Come nasce una impresa olearia, e come sopravvive
Tutto quel che serve sapere intorno al giusto approccio con il mercato. Dalle peculiarità della distribuzione ai principali driver di acquisto. Cosa fanno intanto le aziende e cosa i food buyer di Gdo e Dettaglio tradizionale? E quale sarebbe il profilo del venditore ideale per un’azienda che si rivolga principalmente al dettaglio tradizionale? E poi, soprattutto, in tutto ciò: come reagiscono i consumatori?

Proponiamo ai lettori di Olio Officina iIl racconto di chi ci ha provato, partendo da un cognome importante che con la Olio Sasso ha fatto la storia dell’olio in Italia e nel mondo e che ora, da ormai cinque anni, due dei quali in semilibertà da Covid+, è tornato in pista con un progetto molto ambizioso, tutto improntato sull’alta qualità. Risultato? “Mai prendere una decisione sull’onda delle emozioni”. Il mercato dell’olio da olive è spiazzante. Eppure, Guido Novaro non si improvvisa imprenditore. Tutto è partito dalla pubblicazione di un libro dal titolo emblematico: Liscio come l’olio. Pubblicazione edita da 1000eunanotte nel 2018.

Guido Novaro
COSA HO IMPARATO IN CINQUE ANNI DA IMPRENDITORE NEL MERCATO DELL’OLIO DI OLIVA, DUE DEI QUALI IN SEMILIBERTÀ DA COVID+?
“Mai prendere una decisione sull’onda delle emozioni”.
Mi chiamo Guido Novaro e nel 2019 ho fondato Guido1860, una società che ha, nella sua visione, il mettere a punto e proporre a un pubblico appassionato di cibo, di cucina, di tradizioni alimentari italiane, prodotti di alta qualità, in grado di soddisfare appieno la sua passione per il buon cibo, e per un’alimentazione sana.
E sin qui, come direbbe il più giovane dei miei figli, il ventenne Tommaso, “ci sta”, in fondo siamo la terra del “bengodi” riconosciuta in tutto il globo in relazione alle produzioni enogastronomiche e alla cucina; siamo la nazione dalla maggiore biodiversità di cultivar agricole e della conseguente molteplicità di prodotti alimentari che ne derivano.
Il nostro “Made in Italy” in fatto di alimenti è una garanzia di successo all’estero e, sempre all’estero, un certo tipo di possibilità di storytelling familiare che, senza meriti, mi sono trovato addosso, può essere un driver facilitatore e interessante.
Fu proprio a causa di quello storytelling che appena qualche anno prima aveva visto la sua sintetica descrizione nel mio primo romanzo autobiografico, Liscio come l’olio, che, in preda a una visione e a un pensiero molto vissuto sulle ali dell’emotività, presi la decisione, assieme a un caro amico, di fondare la società: Guido1860, oli di oliva eccellenti e prodotti ad essi correlati oltre a una linea, la Gourmet Excellence, dedicata a innovazioni di prodotto e a prodotti piuttosto ricercati e particolari da proporre ai super golosi.
Quello stesso storytelling, o per dirla in italiano, storia e tradizione famigliare, mi aveva portato verso una prima leggerezza, ovvero considerare che la cultura sull’olio extra vergine di oliva e la tradizione alimentare che nel tempo era stata costruita intorno a lui, appartenesse, come a me, anche all’universo dei consumatori, pure a quelli meno interessati alle peculiarità e caratteristiche degli alimenti e non solo ai golosi o appassionai di cibo e di cucina.
Un errore di valutazione madornale.
IL MERCATO DELL’OLIO EXTRA VERGINE È UN MERCATO IPER COMPETITIVO E AFFOLLATO DA PROTAGONISTI, CON UN MINIMO COMUN DENOMINATORE: LA SCARSA CONOSCENZA E CULTURA SUL PRODOTTO, SIA DA PARTE DELLA DISTRIBUZIONE, SIA DA PARTE DEL CLIENTE FINALE.
Il mercato dell’olio di oliva, ed evidentemente non solo quello, è composto da individui che con i loro comportamenti, abitudini e attitudini determinano gli aspetti attraverso i quali, i sociologi, descriveranno questa società un domani.
Per i sociologi, è un tema di osservazione elaborazione e descrizione a posteriori, mentre per noi operatori, il tema è davvero molto pressante e necessita di una velocissima capacità di comprensione e di adattamento agli stili di vita e di consumo.
Ritengo, alla luce del mio vissuto ad oggi, che noi operatori ci si trovi di fronte a una società che si muove e vive rapidissimamente, una società per la quale il minuto di tempo viene percepito non più composto da 60 secondi, bensì da meno di 15 e questo comporta la necessità di procedere nel nostro quotidiano correndo, con poco, pochissimo tempo per approfondire, per valutare, per decidere.
