Il destino di Gianfranco Fino e il suo percorso professionale sono probabilmente già segnati fin da quando varca per la prima volta il cancello dell’Istituto Agrario di Locorotondo, la scuola che ha formato fior di tecnici del settore. Terminati gli studi, esordisce in ambito olivicolo, diventando ben presto un consulente di riferimento nel Salento.

L’incontro con Luigi Veronelli segna l’avvio di una proficua collaborazione, che vede Gianfranco dapprima impegnarsi nella stesura del disciplinare di produzione per il progetto “L’olio secondo Veronelli” e in seguito assumere la responsabilità del team di degustazione come capo panel.

Il percorso dall’olio al vino non è breve, né immediato, ma il legame con il territorio d’origine lo spingono a esplorarne tutte potenzialità e le sfaccettature. È proprio il noto giornalista a incoraggiarlo verso il mondo del vino.

All’inizio del nuovo millennio acquisisce un vigneto storico di poco più di un ettaro, già impiantato con viti di Primitivo di oltre cinquant’anni allevate ad alberello: seimila ceppi con le radici ben salde nelle terre rosse dell’agro di Manduria.

Il Primitivo di Manduria Es già alla prima uscita, con solo 2600 bottiglie del millesimo 2004, vinificate in una piccola cantina a Talsano, scombussola le carte in tavola: sprigiona infatti una grandissima eleganza, contrariamente al consueto Primitivo potente ed esuberante, spesso usato proprio per irrobustire altri vini. Gianfranco, accreditatosi ufficialmente come vignaiolo di professione – e velista per passione, amante dunque della competizione e delle sfide –, inquadra subito un nuovo obiettivo: creare una piccola azienda agricola dove produrre non più di diecimila bottiglie all’anno, divise tra Primitivo e Negroamaro, l’altro fuoriclasse dell’enologia pugliese.

Il Primitivo è così chiamato per via della sua precocità di maturazione, mentre l’etimologia del Negroamaro è più curiosa: nello stesso termine si trovano infatti una parola latina (niger) e una greca (mavros), che significano entrambe “nero”, quindi Nero-nero. Secondo un’altra teoria il nome deriva dal dialetto salentino “niuru maru”, ossia “nero amaro”, alludendo al colore e al sapore. Il nome della varietà ha ispirato anche un gruppo musicale pop italiano, salito alla ribalta nei primi anni Duemila e tuttora in auge.

Il successo ottenuto in Italia e nei principali mercati internazionali rende necessaria una rimodulazione degli obiettivi: la gamma dei vini si allarga, fino a raggiungere le attuali cinque referenze, mentre la produzione si sposta in una cantina più ampia a Sava, mantenendo tuttavia una produzione limitata, intorno alle 30mila bottiglie, tutte declinate all’interno dell’Igt Salento.

Nel 2021, investendo anche sul fronte dell’accoglienza e dell’ospitalità, l’azienda inaugura una nuova struttura a Manduria: alla produzione vinicola si affianca un wine resort di grande fascino, immerso nei vigneti.

Sotto la lente mettiamo il Negroamaro Jo, come la prima sillaba di Jonio, il mare che lambisce le coste del Golfo di Taranto. Jonico è anche uno dei vari sinonimi con cui è conosciuto questo vitigno.

Diversamente dal Primitivo, le vigne del Negroamaro sono allevate a Guyot. La vendemmia si effettua intorno alla metà di settembre, con raccolta manuale dei grappoli in cassette, trasferiti rapidamente in cantina con mezzi refrigerati. Qui avviene la selezione attraverso il tavolo di cernita, dopodiché le uve diraspate sono avviate a una pigiatura soffice. Il mosto fermenta in acciaio a temperatura controllata, per preservare intatto il corredo aromatico, con macerazione sulle bucce per almeno due settimane. La fase di maturazione è condotta in barrique per nove mesi, seguita da altri dodici di affinamento in bottiglia.

Sfoggia un elegante manto carminio, fitto e impenetrabile. L’olfatto è pervaso da sentori di liquirizia, amarena candita, confettura di mora e fiori di lavanda essiccati, che fanno da preludio a note di erbe officinali e spezie dolci, cannella e vaniglia su tutte, fino a chiudere con un refolo iodato. All’assaggio si bilanciano potenza e armonia, grazie a un’avvolgente dotazione calorica perfettamente mitigata da un tannino setoso. La persistenza è appagante e duratura.

È un vino da accompagnare a cacciagione, selvaggina, carni rosse in umido e formaggi stagionati, da servire in ampi calici a una temperatura intorno a 16-18 °C.

Salento Negroamaro Igt Jo 2020 – Gianfranco Fino

Negroamaro 100% – 14% vol.

In apertura, foto di Ilaria Santomanco