A proposito dell’Albana l’insigne agronomo Pier de’ Crescenzi scriveva nella prima metà del Trecento: “Questa maniera d’uva è avuta migliore di tutte le altre a Forlì e in tutta la Romagna”, individuando in modo preciso l’areale di riferimento. Da allora non è cambiato molto: in questo ambito geografico il vitigno ha trovato la sua massima e pressoché unica zona di elezione in Italia.
Nel 1967 nasce la Doc Albana di Romagna; vent’anni dopo, con il nome di Romagna Albana, è il primo vino bianco in Italia a ottenere la Docg. Mantiene tutte le tipologie del precedente disciplinare, ossia secco, amabile, dolce e passito, mentre la nuova versione spumante è rivendicabile solo come Doc. Questa versatilità del vitigno la dice lunga sulla sua caratura e sulle molteplici declinazioni a cui si presta. La zona di produzione ricade su sette comuni in provincia di Bologna, dieci in provincia di Forlì-Cesena e cinque in quella di Ravenna.
L’azienda Tre Monti viene fondata sulle colline di Imola nei primi anni Settanta da Sergio Navacchia con la moglie Thea. L’iniziale proposito di produrre poche bottiglie di vino per la famiglia e per gli amici si trasforma ben presto in un progetto enologico di ampio respiro, grazie anche alla collaborazione di consulenti di riconosciuta esperienza in vigna e in cantina.
Oggi l’attività è seguita dai figli David e Vittorio, che dopo la scomparsa dei genitori si dedicano con lo stesso impegno alla ricerca e alla sperimentazione. Ai vitigni tradizionali, come Albana, Trebbiano e Sangiovese, sono state affiancate nel tempo alcune varietà internazionali, per avere un panorama più ampio sulle potenzialità delle colline romagnole.
I circa cinquanta ettari vitati, coltivati in biologico, sono suddivisi in parti quasi uguali tra il Podere di Bergullo sulle colline imolesi, con terreni argillosi-limosi, ideali per le uve bianche, e il Podere di Petrignone sulle colline forlivesi, con terreni argillosi-sabbiosi e presenza di ciottoli, particolarmente adatti alla coltivazione del Sangiovese. La produzione complessiva di circa 250mila bottiglie comprende una ventina di referenze, due vinificate in anfora, pratica nella quale i Navacchia sono stati pionieri in Romagna.

Sotto la lente mettiamo il Vitalba, nato quasi per scommessa nella vendemmia 2013 e diventato oggi il bianco di riferimento, con una produzione media di 9mila bottiglie. La vinificazione è condotta in anfore georgiane, chiamate kwevri, un metodo che si addice particolarmente all’Albana, caratterizzata da un’elevata dotazione di antiossidanti sotto forma di polifenoli. Le anfore, inoltre, si rivelano un potente acceleratore e concentratore per la maturazione del vino, senza interferire sul profilo varietale.
Le uve provengono da un vigneto di oltre quarant’anni situato nel podere di Imola, a un’altezza di circa 100 metri, allevato a capovolto con una densità di 4500 piante per ettaro, su terreni prevalentemente argillosi. La vendemmia avviene nella prima settimana di settembre, dopodiché la vinificazione è attuata in anfore da 470 litri senza aggiunta di lieviti selezionati e senza il controllo della temperatura, con una macerazione sulle bucce che si protrae fino a 120 giorni, seguita da una lunga maturazione a contatto con i lieviti.
Il manto dorato intenso e luminoso anticipa un ventaglio olfattivo generoso e articolato, in cui si colgono agrumi canditi, albicocca disidratata, fiori di acacia leggermente essiccati, erbe aromatiche (salvia e rosmarino su tutte) e zenzero, con un refolo di miele di castagno e cera d’api nel finale. Il sorso è altrettanto ricco e dinamico: l’avvolgente morbidezza tiene a bada la lieve astringenza, caratteristica del vitigno, e la vibrante freschezza, per proseguire su un finale dominato da una lunga scia sapida.
Servito non troppo freddo, intorno ai 14 °C, si abbina a sapori decisi o un po’ speziati. Qualche esempio? Un flan di asparagi con scaglie di formaggio di fossa, oppure un risotto con gamberi, curcuma e finocchietto.
Romagna Albana Secco Vitalba Docg 2023 – Tre Monti
Albana 100% – 14,5% vol.
In apertura, foto di Ilaria Santomanco