“Chiunque veda Matera non può non restarne colpito, tanto è espressiva e toccante la sua dolente bellezza”: così scriveva nel 1952 Carlo Levi – l’autore di Cristo si è fermato a Eboli – a proposito della città dei Sassi. Una frase che sintetizza mirabilmente una storia millenaria di dolore e fatica, mitigati in parte dall’ingegnosa opera dei suoi abitanti.
Matera è infatti una delle città più antiche del mondo (si dice addirittura la terza per fondazione) e un luogo unico nel suo genere. Le sue grotte, scavate nella roccia calcarenitica e trasformate nei secoli in abitazioni, chiese rupestri e attività produttive di ogni genere, costituiscono un tesoro di inestimabile valore da conservare e tutelare. Anche per questo motivo i Sassi sono stati il primo sito del Sud Italia a essere dichiarato dall’Unesco, già nel 1993, Patrimonio dell’Umanità, e in seguito la città è stata nominata Capitale Europea della Cultura 2019.
Oggi Matera è un vivace centro culturale, in grado di coniugare il suo passato con un sorprendente fermento contemporaneo.
Dal 2005 Matera è anche il nome di una Denominazione di Origine Controllata, un riconoscimento che ha permesso di consolidare l’identità territoriale e il suo mosaico varietale articolato su undici tipologie, tra cui spiccano gli autoctoni Primitivo e Malvasia Bianca di Basilicata, seguiti da Aglianico, Greco, Sangiovese, con un tocco internazionale di Cabernet Sauvignon e Merlot. La zona di produzione comprende l’intero territorio provinciale, in un contesto pedoclimatico piuttosto complesso, che incide in modo significativo sui profili organolettici delle diverse tipologie di vino.
Si tratta di una delle denominazioni più giovani del panorama enologico nazionale, e per questo motivo ancora poco conosciuta dal grande pubblico, ma racchiude un potenziale qualitativo elevato e una storicità ben radicata. Infatti, già le popolazioni enotrie e lucane qui coltivavano la vite, sfruttando le favorevoli alture, che garantivano un clima ventilato e una buona esposizione solare. Con l’arrivo dei romani, la produzione di vino si sviluppò ulteriormente, diventando parte integrante dell’economia agricola locale.
Molto più di recente, in occasione della prima mostra enologica lucana, nel 1887, il medico Domenico Ridola, che cinque anni dopo sarebbe diventato sindaco della città, da viticoltore dilettante fu premiato con la menzione d’onore per un Primitivo annata 1885; l’etichetta è conservata nel Museo Archeologico Nazionale di Matera. La presenza del Primitivo non è per nulla casuale, data la continuità territoriale con la Puglia, in particolare con l’areale di Gioia del Colle.
Tra le aziende vitivinicole, la più radicata storicamente è quella della famiglia Dragone, risalente al 1882, anno in cui Antonio Dragone aprì la prima cantina nei pressi del Convento dei Domenicani, nel cuore storico di Matera. Intorno al 1920 l’attività si spostò nella struttura più funzionale di via San Biagio, dove nel 1955 con l’esordio dell’imbottigliamento dei vini nacque la prima etichetta, consentendo una maggiore riconoscibilità sul mercato.
La sede attuale si trova a una dozzina di chilometri dalla città, in contrada Pietrapenta: all’interno della tenuta di proprietà si trova la famosa Cripta del Peccato Originale, un luogo di culto benedettino di epoca longobarda, impreziosito da un ciclo di affreschi dell’VIII-IX secolo, e per questo definita la “Cappella Sistina dell’arte rupestre”. Alcuni suggestivi particolari di queste immagini campeggiano sulle etichette.


L’azienda è oggi seguita da Michele Dragone e produce circa 50mila bottiglie, con un potenziale produttivo più significativo, avendo a disposizione oltre venti ettari vitati.
All’interno di una gamma orientata prevalentemente sui vitigni tradizionali (Malvasia bianca di Basilicata, Greco, Aglianico e Sangiovese), il Primitivo recita un ruolo da protagonista, declinato in alcuni vini fermi di spiccata eleganza, in un pregiato vermouth e in un fragrante Metodo Classico rosé.
Completa il quadro un’eccellente produzione di olio extra vergine d’oliva, proposto in un blend dominato dall’Ogliarola del Bradano, la pregiata cultivar locale.
Sotto la lente mettiamo il Primitivo Pietrapenta, da vigneti situati a 265 metri di altezza, allevati a cordone speronato, con bassissime rese per ettaro. La vendemmia si effettua nella prima metà di ottobre, con raccolta manuale in cassetta. Dopo un’accurata cernita delle uve e la pigiatura, si procede con la macerazione sulle bucce per circa 10 giorni alla temperatura controllata di 25 °C per preservare intatto il corredo aromatico. La fase di maturazione si protrae a lungo in acciaio, con un passaggio di 12 mesi in piccole botti di rovere, cui segue un affinamento di 6 mesi in bottiglia.
Carminio scuro, luminoso e di spessore, con riflessi granato. Il ventaglio olfattivo è tratteggiato da nitidi sentori di violetta, succo di melagrana, confettura di mirtillo e fiori di camomilla essiccati, intervallati da cenni di cannella, pepe nero, liquirizia e mallo di noce, con un leggero refolo balsamico nel finale. Il sorso, caldo e avvolgente, è sostenuto da una raffinata tessitura tannica e da una calibrata acidità, che infondono piacevolezza all’assaggio. Chiude con una lunga persistenza, tra multiformi riverberi fruttati e speziati.
Da assaggiare in abbinamento con carni rosse alla brace, selvaggina in umido e formaggi stagionati, oppure con la pignata, il piatto tipico materano a base di carne di pecora, mantenendo la temperatura di servizio tra 16 e 18 °C.
Matera Primitivo Doc Pietrapenta 2020 - Dragone
Primitivo 100% - 13,5% vol.
In apertura e all'interno foto di Ilaria Santomanco