Approdare sull’isola e dirigersi nelle campagne per osservare la bellezza e originalità degli olivi striscianti è il primo passo per comprendere il senso e il valore dell’olivicoltura pantesca. Qui l’olivo è sempre esistito e ha sempre espresso la volontà di vivere e sopravvivere a ogni tempesta di maestrale: per questo gli olivi sono detti “striscianti”: per difendersi dai forti venti che ne hanno condizionato il portamento. L’olivigno è la Biancolilla, ma non è la medesima che si trova in Sicilia, qui la pianta diventa resiliente e con l’uomo sfida la natura.

Raccogliere le olive comporta un sacrificio enorme, e se generalmente si parla di olivicoltura eroica per le situazioni estreme in cui si coltiva l’albero, qui siamo alle condizioni limite. Occorre distendersi a terra e pazientemente raccogliere le olive, altro che meccanizzazione delle operazioni. L’impegno vale però tutte le energie che si profondono. Quello che ora manca, è far percepire tutto questo valore al consumatore, in modo che comprenda tutto l’impegno che occorre metterci per ricavare l’olio da queste olive benedette dal vento. Non tutti i fiori donano i frutti sperati, il vento ne sottrae tanti e almeno una metà di prodotto viene sacrificata. Ma pensate a quanta gioia c’è nel produrre, i sacrifici sono comunque ripagati dall’esito della spremitura. Solo che estrarre l’olio qui è complicato, c’è necessità di accorciare la filiera e avere frantoi di ultima generazione, altamente innovativi, ecco allora la volontà di mettere su un “frantoio di comunità” e, per contrastare l’abbandono degli oliveti, favorire la riconoscibilità del prodotto attraverso la certificazione dell’origine.

Protagonisti principali di Ogghiu Pantiscu Fest sono, in ordine di impegno e di apparizione: Stefania De Carlis, piemontese con olivi a Pantelleria, ideatrice e forza propulsiva dell’evento; Luigi Caricato, che con Olio Officina si è fatto carico dell’organizzazione; e, per l’appoggio logistico e il tenace e convinto sostegno il Comune di Pantelleria, in particolare con l’assessore all’agricoltura Massimo Bonì, e l’Ente Parco Nazionale Isola di Pantelleria, cvon il commissario straordinario Italo Cucci e il direttore Carmine Vitale. Entrambe le due istituzioni hanno patrocinato la due giorni di Ogghiu Pantiscu Fest, credendoci fortemente.

Cosa è emerso in estrema sintesi? Tante opportunità che si potranno concretizzare si avvierà questo processo virtuoso di rinnovamento e valorizzazione.

Andiamo in ordine.

È prevista la costituzione di un Osservatorio permanente dell’olivo e dell’olio  pantesco, con il proposito di monitorare tutti gli olivi presenti sull’isola, verificare il loro stato di salute e accertare se vi siano altri olivigni oltre alla dominante Biancolilla, individuare tutti i proprietari di oliveti, siano essi professionisti o hobbisti, puntare sulle migliori e innovative tecniche agronomiche, creare un “frantoio di comunità”, in modo da consentire una tempestiva molitura delle olive senza doversi recare in Sicilia. Questi sono solo i propositi più immediati, ma si intende anche puntare a certificare l’origine, attraverso l’Igp Sicilia, con il fine di dare corso a una modifica del disciplinare di produzione e avere così la sottozona “Pantelleria”, al fine di garantire la reale corrispondenza degli oli al territorio di produzione. Di questo e altro scriveremo successivamente, in più puntate. Per l’esempio della possibile creazione di una cooperativa di produttori olivicoli e del rafforzamento della Cooperativa agricola produttori capperi, già impegnata con l’olio. Ma, appunto, ne scriveremo la prossima settimana, di questo e molto altro. Per ora vogliamo riportare una notizia: il Premio Olio Officina-Cultura dell’olio a Fausto Luchetti, già direttore esecutivo, per molti anni, del Consiglio oleicolo internazionale, presente tra l’altro sull’isola da ben 57 anni: sarà proprio lui, con la sua riconosciuta autorevolezza, il testimonial di questo rilancio dell’olio pantesco.

Ma ecco cosa ci ha confidato Stefania De Carlis, di Marthingana, all’indomani della chiusura di Ogghiu Pantiscu Fest, di cui è stata anima propulsiva.

