Tutti conosciamo Marsala perché a scuola abbiamo imparato ad associare la città siciliana allo sbarco di Garibaldi, alla guida dei Mille, l’11 maggio 1860. Per un appassionato di vino, il pensiero corre immediatamente a quello straordinario nettare fortificato che vi si produce. In realtà, a dispetto del nome, la zona di produzione è ben più ampia, poiché comprende l’intero territorio della provincia di Trapani, con la sola esclusione dell’isola di Pantelleria, del comune di Alcamo e di quello di Favignana, in cui ricade l’arcipelago delle Egadi.

Qui si produce vino da tempo immemorabile, ma è consuetudine indicare come data di nascita il 1773, con l’approdo di John Woodhouse, commerciante inglese di Liverpool, seguito negli anni successivi da altri connazionali. Da quel momento la storia di Marsala cammina di pari passo con quella del vino e dei suoi produttori, anche se, per vedere il primo nome italiano impresso sulle botticelle, si deve attendere il 1833, anno in cui Vincenzo Florio, imprenditore di origini calabresi, avvia la produzione nel suo baglio di Marsala.

Tra capo Lilibeo – il punto più occidentale dell’isola, che segna il confine marittimo fra il mare di Sicilia e il Tirreno – e punta San Teodoro si estende il cosiddetto Stagnone di Marsala, un’area protetta di circa duemila ettari decretata Riserva Naturale fin dal 1984. Si tratta della laguna più estesa del Sud Italia, con un ambiente di enorme interesse naturalistico e di grande suggestione paesaggistica. È separata dal mare aperto dall’isola Grande o Lunga, e racchiude le tre isolette di Mozia, Santa Maria e Schola. Di recente, persino il «New York Times» ha inserito il luogo tra le migliori destinazioni al mondo da visitare.

In questo contesto di spiccato valore storico e ambientale si inserisce il progetto Salt West, nato per volontà dei tre Master of Wine italiani Gabriele Gorelli, Andrea Lonardi e Pietro Russo. Una sorta di manifesto per favorire il recupero e il rilancio dello Stagnone anche dal punto di vista vitivinicolo. Nel 2022 non si sono fatti sfuggire l’opportunità di acquistare un vigneto di quarant’anni, di circa un ettaro, così da verificare le potenzialità dell’areale direttamente sul campo. Nell’impianto era già presente il Grillo, il vitigno attualmente più apprezzato in zona, una varietà che nessuno dei commercianti inglesi ebbe la possibilità di utilizzare, poiché questo incrocio fra Catarratto e Zibibbo fu realizzato solo nel 1874 a Favara, nell’Agrigentino, dal barone Antonio Mendola, stimato ampelografo. Lo battezzò Moscato Cerletti in onore dell’illustre collega Giovanni Battista Cerletti, all’epoca direttore della Stazione Enologica Sperimentale di Gattinara, e più tardi tra i fondatori della Scuola Enologica di Conegliano, la prima in Italia.

I tre Master of wine. Nella foto, seduti da sinistra: Pietro Russo, Andrea Lonardi e Gabriele Gorelli

Le informazioni sul Grillo le ricaviamo direttamente da uno scritto del suo ideatore, datato 1904: “Ibridai il Catarratto comune di Sicilia collo Zibibbo, per ottenere un ibrido colle virtù miste dell’uno e dell’altro progenitore, per potere fabbricare un Marsala più aromatico”. Di fatto, voleva coniugare in una sola varietà la struttura del Catarratto con l’eleganza e l’aromaticità dello Zibibbo.

Con queste premesse, non è da escludere che in futuro si possa pensare al 2022 come l’anno della rinascita del comprensorio, con i nomi di Gabriele Gorelli, Andrea Lonardi e Pietro Russo scolpiti nella memoria collettiva quali artefici di una nuova pagina della storia di Marsala.

Sotto la lente mettiamo il loro primo vino, prodotto nella vendemmia 2023 in sole 4170 bottiglie: si chiama Officina del Vento ed è realizzato esclusivamente con l’uva Grillo.

Il vigneto è pressoché pianeggiante, con una spettacolare vista sull’isola di Mozia. Una discreta disponibilità di acqua dolce nel sottosuolo preserva le viti dallo stress idrico. Dopo la vendemmia, effettuata nella seconda metà di agosto, la vinificazione è stata condotta prevalentemente in acciaio, con solo una piccola parte in barrique, per mantenere il timbro varietale originale.

Il manto giallo paglierino tenue è ravvivato da rapidi riflessi dorati. Il ventaglio olfattivo, con l’agrume protagonista, è impreziosito da note floreali di tiglio, cenni di salvia e timo, e refoli iodati in chiusura. È tanto elegante e garbato nelle sue emanazioni odorose, quanto incisivo e diretto al palato, solo apparentemente esile, dove una calibrata dotazione alcolica, unita a un’interminabile matrice salina, rende la beva fresca e disinvolta.

Servito alla temperatura di circa 12 °C mette in evidenza la sua vibrante sapidità, rendendolo un valido complemento su una gamma di pietanze molto ampia, in particolare se si vuole mitigare la tendenza dolce di alcuni alimenti, come ad esempio i crostacei.

Sicilia Grillo Doc 2023 – Officina del Vento

Grillo 100% – 13% vol.

In apertura, foto di Ilaria Santomanco; la foto all’interno è di Massimo Zanichelli