestri.

Stefano Belisari, in arte Elio
Stefano Belisari, in arte Elio

Ma diamo ora spazio alle note di regia di Gallione che parlano «di artisti seriamente comici, che hanno usato la risata, l’ironia e il nonsense come strumento dello spirito di negazione, del pensiero divergente che distrugge il vecchio e prepara al nuovo. Un linguaggio che gode delle gioie della lingua e del pensiero, sberleffo libertario, ludica aggressione alla noia, sovversione del senso comune. Necessità di non “allevare polvere” in scena, nell’arte o nella musica, di “cantare dentro nei dischi” storie bizzarre e metafisiche, figlie di un mondo alla rovescia che riflette però la realtà, il vero. Chi più di Elio poteva accettare questa sfida, oggi? Un artista poliedrico e dai molti talenti che si è sempre cibato di imprevedibilità e coraggio creativo, e che dopo la felicissima esperienza di “Ci vuole orecchio” allarga e potenzia il suo sguardo su quelle che sono in fondo le sue radici espressive, anche ideali. Accompagnato da una band di musicisti proteiformi e giocosamente senza vergogna, “Quando un musicista ride” è un viaggio sorprendente e modernissimo in un mondo ancora oggi sostenuto da “un filo logico importante”.»

Vero, vogliamo aggiungere, «chi più di Elio» che conclude lo spettacolo sulle note di Vengo anch’io, no tu no e, chiamato più volte dal pubblico, insieme alla sua band (il già menzionato Alberto Tafuri, pianoforte con Martino Malacrida, batteria, Pietro Martinelli, basso e contrabbasso, Matteo Zecchi, sassofono, Giulio Tullio, trombone), concede un bis con Rido sempre di Jannacci.

Quando un musicista ride, regia e drammaturgia di Giorgio Gallione con Elio e la sua band.
Lucca, Teatro del Giglio Giacomo Puccini, dal 14 al 16 novembre 2025