STEFANIA DE CARLIS

“È stata – ha detto – la prima edizione di un evento voluto con il cuore, ma anche con la testa, un connubio tra passione per il territorio ma anche, nel contempo, la chiara consapevolezza delle potenzialità concrete che l’isola di Pantelleria ci offre a piene mani. Di tutte queste potenzialità – ha dichiarato la De Carlis – noi dobbiamo essere certamente custodi nel continuare quanto le sapienti mani della comunità locale hanno saputo tramandare nel corso dei secoli. Oggi – ammette Stefania De Carlis – siamo chiamati a dare ancora di più: più dignità al lavoro degli olivicoltori e all’enorme fatica che affrontano ogni volta che debbono coltivare gli olivi. Questo impegno, attraverso Ogghiu Pantiscu Fest , ci ha permesso come olivicoltori panteschi di indossare il vestito della domenica, ma ci consente di indossarlo tutti i giorni, quando verrà l’ora di festeggiare il conseguimento di una filiera completa sull’isola, con l’ambizione di ottenere una certificazione dell’origine universalmente riconosciuta. Sono stati questi gli obiettivi di Ogghiu Pantiscu Fest, e posso affermare che sono stati largamente trattati dai vari esperti intervenuti da diversi parti d’Italia, anche per fugare tutti i possibili dubbi e rispondere nel contempo a tutte le domande dei partecipanti, tanti, così numerosi, veramente anche al di là delle nostre aspettative, di addetti ai lavori e non, che si sono trattenuti fino a tarda ora proprio perché appassionati e attratti dai vari argomenti trattati.

Non sono mancati anche alcuni momenti di svago, nel corso del festival, con la degustazione di cocktails a base di gin e olio locali, così da dimostrare che l’olio pantesco può e deve essere veicolato attraverso più canali. Tanto si deve fare adesso, dopo questo evento, in modo da avviare i primi passi concreti sul territorio. Il territorio che – ammette la De Carlis – rimane per molti versi vergine o quasi, e ora si passa dalla sedimentazione delle informazioni nelle coscienze alla presa di posizione di quanti vorranno seguire questo flusso positivo e metterci dentro tanta buona energia, energia positiva, quella del fare, e magari non solo quella dell’avere. Una energia del fare per l’isola, del fare per la comunità, di una comunità che crede in una opera collettiva, dove ci si mette insieme uniti da competenza e passione, per andare al di là del beneficio di pochi. Oggi – prosegue la De Carlis – è il momento giusto: ci sono le persone giuste, c’è la consapevolezza e il forte e determinante contributo da parte del Comune e dell’Ente Parco dell’Isola di Pantelleria. Ebbene – conclude Stefania De Carlis – io ci credo, e questa terra di Pantelleria se lo merita”.

 

DOMENICO FAZIO

Nel corso di Ogghiu Pantiscu Fest è stato altrettanto importante il contributo di idee fornito da Domenico Fazio, tra i massimi esperi in tecnologia estrattiva, il quale ha introdotto il tema del frantoio come elemento centrale nel percorso qualitativo.

“Per me – ha dichiarato Fazio – sono stati due giorni a Pantelleria intensi, pieni di emozioni, e anche per altri versi contrastanti.
È stata la mia prima volta sull’isola, e ho subito compreso il perché tante persone, arrivate qui per caso, o per lavoro, abbiano poi scelto di restarvi. Pantelleria ha un paesaggio autentico, ruvido, senza compromessi, non è fatta per il turismo di massa: il suo isolamento seleziona chi davvero la sa apprezzare.

L’evento Ogghiu Pantisciu Fest – ammette Domenico Fazio – ha superato ogni aspettativa. Parlare di olio e ritrovarsi con un pubblico più numeroso delle sedie disponibili è già significativo; ma arrivare a mezzanotte, dopo quasi cinque ore di dibattito, e vedere ancora la sala gremita, è stato davvero qualcosa di straordinario. Un grande merito va agli organizzatori, Stefania De Carlis e Luigi Caricato, e al Comune di Pantelleria e all’Ente Parco, che hanno scelto di scommettere sul rilancio della coltivazione dell’ulivo.

C’è stato però anche un lato meno incoraggiante: ascoltare i relatori raccontare con dati concreti le difficoltà dell’agricoltura isolana, e perfino colture simbolo come lo zibibbo e il cappero, che sono state messe a dura prova da problemi comuni a tutta Italia fa impressione: la mancanza di manodopera, i costi di produzione troppo alti, la frammentazione dell’offerta, l’assenza di ricambio generazionale.

Pantelleria mi è apparsa quasi una miniatura che racchiude il meglio e il peggio dell’agricoltura italiana.

L’isola, come il resto del Paese, gode di un nome prestigioso nel mondo. I prodotti tipici hanno aperto mercati internazionali grazie alle loro caratteristiche uniche, ma il vantaggio iniziale non è stato sostenuto da investimenti in tecnologia e innovazione. Senza di essi – commenta Domenico Fazio – è difficile ridurre i costi, mantenere una qualità adeguata e garantire nel contempo al cliente-consumatore la necessaria tracciabilità. Illudersi che il solo prestigio del nome basti è stato un errore diffuso. L’aggregazione dell’offerta, invece, è l’unica strada da percorrere per affrontare i costi di comunicazione e marketing. Il mito del piccolo è bello si è rivelato spesso un limite, e a Pantelleria questo lo si percepisce con ancora più forza. Concludo le mie riflessioni – sostiene Fazio – confermando tutta la mia stima all’assessore Massimo Bonì, al quale auguro che il suo impegno, e i suoi risultati, possano essere d’esempio per tante altre amministrazioni italiane”.

[1. continua]

Illustrazione di Doriano Strologo per Olio Officina (particolare)