Le decisioni vengono prese, le opinioni si formano, sulla base di informazioni che rimangono perlopiù a livello superficiale e difficilmente approfondite a sufficienza; tali informazioni vengono trasmesse in massima parte dalle immagini: viviamo di immagini e di immagine!
Creiamo le nostre opinioni, ci ancoriamo alle nostre convinzioni, perlopiù sulla base delle immagini e qualora leggessimo un giornale, rischieremmo di accontentarci, nella migliore delle ipotesi, di due righe di testo tra titolo e occhiello.
La cultura dell’immagine, o assimilata “per immagini”, sta trasformando questa società. Resta poco spazio per l’approfondimento di qualsivoglia tema e si vive e si dibatte sulla base di slogan.
Questi sono, secondo me, alcuni assunti che vanno tenuti ben presenti per comprendere la poliforme realtà del mercato nel quale ci troviamo a operare.
DISTRIBUZIONE E CONSUMO, IL MERCATO DELL’OFFERTA E DELLA DOMANDA
Peculiarità della distribuzione e principali driver di acquisto
Senza avere la pretesa di essere un tecnico ricercatore di mercato, e probabilmente rischiando pure di sembrare piuttosto un tal signore de La Palice, identifico il nostro settore così come segue.
Inizierei a suddividere il mercato del consumo di olio extra vergine di oliva partendo dal cosiddetto “bisogno”.
A questo bisogno, però, corrispondono due atteggiamenti differenti verso il prodotto.
- Coloro che lo considerano una “commodity”, e sono la maggioranza nel Paese, per i quali l’olio non è altro che un componente necessario in cucina, ma che nella loro mente è posizionato alla stessa stregua del sale, dello zucchero o dell’aceto: “serve, perché senza, non posso cucinare”.
- Questa quota di consumatori, se interrogati rispetto al mondo che sta dietro al prodotto olio da olive – caratteristiche chimiche, organolettiche, provenienza, tipologie e significati – rispondono con un sorriso perlopiù imbarazzato, e si scopre che, nella migliore delle ipotesi, hanno vaghe idee e poco precise; i più avveduti lo descrivono come importante driver d’acquisto, sempre dopo il prezzo, la notorietà della marca e il fatto che sia un prodotto italiano e si affidano totalmente alla marca dell’insegna distributrice per il suo ruolo di “selezionatrice” e di “garanzia” della qualità intrinseca dei prodotti.
- L’attenzione, nella fase di acquisto a scaffale, è concentrata sul prezzo, sulle offerte / sottocosto che la sigla potrebbe proporre e valuta questi aspetti in relazione alla marca che, grazie alla sua notorietà e identità costruita nel tempo, potrà, forse, far propendere l’atto di acquisto verso sé stessa piuttosto che verso un prodotto a prezzo minore, ma questo probabilmente a malincuore.
- Ecco l’effetto prodotto da politiche commerciali che nel tempo hanno relegato quel che considero un “miracolo della natura” a una commodity alimentare”.
- Infine, vi sono coloro che considerano l’olio extra vergine di oliva un prodotto con un ruolo importante nell’utilizzo quotidiano per l’alimentazione della famiglia, e preferiscono acquistarlo nei negozi del dettaglio alimentare, dove magari possono avere migliori rassicurazioni da parte del dettagliante rispetto al prodotto (qualità, origine, usi, etc.), nei confronti del quale vi è una disponibilità ad “investire” un poco di più.
Questa quota di consumatori, rispetto alle stesse domande sul mondo dell’olio da olive, possiede qualche informazione in più; ad esempio ha molto chiaro che il loro olio è 100% italiano e che “l’altro” è invece di altra provenienza, alcuni parlano di “spremitura a freddo”, ma grattando la superficie di questa affermazione, non sanno restituire il beneficio di tale modalità di produzione, così come “nebbia in val Padana”, se si domanda il significato e le caratteristiche di “olio non filtrato”, rispetto a quello filtrato, pochi, pochissimi se interrogati sulle qualità salutistiche in termini di antiossidanti, antiinfiammatori, vitamine D, azione sui colesteroli eccetera, dimostrano di avere consapevolezza delle stesse, per non parlare degli aspetti organolettici dei diversi olivigni e degli effetti che questi possono generare in termini di condimento a crudo su differenti tipologie di piatto della cucina.
