Ormai è il tema caldo di questi ultimi giorni. Le soluzioni all’anomalia degli steroli totali nell’olio extra vergine di oliva (inteso come categoria merceologica, non come prodotto riconducibile a singole isolate cultivar di questa o quella nazione), sfiorano oggi vette altissime di perverso ingegno.
Per chi non è al corrente della situazione (più volte se ne è discusso sul palco di Olio Officina Festival), il Consiglio oleicolo internazionale, non ha inteso aggiornare il valore minimo degli steroli totali presenti nell’olio extra vergine d’oliva, fissato ad oggi a 1000 mg/kg. Un dato che non convince, visto che un olio d’eccellenza come quello ricavato da olive Coratina, nonostante sia di elevatissima qualità e tra i più celebrati per le proprietà chimico-fisiche, nutrizionali e sensoriali, per varie ragioni non rientrano nei valori di steroli fissati dal Coi. I parametri, si sa, devono considerare la natura intrinseca degli oli, e se per alcune varietà di olivi, come l’italiana Nocellara del Belice e la greca Koroneiki è stata concessa una deroga, non si comprende come ciò non avvenga per gli oli ricavati dall’olivigno Coratina.
Quella degli steroli è diventata una commedia melodrammatica, a partire dalla stessa soluzione di limitare la deroga all’attuale limite minimo solo per alcune tipologie di cultivar. Quel che tuttavia non si comprende al riguardo, è come si facciano a certificare gli oli ottenuti da alcuni olivigni. C’è forse l’esame del DNA? D’accordo, e per i blend? Ci si deve attrezzare.
La soluzione di subordinare la deroga ad alcune singole specifiche cultivar (due sicure, la terza non si sa) solo a condizione che il valore dei fenoli sia sufficientemente alto deve farci riflettere, anche perché i fenoli sono tanti e diversi, si dice infatti “poli”-fenoli
Ebbene, si tratta forse di un parametro di classificazione merceologica previsto dalla normativa vigente? No, fino ad oggi non lo è.
È forse uno di quei parametri attraverso i quali è possibile ottenere una risposta univoca su eventuali frodi in qualsivoglia perpetrate? Magari fosse così! Non lo è.
Che correlazione esiste dunque tra tenori di fenoli e pratiche fraudolente come la deodorazione? La “dilavazione”? Dio solo lo sa.
Ma di quali fenoli si sta parlando? Di tutti? O dei derivati dall’idrossitirosolo? Quelli che i bravi prof chiamano biofenoli e ai quali si ricorre per certificare anche l’Igp Olio di Puglia? A dire il vero, anche sull’identificazione di questi ultimi ci sono ancora dibattiti aperti, oltre a qualche battibecco che si ascolta nel corso delle cene sociali.
Quindi ancora non si sa nulla, è tutto da chiarire.
A questo punto resta anche da chiedersi quale metodo si dovrebbe utilizzare per quantificare i fenoli, a qualsiasi categoria essi appartengano. Ce ne sarebbero un paio di metodi, certo, ma allora sarebbe bene mettersi presto d’accordo, giusto per non complicare ulteriormente la faccenda steroli.
Il problema, tuttavia, è che i fenoli – la loro presenza, la loro concentrazione, la loro tipologia – sono di fatto influenzati da una pluralità di fattori che tendono a modificarsi con il tempo. Sono insomma volubili. Si dice proprio così: volubili. Ha senso perciò accettare una simile volubilità anche nel giudizio di conformità dell’olio extra vergine di oliva in barba a ogni principio di certezza?
Tutta questa storia intorno agli steroli forse può non interessare molto la politica, perché ritenuta una questione troppo tecnica, ma sarebbe un errore, perché risolvere questi aspetti porta a conseguenze economiche e sociali determinanti, non solo per la sopravvivenza dell’olivicoltura, ma per il suo stesso rilancio.
Attendiamo perciò fiduciosi di sapere cosa sosterranno i rappresentanti dell’Italia al Consiglio oleicolo internazionale. Anche le stesse organizzazioni di categoria, che tanto hanno a cuore le esigenze del comparto, dovranno fare la propria parte. Di conseguenza, ci si attende da chi ci rappresenta tutto il possibile per promuovere una azione di buon senso. Poniamo piena di fiducia nei nostri rappresentanti e nella loro voglia di farsi valere, perché nonostante le complicazioni, siamo fortemente convinti che si riuscirà comunque a essere presenti a Madrid in novembre, alla prossima riunione del Coi, consapevoli di dover agire per il bene del settore e del prodotto. La questione, anche se ha risvolti melodrammatici, non può certo sfuggirci di mano.
I nostri rappresentanti al Coi sono chiamati a essere risoluti e lucidi nell’opporre un cambio di passo nel fronteggiare misure che, oggettivamente, sono da ritenere inaccettabili, prima ancora che incongruenti.