“Mettendo da parte la mia modestia, ma sotto l’usbergo del mio rasposo carattere piemontese, devo asserire che di vini me ne intendo, e domandando scusa ai miei Barbera e Barolo, devo dire che il Taurasi è il loro fratello maggiore”: così sentenziava nel 1932 l’onorevole Arturo Marescalchi, uno dei padri dell’enologia italiana moderna e all’epoca Sottosegretario del Ministero dell’Agricoltura e delle Foreste.

Gli anni Trenta, in effetti, furono il periodo più florido per il vino di Taurasi e per l’Irpinia tutta, con oltre 60mila ettari coltivati, sebbene pochi a coltura specializzata, e una produzione superiore al milione di ettolitri. La provincia di Avellino era fra le prime tre in classifica nella produzione di vino e da qui partivano innumerevoli vagoni ferroviari destinati all’Italia settentrionale e alla Francia, i cui vigneti erano stati flagellati dalla fillossera. Non a caso la prima strada ferrata del comprensorio – che univa Avellino a Rocchetta Sant’Antonio, passando per Taurasi e la valle del fiume Calore – era chiamata confidenzialmente “la ferrovia del vino”. Di lì a poco la fillossera penetrò anche in Campania, con il conseguente impoverimento dell’intero settore.

La ripresa iniziò negli anni Sessanta; la prima tiepida accoglienza si trasformò in vero e proprio entusiasmo dall’eccezionale annata 1968, considerato il millesimo di riferimento del rinnovato impegno produttivo. È di quell’anno il primo tentativo di zonazione: fu proprio l’azienda Mastroberardino a immettere sul mercato tre differenti declinazioni di Taurasi che riportavano in etichetta il luogo di provenienza delle uve. Nomi di località come Montemarano, Castelfranci e Piano d’Angelo (una contrada di Taurasi) divennero così familiari tra gli estimatori dei grandi vini.

L’attuale zona di produzione del Taurasi è stata regolamentata nel 1970 con il riconoscimento della Doc, seguita nel 1993 dall’attribuzione della Docg, primo vino nell’Italia meridionale a ottenerla.

Da quasi tre secoli la storia del Taurasi si intreccia indissolubilmente con quella della famiglia Mastroberardino. La sua presenza in Irpinia e l’impegno nell’ambito vitivinicolo sono documentati da accurate ricerche storiche, con testimonianze evidenti nel catasto borbonico già dalla prima metà del Settecento, quando la cittadina di Atripalda, tuttora cuore pulsante dell’azienda, accolse il primo insediamento. Da allora sono state ben dieci le generazioni che si sono succedute nella stessa attività, l’ultima delle quali è rappresentata da Piero Mastroberardino.

La data 1878 che accompagna il logo aziendale è riferita all’anno in cui Angelo Mastroberardino richiese l’iscrizione alla Camera di Commercio di Avellino. Il merito di Angelo fu senza dubbio quello di allargare gli orizzonti di vendita del vino, arrivando dapprima in Europa e in seguito nel continente americano. Tuttavia, il vero artefice della conquista dei mercati d’oltreoceano fu il figlio Michele, che attraverso lunghi e avventurosi viaggi avviò un progressivo inserimento dei vini irpini nell’America del Nord, approdando anche in America Latina. A consolidare il primato dalla metà del Novecento fu Antonio, classe 1928, strenuo difensore delle peculiarità organolettiche tradizionali del Taurasi, eleganti e raffinate, in un periodo in cui il mercato ammiccava ai vini potenti e muscolosi. Rimasto in cantina fino alla sua scomparsa, avvenuta nel gennaio del 2014, già dalla metà degli anni Novanta aveva affidato al figlio Piero il timone dell’azienda. Personaggio eclettico e infaticabile, professore universitario e appassionato di arte nelle sue molteplici forme, poeta e scrittore, disegnatore e pittore con diverse mostre all’attivo in Italia e all’estero, Piero Mastroberardino è soprattutto un autorevole punto di riferimento del vino italiano.

Oggi, sotto la sua guida, Mastroberardino è una fiorente e versatile realtà, impegnata anche nella sostenibilità ambientale, sociale ed economica. L’azienda dispone di circa 260 ettari vitati, situati in una decina di areali dai differenti terroir, tra i più vocati dell’Irpinia e dell’intera Campania, dai quali provengono tutti i cru aziendali. Beneficia anche dell’apporto di conferitori esterni, seguiti costantemente in vigna da uno staff tecnico, per assicurare gli stessi elevati standard qualitativi dei vigneti di proprietà. Nell’ampia gamma figurano più di una ventina di referenze, suddivise in diverse linee produttive, dove i grandi classici del territorio si alternano con interpretazioni più immediate e contemporanee.

Sotto la lente mettiamo il Taurasi Naturalis Historia, un tributo all’opera enciclopedica realizzata da Plinio il Vecchio nel I secolo d.C. Si ottiene da un vigneto di circa cinquant’anni allevato a cordone speronato, con bassissime rese per ettaro, situato nella tenuta di Mirabella Eclano su terreni di origine vulcanica, a 400 metri di altezza.

Il clima continentale dell’area allunga i tempi di maturazione, pertanto la vendemmia si protrae tra l’ultima decade di ottobre e la prima di novembre. Dopo una rigorosa selezione in vigna, le uve sono portate subito in cantina e sottoposte a una vinificazione tradizionale in rosso, con una macerazione sulle bucce di circa 25 giorni a temperatura controllata tra 22 e 24 °C. In seguito, il vino riposa per 24 mesi in barrique di rovere francese, prima di affrontare l’affinamento in bottiglia per altri 30 mesi.

Manto carminio con riflessi granato, profondo e trasparente allo stesso tempo. Dopo un esordio di rosa canina, erbe officinali, confettura di mora e ciliegia candita, rinfrescato da tratti balsamici di eucalipto e anice stellato, si dirige su sentori di liquirizia, pepe nero, polvere di caffè e cioccolato fondente. L’assaggio, avvolgente ed equilibrato, non tradisce le aspettative: sfodera una mirabile morbidezza, intarsiata da tannini sapientemente cesellati e da un’interminabile sapidità, lasciando intravedere una lunga evoluzione nel tempo.

Da assaggiare in abbinamento con carni rosse in umido o alla brace, cacciagione e formaggi stagionati, mantenendo la temperatura di servizio intorno ai 18 °C.  

Taurasi Docg Naturalis Historia 2011 - Mastroberardino

Aglianico 100% - 14% vol.

In apertura, foto di Ilaria Santomanco