Un extra vergine 5.0? È davvero possibile o è un miraggio? Quel che è emerso a gran voce dal convegno voluto, promosso e organizzato da Unifol, l’Unione Italiana delle famiglie olearie, è la necessità e urgenza di innovare il contesto che ruota attorno al prodotto olio extra vergine di oliva. L’olio in sé, è diverso, è decisamente migliore, di qualità più elevata, sia per il contenuto in componenti preziosi per la salute, sia per gli aspetti più propriamente edonistici: il piacere di avere a che fare con oli caratterizzati da profumi, sapori e aromi peculiari e unici non era così scontato in passato. Ora la qualità è anche più longeva.

La novità che è emersa da un’indagine commissionata da Unifol, e che ha esplorato il subconscio del consumatore alla ricerca dei suoi fabbisogni più latenti, è che i numeri e i dati emersi sono decisamente preoccupanti e destano grande allarme. Come ciò sia possibile nonostante i grandi passi in avanti del mondo della produzione in realtà non è un mistero. Il fatto è che la comunicazione fatta fino ad oggi – come hanno espresso i commenti scaturiti dall’incontro – è stata – virgolettiamo per riportare fedelmente le parole di Unifol – “insufficiente, vaga e spesso irrilevante”. E allora, che si fa?  Si lascia correre o si reagisce?

“Noi vogliamo creare valore. Per farlo, è necessario riformulare il linguaggio e i contenuti della comunicazione”, ha annunciato Giuseppe “Pippo” Vacca, il presidente di Unifol.

Partiamo dal quadro emerso dall’indagine. Basandosi su un’analisi quantitativa a partire da un campione di 1.500 consumatori acquirenti di olio extra vergine di oliva presso la Grande distribuzione organizzata, e da una analisi qualitativa effettuata su un campione di 117 consumatori per oltre 1700 conversazioni, “è emersa da un lato fiducia, perché gli extra vergini si sono confermati un caposaldo dell’alimentazione, della salute, della cucina e della cultura, ma una persona su due per contro ammette di non conoscere il prodotto e di sceglierlo istintivamente”.

C’è, insomma, una scarsa conoscenza del prodotto in sé, come pure dello stesso mondo produttivo. Risulterebbe un deficit in fatto di chiarezza nella comunicazione, oltre a una incompletezza delle etichette e una scarsa capacità delle stesse nel rassicurare e valorizzare la qualità.

“La qualità e le differenze tra gli extra vergini restano un tabù”, ribadisce il presidente Vacca. “Il consumatore ammette la sua incompetenza, e nonostante i migliori extra vergini possano disporre di fatto di claims nutrizionali specifici da poter spendere a vantaggio di una comunicazione valoriale, alla prova dei fatti non è così: il linguaggio segnatamente scientifico, inutilmente gergale – ribadiosce Vacca – è giudicato poco chiaro, con il rischio addirittura di allontanare i consumatori”.

Un vero e proprio paradosso: “poter disporre – chiarisce il direttore Unifol Mauro Meloni –  di extra vergini dotati di una sensorialità complessa e articolata, da declinare in molteplici impieghi, anche inediti rispetto al passato, e non poter fruire di alcun vantaggio utile ai fini del commercio nell’orientare a un livello più alto le scelte dei consumatori, rendendole consapevoli e più motivate”.

In che cosa consiste questo paradosso in chiave negativa? “Noi possiamo produrre degli oli ricchi in antiossidanti e dall’alto valore nutrizionale, ed essere artefici di extra vergini fonte di benessere, senza che i consumatori ne siano di fatto a conoscenza, perché non vi sono strumenti per fornire informazioni utili. Tutto qui.”

Cosa chiedono i consumatori?  “Chiedono linguaggi semplici”, interviene Pippo Vacca, il presidente Unifol. “Chiedono concetti chiari, parole comprensibili e informazioni che siano propedeutiche al fine di apprendere le differenze e le caratteristiche più virtuose degli oli extra vergini di oliva. Dietro alle parole amaro e piccante, i consumatori provano disagio, mentre gli addetti ai lavori hanno una idea differente, e allora è necessario chiarire, per evitare che tali attributi positivi risultino nei fatti disincentivanti e scoraggianti per i consumatori”.