LA POCA CULTURA SUL PRODOTTO, UN MINIMO COMUNE DENOMINATORE CHE UNISCE I CONSUMATORI FINALI, MA UNA LUCE IN FONDO AL TUNNEL SEMBRA INTRAVEDERSI, SEMPRE CHE NON SIA UN TRENO.
E i buyer?
- Analizzando i food buyer di entrambe le tipologie di distribuzione: GDO e Dettaglio Tradizionale che nel secondo caso corrisponde con la figura del titolare del negozio, mentre nel primo in quella di un professionista, mi sento di poter confermare che la poca cultura sul prodotto continua ad essere il minimo comune denominatore della categoria merceologica
Rispetto alla cultura e all’attenzione alle caratteristiche del prodotto olio extra vergine di oliva da parte dei food buyer posso portare solo una piccola esperienza in termini numerici, e quindi poco significativa in termini statistici, ma per quanto da me vissuto, e per quanto sentito da parte degli operatori miei competitor, non ho potuto certamente riscontrare una grande consapevolezza sulle intrinseche caratteristiche del prodotto.
La Grande Distribuzione Organizzata sino a poco tempo fa comprava, ma secondo me compra ancora oggi, basandosi sul prezzo più che sul prodotto: perlopiù prezzo, per l’80% della valutazione del food buyer; e prodotto, per il restante 20%, nella migliore delle ipotesi.
Ovviamente, tutti noi sappiamo qual è il costo per riuscire a ottenere un prodotto anche solo dignitoso, e tutti noi ci chiediamo sovente come sia possibile che il mercato offra prodotti “dignitosi”, come li intendiamo noi amanti del buono, orgogliosi del proprio nome, avversi alla sofisticazione, attenti alla qualità e a certi prezzi.
Tornando al consumatore finale notiamo che un’ampia parte del mercato, rappresentata dai clienti della Gdo per i loro acquisti alimentari e quindi anche di oli da olive, di fatto conosca pochissimo il senso delle descrizioni presenti in etichetta: non conosce il significato di cultivar e di conseguenza non immagina le differenti possibili caratteristiche organolettiche e le differenti tipologie di olio, non ne conosce i principi anti ossidanti, anti infiammatori etc. Rispetto alle retro etichette, penso abbiano lo stesso atteggiamento che tutti noi abbiamo nei confronti del testo del nostro contratto RC auto.
L’altra faccia della luna della distribuzione è rappresentata dalla Distribuzione al dettaglio o Dettaglio tradizionale, che oggi è composto da negozi che sono nati da diverse specializzazioni. Abbiamo infatti negozi di pasta fresca, panetterie, macellerie, fruttivendoli, oltre a gastronomie che hanno allargato la loro offerta e che hanno inserito l’olio extra vergine di oliva, tra le referenze presenti in esposizione.
La clientela di tale segmento di distribuzione dimostra certamente maggiore attenzione verso la qualità dei prodotti acquistati, e ha certamente una maggiore capacità di spesa, ma se interrogata sulle caratteristiche di un olio extra vergine, anche in questo caso tentenna nel fornire risposte corrette e precise.
Interrogati sul tema olio extra vergine di oliva, ecco di seguito alcune frequenti risposte.
Qualcuno ritiene l’olio extra vergine “non filtrato” sia il massimo della qualità disponibile, immaginando che il prodotto sia lavorato “come una volta” e sia quindi più sano, più salubre e più ricco. Io la chiamo la sindrome da Mulino Bianco.
Altri consumatori lo acquistano solo quando hanno finito la latta acquistata in viaggio, direttamente dal frantoio, o che hanno trovato sulla loro strada, e di conseguenza, quello che era un olio straordinario, un po’ piccante e amaro, ma profumatissimo. Ebbene, questa categoria di consumatori la definisco come quella che esplora “a proprio rischio e pericolo”.
Pochi richiedono, ma forse solo in quanto lo danno per scontato, che il prodotto sia 100% italiano, poco importa se blend o monocultivar.
Insomma, cambiano i profili della clientela, ma resta un tema comune: la mancanza grave di cultura sul prodotto, in tutti i sensi, sia verso le caratteristiche intrinseche dell’olio extra vergine, per non parlare di quelle che possono rendere un singolo olio extra vergine più adatto a un utilizzo in cucina, piuttosto che a un altro ,e questo a seconda delle cultivar per i prodotti monocultivar, o del blend con i cultivar che lo compongono
LA CULTURA DI PRODOTTO, VERA PIETRA ANGOLARE PER RINNOVARE IL MERCATO DEGLI OLI EXTRA VERGINI DI OLIVA.
