La questione sansa, sul perché venga spesso vista come un rifiuto o un problema, anziché come una risorsa e un valore, è molto pertinente e tocca un nervo scoperto nel settore e nella filiera.
Il problema della sansa risiede principalmente nella sua natura fisica e nelle sfide economiche e normative che ne derivano, e per il fatto che i frantoi abbiano avuto per un secolo quale unico sbocco del suo sottoprodotto solo i sansifici.
Le motivazioni sono diverse.
Una è di natura fisica e logistica: il peso e l'umidità
Il nocciolo del problema è l'acqua. La sansa da processo a due fasi è un impasto semi-solido molto umido (oltre il 60% di umidità) e per la tre fasi (fino al 55% di umidità).
Una tonnellata di sansa è composta per oltre metà da acqua. Questo la rende pesante da trasportare e costosa da stoccare. Il frantoiano non può semplicemente metterla da parte, ha necessità di spazi ampi e impermeabilizzati per il deposito temporaneo. Ciò determina problemi di stoccaggio: la sansa umida inizia a fermentare rapidamente, generando odori sgradevoli, attirando insetti e, soprattutto, producendo percolato delicato da trattare.
La costanza di fornitura. Un frantoio produce sansa solo durante la campagna olearia (pochi mesi all'anno), rendendo difficile per le industrie di valorizzazione (come i sansifici o le centrali a biomasse) contare su una fornitura costante per dodici mesi.
Il fattore economico: costo verso guadagno
Spesso i costi logistici superano il potenziale valore del sottoprodotto.
* Elevato costo di trasporto: Il trasporto di un materiale pesante e umido per lunghe distanze è economicamente insostenibile. Se il sansificio più vicino è a centinaia di chilometri, il costo del gasolio per muovere la sansa umida annulla qualsiasi guadagno.
* Bassa resa energetica: La sansa umida non può essere bruciata direttamente per produrre energia senza prima essere essiccata, un processo che richiede energia e attrezzature specifiche. Il valore energetico viene svalutato dall'acqua!
* Nessun mercato locale forte: molte piccole aziende agricole o frantoi non possono sostenere l'investimento (o lo spazio) per installare caldaie adatte a bruciare la sansa come combustibile per l'autoconsumo, soprattutto se concorrenti nell’acquisto delle olive.
Il fattore normativo e sanitario
In Italia, distinta per regione, la normativa sulla sansa è complessa, il che spinge i frantoiani a sbarazzarsene il prima possibile.
* Sottoprodotto che per alcune norme può essere un rifiuto? Questo implica specifici obblighi di registrazione, tracciabilità e in alcuni casi smaltimento. Affidarla a un sansificio - che la estrae e la valorizza - è la via più semplice per liberarsi della responsabilità e anche per aumentare la catena del valore della filiera olivicola.
* Impatto ambientale. L’uso agronomico - spandimento sui terreni - è regolamentato e limitato. Se lo stoccaggio non è conforme alle norme (ad esempio, pavimentazione non impermeabile), si rischiano sanzioni pesanti a causa della contaminazione del suolo e delle falde acquifere dovuta al percolato.
Tutto questo crea nel frantoiano e/o agricoltore la mancata comprensione del valore e le relative soluzioni per cui la sansa perde la funzione di una risorsa preziosa e nonostante sia un sottoprodotto viene trattato alla stregua di un rifiuto.
Il frantoiano spesso non ne comprende il valore, perché non è strutturato per estrarlo né può esserlo per le motivazioni già dette.
Bisogna ricordare che la sansa vergine possiede:
- Il valore residuo da estrazione
La sansa contiene ancora una quantità significativa di olio (olio di sansa), che viene estratto tramite solvente nel sansificio e poi raffinato. Per il frantoiano, questo valore è virtuale, poiché solo il sansificio può monetizzarlo ed è sempre pur meno del valore dell’olio lampante di oliva.
- Il valore energetico del nocciolino
Dopo l'estrazione, il residuo (chiamato sansa esausta) è ancora ricco di nocciolino (nocciolo di oliva). Il nocciolino è un eccellente combustibile a biomassa (molto simile al pellet) con un alto potere calorifico.
Spesso se il frantoiano ha a disposizione la tecnologia di separazione del nocciolino in proprio (sempre più diffusa), può produrre un combustibile di alta qualità per la propria caldaia o da vendere, creando un nuovo flusso di ricavi ma tende a svenderlo per necessità di cassa e logistica concorrendo in modo sleale proprio con il sansificio, suo cliente, senza fare rete.
- Il valore agronomico
I residui della sansa (se trattati) sono ricchi di sostanza organica e potassio e possono essere riutilizzati come ammendante agricolo a lento rilascio, migliorando la fertilità del suolo nell'oliveto stesso, favorendo nel caso l’agricoltore, ma non potendo gestire logisticamente, e con processo di digestione, tutto questo valore si disperde.
In sintesi: frantoiani e olivicoltori non vedono nella sansa il proprio potenziale
Per la loro piccola o media impresa la sansa rappresenta principalmente un costo di smaltimento e un rischio normativo/ambientale dovuto alla sua elevata umidità e alla difficoltà di stoccaggio.
La valorizzazione richiede investimenti in essiccazione, separazione o trasporto, che superano le capacità operative del frantoio medio, che mai metteranno in atto, e proprio per questo sono costretti a portare le loro sanse al sansificio che è tra l’altro mal visto come partner.
Negli ultimi anni si sono affacciati altri attori sul mercato, sostenuti da finanziamenti pubblici. È il caso delle centrali del biogas/biometano, le quali inizialmente hanno coperto il mercato delle sanse a 2 fasi, denocciolate, ma solo perché agevolate nelle tariffe elettriche o del gas, ma quando poi sono venuti meno gli incentivi e la burocrazia delle norme a supporto, è caduto anche l’interesse di quest’ultime, riportando il problema al detentore del sottoprodotto.
In questa prospettiva, continuo a vedere del potenziale nella lavorazione della sansa non solo come classico sansificio, ma proprio come ultimo anello della filiera, soprattutto oggi in un contesto di forte difesa del made in Italy.
È proprio attraverso la contabilizzazione e valorizzazione dello scarto del frantoio che la lavorazione della sansa consente il calcolo del vero prodotto italiano, anche perché – va ricordato - al sansificio arriva solo materia prima di olive italiane, processate in Italia!
Oltre a questa funzione di notaio della filiera, al sansificio spetta anche una funzione di recupero energetico che in un epoca di CER (Comunità Energetiche Rinnovabili) si può capire come già in cento anni si siano create delle vere e proprie comunità energetiche (non riconosciute) con base gli agricoltori conferitori di olive, i frantoi che le processano e i sansifici che lavorano le sanse; e tutto questo gratis per cento anni, senza alcuna sovvenzione pubblica, ma con il solo impiego di tante braccia a servizio.
Ovviamente, in un’epoca di PNRR e di corsa agli investimenti, spesso si dimenticano i meccanismi che hanno sempre funzionato in Italia, per favorirne invece altri, che hanno una logica di breve termine e che distruggono indotto e know how in veri e propri distretti creati nel tempo.