Da qualche anno in Italia è aperto un dibattito tra chi sostiene il tappo di sughero tradizionale e chi l’innovativa chiusura a vite, per sigillare le bottiglie di vino. Senza addentrarci negli aspetti tecnici, i primi invocano soprattutto la ritualità della stappatura, pur consapevoli di esporsi al rischio di percepire il “sentore di tappo” o di assaggiare vini con caratteristiche differenti quando la forbice del tempo si allarga. Sull’altro versante si fa leva sulla praticità e sull’efficienza del tappo a vite, che ormai sigilla quattro bottiglie su dieci a livello mondiale, con standard che assicurano prodotti pressoché identici anche dopo anni dall’imbottigliamento. A livello europeo, in Italia, Francia e Spagna – ossia i primi tre produttori di vino al mondo – sul tappo a vite si registra ancora un po’ di ritrosia, mentre è pressoché sdoganato in Paesi come Germania e Austria.

Fervente sostenitore dell’utilizzo del tappo a vite, Franz Haas è stato tra gli ispiratori, insieme ad altri colleghi del calibro di Silvio Jermann, Graziano Prà, Pojer e Sandri e Walter Massa, di un’aggregazione spontanea di produttori, accomunati dall’ironica definizione “Gli Svitati”, con l’obiettivo di divulgare i vantaggi di questo tipo di chiusura e combattere i pregiudizi ad esso connessi.

La prematura scomparsa, nel 2022, gli ha impedito di assistere agli sviluppi dell’attività di sensibilizzazione, ma il suo contributo alla causa resta tangibilmente vivo nella gamma aziendale, dove tutte le referenze sono sigillate con il tappo a vite, grazie a un’esperienza più che trentennale. È stato anche uno dei più autorevoli interpreti del Pinot Nero, di cui era un profondo conoscitore grazie alle oltre cinquecento declinazioni realizzate nel suo lungo percorso aziendale. Ha sempre mostrato una spiccata attenzione per l’ecosistema del suo territorio, l’Alto Adige, e un interesse particolare nei confronti dei cambiamenti climatici. Non meraviglia, dunque, che sia stato uno dei primi a piantare viti ad altitudini elevate, ben al di sopra dei mille metri, traendone da subito ottimi risultati.

La cantina, fondata nel 1880, da otto generazioni viene tramandata al primogenito di famiglia, il quale, oltre all’incombenza di guidare l’azienda, è investito della responsabilità morale di portare lo stesso nome dei suoi predecessori: Franz.

Attualmente, da una superficie vitata di circa 60 ettari si producono circa 450mila bottiglie all’anno, in un’ampia gamma dominata dai vitigni in purezza. In Alto Adige, infatti, per tradizione consolidata la maggior parte dei vini è ottenuta da un solo vitigno o tutt’al più dall’uvaggio di un paio di varietà. Conferma questa circostanza il disciplinare di produzione dei vini Doc, che consente l’utilizzo di una ventina di singole varietà, declinate in un numero infinito di tipologie, tra riserve, spumanti, vendemmie tardive e passiti.

Sotto la lente mettiamo Manna, l’eccezione che conferma la regola, poiché si ottiene da un uvaggio di ben cinque varietà (Riesling Renano, Chardonnay, Gewürztraminer, Kerner e Sauvignon). Il nome non ha alcun riferimento biblico o botanico: Manna è il cognome della moglie Maria Luisa, a cui Franz ha dedicato il vino fin dal suo esordio nel 1995. Le prime edizioni prevedevano quattro vitigni, ma dal 2013 è stata aggiunto il Kerner diminuendo le percentuali di Riesling e Gewürztraminer.

Le vigne di provenienza sono adagiate su terreni di natura differente tra loro (di origine dolomitica, porfirica, sabbiosa e marnosa), a un’altitudine compresa fra 350 e 800 metri. I distinti periodi di maturazione delle uve impongono raccolte diversificate e vinificazioni separate. Riesling, Gewürztraminer e Kerner fermentano poi in acciaio, mentre Chardonnay e Sauvignon in barrique. Al termine della fermentazione le varie partite sono assemblate, con una sosta sui lieviti di circa dieci mesi, prima di affinare in bottiglia ancora per qualche mese.

Paglierino intenso e luminoso con profondi intarsi dorati. Il ventaglio olfattivo si apre su sentori di mango, litchi, frutto della passione, sciroppo di sambuco e petali di rosa bianca, con suggestioni di rosmarino e pepe bianco. Il palato è morbido, avvolgente e mantiene in chiara evidenza, nel finale di lunga progressione il brio sapido e rinfrescante del terroir montano.

Il sapiente equilibrio tra vitigni aromatici e parzialmente aromatici lo rende un eccellente complemento della cucina orientale, soprattutto quando dominano le spezie. Servito alla temperatura di circa 12 °C, accompagna alla perfezione, ad esempio, gli scampi al curry.

Manna Vigneti delle Dolomiti Igt 2022 – Franz Haas

Riesling Renano 40%, Chardonnay 20%, Gewürztraminer 15%, Kerner 15%, Sauvignon 10%  – 13,5% vol.

In apertura, foto di Ilaria Santomanco