La forza vendita
Quale che sia il target commerciale della nostra marca, necessitiamo della cosiddetta “cinghia di trasmissione” rappresentata dalla forza vendita. Ma mentre tralascerei di dire ovvietà, rispetto al profilo e ruolo di un professionista in carico a un’azienda di grandi dimensioni, mi concentrerei di più, sul profilo del venditore ideale per un’azienda che si rivolga principalmente al dettaglio tradizionale per la distribuzione dei suoi prodotti.
Ora, abbiamo idea del lavoro che è chiamato a svolgere un rappresentante di commercio plurimandatario? Pianificare il giro vendite previa richiesta di appuntamento da qualche giorno prima.
Ore 6,30 in auto e via verso nuove avventure.
Primo appuntamento e disposizione all’ascolto delle lamentele del cliente (se poi il cliente è ligure, aspettiamoci una sequela di “belin u nu va ninte…”, anche se il tizio avesse vinto al Superenalotto), per la durata di qualche minuto, per poi passare alla fatidica frase “cosa ti manca di…?”, ovviamente riferendosi al prodotto in portfolio più alto vendente, per via via cercare di passare in rassegna tutti, o quasi, gli altri prodotti messi nel tempo a disposizione e nel quale la soglia di attenzione del negoziante va rapidamente a scemare, come fa la sabbia in una clessidra, quando è quasi alla fine, ma questo sarebbe ancora nulla se il mitico e odiato (dai venditori) scampanellio della porta d’ingresso del negozio non stesse a indicare che una cliente ha fatto il suo trionfale ingresso, ragione per la quale in venditore perde l’attenzione del suo cliente che giustamente si concentra sulla signora Pina di turno. Difficile a questo punto recuperare il climax che a fatica il nostro eroe aveva instaurato, per poter proseguire in tempo e proporre il resto del catalogo soprattutto alla luce dell’affermazione “poi se ho bisogno di altro ti chiamo, ma intanto fammi mandare xyz…”
In tutto questo, noi vorremmo che il nostro eroe della rappresentanza al dettaglio, istruisse il suo cliente, trasmettendogli la passione e la cultura di prodotto inteso come olio da olive, affinché il negoziante stesso sia poi in grado di trasferire quella stessa al cliente finale. Impossibile!
Come fare dunque?
Partiamo dalla necessità di trovare rappresentanti che siano figure conosciute e apprezzate dalla loro clientela, in quanto noi marche poco note al grande pubblico (come si dice oggi), abbiamo bisogno che l’autorevolezza della figura del nostro venditore si trasferisca sulla nostra marca e la supporti in una prima fase di introduzione; simili figure hanno saputo costruire negli anni il rapporto di fiducia che li lega alla loro clientela, e questo significa anche che non sono certamente in età giovanile, anzi…
Inoltre, il settore alimentare di alta gamma, necessita di professionisti appassionati e colti in tema di prodotto, qualsivoglia esso sia, ma qui, seppur facendo delle sedute di assestment con i venditori, trasferendo loro tutta la personale cultura sugli oli da olive, resta lo scoglio del trasferimento delle nozioni dal venditore al negoziante in quanto manca il tempo per farlo.
I nostri eroi della vendita, perché sì, quel mestiere se non fosse supportato da autentica passione, è uno dei mestieri più difficili e delicati, e anche costosi, rappresentata dai costi: benzina, auto, autostrade, vitto, in qualche caso alloggio, per rientrare a casa la sera e tirare le somme del lavoro svolto durante il quale avranno certamente riassortito i clienti con i prodotti ad alta rotazione e quindi più facili a generare fatturato, ma, ahimè, non mi risulta che l’olio extra vergine di oliva rientri in questa categoria; ma allora?
Allora ritengo che la soluzione possa passare attraverso due parole: vicinanza e disponibilità.
Vicinanza al venditore nel dare a lui tutta la nostra disponibilità nel supportarlo nei confronti della sua rete di negozianti, inventando manifestazioni nelle quali raccontare il nostro prodotto ai clienti finali, insegnando loro come un olio si assaggia e quali siano le differenze percettibili tra un olio e un altro, e quanto diverse siano le destinazioni finali di finiture a crudo. Che effetto si ottiene con l’olio ti tipo A rispetto a quello di tipo B, e questo lo dico non perché in teoria penso che si dovrebbe poter far cosi, ma perché l’ho fatto personalmente e continuo a farlo ogni santa volta che ne ho la possibilità, e sapete? Sapete quella luce in fondo al tunnel di cui parlavo poc’anzi?
Ebbene, non è un treno, ma è la curiosità e stupore che leggo sui volti dei consumatori ogni benedetta volta che riesco a raccontare loro la meraviglia che la natura ci ha donato con l’olio extra vergine di oliva. Proprio così, occorre suscitare curiosità e stupore.
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