Campacci
Là, per la cruna dell’ago
dove passano cane e canicola,
scrocchia d’erbe il sentiero.
L’aria appena si muove,
solleva profumi canditi
di cere, di stoffe, di bacche.
Va a zonzo una reliquia,
un catrame d’ossa e con queste
l’ombra di sotto,
lezzo d’anime e nomi.
Due cagne – in testa Rubinia –
gettano ansia tra i rovi, cerchiando segreti,
cacciando tartufi.
Sembra che sappiano, al di là delle nuvole,
quale respiro intrecci l’attesa e la sosta.
Scavano, perse nel golfo d’ogni singola impronta.
*
come pini marittimi
nel loro appetito di cielo e rossa corteccia,
ritti fino alle chiome che scuriscono a tratti l’azzurro,
colmo ogni sera di gialli e di viola,
curva, s’allontana la terra per ogni dove,
scivolando di epoca in nuova quiete,
d’ingente carezza ad altra riva
e come pini che il mare rinomina
s’apparenta il destino
*
cosa agita
la siepe alberata,
l’assennata linea
dei frassini?
e il becco occhiuto
del merlo?
i bucaneve, mani alzate?
il tetto che sotto il sole
schiocca di paura?
sarà la neve profonda che gela sui monti
o il suo ricordo quando scendeva
testarda, a larghi fiocchi come petali?
le grand champ
*
Dei canti ascolta
Il baccano
In fondo alla siepe
Più tondo e chiaro
Per il lievitare
Di nubi in pioggia
Tutta la lingua del mondo
E oltre