A Palazzo Montemartini a Roma erano presenti alcuni tra i più importanti protagonisti del settore. I quattro panel che si sono succeduti hanno affrontato temi cruciali riguardanti l’area istituzionale, il mercato, il valore e la difesa della qualità e, nondimeno, la grande e a volte scomposta e irrazionale competizione all’interno del settore.

Sono intervenuti tra gli altri gli associati Unifol Desantis, Farchioni, Monini e Pantaleo, e poi Roberto Romboli del gruppo D.IT, Massimo Lucentini del gruppo Todis, Abderraouf Laajimi del Consiglio oleicolo internazionale,  Massimiliano Giansanti del COPA,  Marco Riccardo Rusconi dell’AICS, Soledad Serrano López di QvExtra!, Maurizio Servili dell’Università di Perugia, Valentina Giovannini della Camera di Commercio italiana in Canada, Beniamino Tripodi della Pieralisi, Michele Stillavati della Amenduni, Valentina Cardone di Chemiservice,  Giulio Scatolini di Acap e Angelo Faberi dell’Icqrf. Ai vari panel hanno preso parte anche illustri rappresentanti della politica, tra i quali l’europarlamentare Camilla Laureti, la senatrice Gisella Naturale e il deputato Marco Cerreto.

I rappresentanti delle grandi marche e dei gruppi distributivi presenti al panel hanno concordato sulla necessità di osare di più, così da andare oltre e differenziare gli oli Evo in commercio, innovandone linguaggio e categoria così da segmentare il mercato. “Ci vogliono regole più flessibili, adeguate ai tempi, che permettano di narrare i traguardi delle qualità raggiunte dagli oli Evo”, ha concluso Mauro Meloni, che di Unifol è il direttore generale.

Su questa linea si è espresso anche il panel istituzionale, all’interno del quale è emersa la consapevolezza della necessità di ripensare il modello di comunicazione in etichetta, così da poter ospitare le informazioni utili ai consumatori aiutandoli a compiere scelte più consapevoli, senza con ciò farne il bugiardino come per i farmaci.

La valorizzazione passa anche attraverso il contrasto delle pratiche sleali e una più adeguata regolamentazione del sottocosto a livello europeo, i cui effetti sul valore di un prodotto incompreso come l’extra vergine è deleterio. Quando i vari Paesi saranno in grado di avanzare proposte di revisione delle norme, il Coi sarà pronto a fare la sua parte.

La raccomandazione unanime del panel della qualità è per i legislatori: migliorare la normativa in modo da produrre un effetto positivo a beneficio del consumatore che potrà così apprezzare e comprendere il valore salutistico e organolettico dell’olio Evo di qualità, in linea con quanto si sta già adottando in Europa su altre matrici alimentari.

Il panel sulla competizione ha sottolineato a sua volta quanto il panorama produttivo globale sia in forte mutamento tanto da ridisegnare in futuro la geografia, la competizione e le alleanze tra paesi produttori. Occorre interpretare per tempo le dinamiche competitive, migliorare la conoscenza e la professionalità degli operatori per essere in grado di anticipare le tendenze dei mercati vecchi e nuovi, creare nuove alleanze e sfide competitive con un’ottica ai presumibili cambiamenti negli stili di alimentazione delle nuove generazioni.

Il presidente Giuseppe “Pippo” Vacca chiudendo i lavori nel ringraziare i presenti ha rinnovato la totale disponibilità e collaborazione dell’Unione italiana delle famiglie olearie con tutti i portatori di interesse del settore per pervenire a una proposta condivisa sulle riforme normative urgenti da mettere a terra, ribadendo la ferma intenzione di cooperare anche con i partner europei che condividono l’urgenza di un cambio di passo per creare valore nel segmento dell’olio extra vergine di oliva.

In apertura, foto di Olio Officina