Alle pendici del Monte Bianco, Morgex e La Salle sono due piccoli comuni della Valdigne, nel quadrante occidentale della Valle d’Aosta.

In queste terre l’agricoltura ha rappresentato nei secoli la risorsa principale, prima che il turismo acquisisse il ruolo economico più rilevante. A rendere famosa la zona è anche il suo vitigno di riferimento, il Prié Blanc, una varietà in buona parte ancora a piede franco (ossia senza la necessità di essere innestata), perché i terreni sabbiosi e le condizioni ambientali impediscono alla dannosa fillossera di attecchire. Qui dimorano le vigne più alte d’Europa, situate ad altimetrie comprese tra 900 e 1200 metri, tuttora allevate con il sistema della pergola bassa, per raccogliere il calore incamerato dal suolo. Sono un vero patrimonio da preservare: rappresentano, infatti, gli unici 28 ettari di questa varietà esistenti al mondo. Un piccolo incremento potrebbe derivare nei prossimi anni dal rinnovato interesse dei viticoltori locali.

Nella storia recente del comprensorio si inserisce la figura di don Alexandre Bougeat, parroco di Morgex dal 1946 al 1972 (anno della sua scomparsa), ossia per 26 dei suoi 32 anni di sacerdozio. Fra i tanti meriti si annovera quello di aver insegnato ai suoi concittadini i primi rudimenti delle tecniche moderne di vinificazione e a coltivare le vigne in modo più razionale. Non si limitò a dare suggerimenti teorici: nel 1964 ristrutturò la cantina annessa alla canonica, realizzò le prime bottiglie del nuovo corso, incrementò la visibilità del piccolo areale e assicurò un futuro alla coltivazione del Prié Blanc.

Pur avendo condotto solo sette vendemmie, lasciò una traccia indelebile nella comunità locale, che ancor oggi lo celebra, attribuendogli il merito di aver risollevato le sorti del territorio e fortificato l’orgoglio contadino.

Fu amico personale di Luigi Veronelli, che gli dedicò il primo volume della collana “I Semi”, nata per omaggiare i grandi vignaioli italiani. Quando al giornalista fu chiesto quale vino avrebbe salvato nel caso di una catastrofe, la sua risposta, senza esitazione alcuna, fu: “Il Blanc de Morgex dell’abbé Bougeat”.

Si guadagnò anche una citazione da parte di Mario Soldati, che su Vino al Vino scrisse di lui: “L’unico a produrre ancora l’autentico vino bianco di Morgex”.

Oggi fortunatamente la situazione è cambiata; l’areale è presidiato da una Cantina Cooperativa, condotta in modo esemplare, e da diversi produttori indipendenti come Ermes Pavese, che con i suoi otto ettari vitati – numeri che altrove farebbero sorridere – è il più grande tra i viticulteurs-encaveurs locali.

Prima di avviare la sua cantina nel 1999, seguendo i preziosi consigli di Marziano Vevey, altro vignaiolo storico di Morgex, Ermes aveva svolto diversi lavori, tra cui il macellaio, ma era animato da una grande passione per la viticoltura, di cui conosceva anche gli aspetti più problematici. Per questo motivo non si è scoraggiato neppure quando, nel 2017, a causa delle condizioni climatiche avverse, ha perso il 99% della produzione, ma con spirito positivo ha realizzato un solo vino dall’evocativo nome di Unopercento, ossia la parte rimasta integra. (Oggi, grazie al cielo, non è più prodotto.)

Attualmente dalla cantina escono circa 40mila bottiglie all’anno, declinate su una decina di referenze, ottenute esclusivamente da Prié Blanc.

La spiccata acidità del vitigno si presta molto alla spumantizzazione, rappresentata da cinque tipologie di Metodo Classico, con differenti tempi di sosta sui lieviti (24, 36, 48, 60 e 120 mesi), e da un rifermentato in bottiglia senza sboccatura, l’Esprit Fou.

Tra i vini fermi spiccano due Blanc de Morgex et de La Salle vinificati in acciaio: uno è commercializzato in gioventù, mentre l’altro, ottenuto dal vigneto Le Sette Scalinate e dedicato allo zio Carlo Pavese, è proposto dopo due anni dalla vendemmia, solo in formato magnum. Per esplorare tutte le potenzialità del Prié Blanc si sta sperimentando la vinificazione in clyver di ceramica con il vino Esseme, mentre è collaudata da tempo la versione in legno, che porta il nome del figlio Nathan. La gamma si completa con un vino dolce, intitolato alla figlia Ninive, ottenuto da uve ghiacciate raccolte nel mese dicembre, quando la temperatura oscilla tra -5 e -10 °C, una sorta di icewine.

Sia Nathan sia Ninive collaborano attivamente in azienda.

Sotto la lente mettiamo Nathan, proveniente da vecchi ceppi di Prié Blanc di oltre 40 anni, adagiati su terreni sabbiosi e rocciosi tra i 900 e i 1200 metri di altezza. La vendemmia si svolge necessariamente a mano, tra l’ultima decade di settembre e la prima di ottobre.

Dopo un’accurata selezione, i grappoli, non diraspati, sono lasciati macerare per 48 ore a freddo a circa 5 °C e successivamente avviati a una pressatura soffice. La fermentazione avviene in piccole botti di rovere francese di diversi passaggi, con frequenti batônnage. Dopo un anno in legno, si procede con l’assemblaggio e la sosta in acciaio per 12 mesi. Segue un altro anno di affinamento in bottiglia.

Sfoggia una livrea paglierino intenso, con smaglianti riverberi dorati. Il quadro olfattivo è orientato in prevalenza su sentori di fieno essiccato, pesca sciroppata, cedro candito, seguiti da cenni di miele di castagno e nocciole tostate, fino a chiudere con ricordi di erbe di montagna e nuance iodate. Malgrado il tempo trascorso, il sorso è rinfrescante e giovanile, grazie a una calibrata dotazione alcolica in perfetto equilibrio con la marcata sapidità.

Servito a una temperatura di circa 12 °C, mette in luce la sua esemplare freschezza, in grado di accompagnare i salumi di montagna, come lo jambon de Bosses, oppure la fontina d’alpeggio di media stagionatura.

Valle d’Aosta Blanc de Morgex et de La Salle Doc Nathan 2019 – Ermes Pavese

Prié Blanc 100% – 13% vol.

In apertura, foto di Ilaria Santomanco