Sulle pendici dell’Etna, il vulcano attivo più alto d’Europa, prendono vita numerosi vini tra i più affascinanti e identitari d’Italia. La viticoltura in questa zona ha origini antichissime, risalenti a oltre duemila anni fa, ma negli ultimi decenni ha vissuto una rinascita straordinaria, attirando l’attenzione di enologi e appassionati. Oggi l’Etna è una delle aree vinicole più dinamiche d’Italia: piccole aziende e produttori di fama internazionale lavorano fianco a fianco per esprimere, in bottiglia, tutto il potenziale del territorio.
Qui è giunto anche Federico Graziani, uno dei personaggi più eclettici che animano il panorama del vino italiano.
Il suo esordio nel settore avviene nell’ambito della sommellerie, dove brucia tutte le tappe: giovanissimo frequenta i corsi dell’AIS e a soli 19 anni è già sommelier professionista, qualifica che gli permette di partecipare ai concorsi: nel 1998, appena ventitreenne, vince il titolo di Miglior Sommelier d’Italia. Con queste credenziali inizia a lavorare nei locali di grandi chef del calibro di Gualtiero Marchesi, Stefano Cavallini, Bruno Loubet e Carlo Cracco, per approdare infine alla corte di Aimo e Nadia, a Milano. Nel corso di quest’ultima esperienza, la famiglia Moroni gli consente di frequentare, contestualmente agli impegni di sala, la Facoltà di Viticoltura ed Enologia e di laurearsi, brillantemente, con il professor Attilio Scienza.
Durante una parentesi in ambito commerciale con una rinomata cantina della Campania, resta affascinato dall’areale dell’Etna, e qui avvia nel 2008 il suo personale progetto enologico: acquista nella località di Passopisciaro, tra le più vocate del territorio, un piccolo vigneto centenario di proprietà del macellaio del paese, salvandolo così dall’espianto. Da quel momento inizia una stretta collaborazione con l’enologo etneo Salvo Foti e il suo staff.
Con la vendemmia 2010 nasce Profumo di Vulcano, il suo primo vino, ottenuto da uve Nerello Mascalese, in prevalenza, e Nerello Cappuccio, con piccole aggiunte di Alicante e Francisi. Una quantità pressoché confidenziale di circa mille bottiglie, una sorta di vin de garage, tuttora rappresentante il vertice della produzione, che gli apre le porte dei più autorevoli ristoranti ed enoteche, non solo in Italia.
Attualmente l’azienda si compone di sette ettari di vigna, collocati in diversi areali lungo i versanti nord e nord-ovest dell’Etna, a un’altitudine tra i 600 e i 1200 metri, in un paesaggio di grande fascino ambientale, con un’incredibile variabilità climatica. Qui i terreni lavici, ricchi di minerali e microelementi, uniti alle forti escursioni termiche tra il giorno e la notte, donano ai vini una sorprendente finezza e grande complessità aromatica.
La forma di allevamento è quella tradizione ad alberello, con le singole piante sostenute da un palo di castagno e una geometria che esula dalla canonica disposizione su file parallele, in modo che ciascuna abbia più spazio per le radici, un migliore irraggiamento e una maggiore ventilazione.
La produzione supera di poco le 20mila bottiglie ed è articolata su quattro referenze: negli anni, infatti, a Profumo di Vulcano si sono affiancati Rosso di Mezzo, l’Etna Rosso vinificato esclusivamente in acciaio e un bianco dall’uvaggio insolito.

Sotto la lente mettiamo proprio Mareneve, l’unico bianco della gamma aziendale, proveniente dai vigneti a 1200 metri di altezza della contrada Nave, situata lungo il versante nord-ovest del vulcano, nei pressi di Bronte. Nelle vigne, di impianto molto più recente rispetto a quelle dedicate ai vini rossi, si alternano Carricante, il tradizionale vitigno etneo, una piccola quantità di Grecanico e altre varietà originarie dell’Europa centrale, tra Francia e Germania, come Riesling Renano, Gewürztraminer e Chenin Blanc.
Il protocollo di vinificazione prevede la fermentazione spontanea del mosto con i soli lieviti indigeni, evitando la fermentazione malolattica; il vino riposa per 18 mesi sulle fecce fini prima di essere imbottigliato, per concludere con l’affinamento in bottiglia per almeno 6 mesi.
Sfoggia un manto paglierino chiaro di spiccata luminosità, con nuance verdoline. Il ventaglio olfattivo si apre su sentori floreali di ginestra e rosa bianca, seguiti da tratti di frutti esotici, ananas e litchi su tutti, poi scorza di cedro e pesca bianca, per sfumare in un garbato effluvio minerale e iodato nel finale. Il sorso è ben bilanciato tra una garbata dotazione calorica, un’intrigante freschezza e un’incisiva sapidità, che incrementano la persistenza aromatica e lasciano presagire una lunga capacità di evoluzione. Perché Mareneve è un vino che intende sfidare il tempo.
Una temperatura di servizio intorno ai 12 °C mette in risalto ulteriormente le doti di freschezza, e lo rendono il compagno ideale per le pietanze a base di crostacei e frutti di mare. Da provare con un ricco couscous di pesce e verdure, dove sa dare il meglio di sé.
Terre Siciliane Igt Mareneve 2022 – Federico Graziani
Carricante 30%, Riesling Renano 25%, Gewürztraminer 25%, Chenin Blanc 15%, Grecanico 5% – 12,5% vol.
In apertura, foto di Ilaria Santomanco