Origin Italia, per chi non ne a conoscenza, è l’associazione italiana che riunisce i Consorzi di tutela legati alle Indicazioni Geografiche. Svolge il compito di gestire e coordinare le esigenze collettive dei Consorzi di tutela riconosciuti dal Ministero delle Politiche Agricole. Origin Italia è associata, a livello internazionale, alle organizzazioni Origin Mondo e Origin Europa.

Abbiamo pubblicato questa intervista al presidente Cesare Baldrighi sul numero 18 della nostra rivista in edizione cartacea OOF Magazine (qui), di cui è possibile leggere anche la versione digitale sfogliabile (qui).
Cesare Baldrighi
Presidente Baldrighi, qual è lo stato di salute degli oli con attestazione di origine Dop e Igp in Italia? Rispetto all’olio extra vergine di oliva 100% italiano, in che misura percentuale pesano sul mercato gli oli con origine certificata?
Con cinquanta oli extra vergine di oliva, tra Dop e Igp, l’Italia è in questo settore il Paese più rappresentativo a livello comunitario e mondiale per numero di riconoscimenti d’origine. Sono ventiquattro i Consorzi di tutela riconosciuti dal Ministero dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste. Circa 23.500 gli operatori impiegati nel settore. Direi che stiamo vivendo un cambio di passo notevole ed è fondamentale ora più che mai avere una cabina di regia per coordinare la crescita di tutto il comparto. Certo, la percentuale degli oli Dop e Igp rispetto a quelli non certificati è ancora piccola, ma in crescita costante e le politiche di questi ultimi anni stanno andando nella direzione di puntare al valore dell’origine e della qualità data dai disciplinari.
Come si spiega il fatto che alcune Dop siano caratterizzate da un insuccesso costante, già a partire dal loro esordio? A cosa è dovuto questo paradosso? Se si è lavorato per ottenere il riconoscimento, perché allora non ci si è impegnati altrettanto nel far valere sul mercato tali oli territoriali certificati?
Spesso le Dop sono legate a realtà piccole, rappresentate da Consorzi di tutela che ancora devono organizzarsi. La formazione, a partire proprio dalla governance di un prodotto nel suo territorio è fondamentale. È, non a caso, quello che stiamo facendo come Origin Italia, insieme a Fondazione Qualivita, con diverse iniziative legate proprio all’educazione a partire dai più giovani, con le scuole superiori, ma anche con i consorzi stessi. Inoltre, il primo Executive Master per Direttori di Consorzi di tutela ha avuto un grande successo di partecipazione da parte dei giovani, questa è la direzione per far crescere anche quelle realtà che magari hanno faticato o faticano ancora a portare avanti iniziative di promozione e crescita.
Dopo tante Dop olearie ufficialmente riconosciute, è arrivata la mania delle Igp. Non c’è regione che non punti a ottenerne una. Per quale ragione? Forse perché, a conti fatti, si è scoperto il fallimento di uno strumento eccezionale e unico come la Dop? In cosa si è sbagliato? Cosa non ha funzionato?
Non credo si possa parlare di fallimento delle Dop. Ci sono casi invece che dimostrano l’esatto contrario, ovvero che attraverso la Denominazione si è arrivati a rilanciare singoli territori, a salvarli dall’abbandono, a tutelarli dal punto di vista socio-economico. Cito a esempio il caso dell’Umbria, o della Dop Riviera Ligure, ma ce ne sono altri. Non dobbiamo demonizzare nemmeno l’Igp, che in realtà spesso piccole come quelle dell’extra vergine possono invece essere la risposta a un coordinamento più strutturato per la promozione e valorizzazione del prodotto in territori più vasti, ma comunque a vocazione, penso quindi al primo caso della Toscana, poi alla Sicilia. Parliamo comunque di grandi prodotti e di realtà che hanno poi affiancato all’Igp anche l’origine più ristretta del prodotto.
Perché molte denominazioni di origine olearie non sono dotate di un proprio consorzio di tutela? È normale disporre di una Dop senza ricorrere a un Consorzio che faccia da regia?
Come detto, è proprio uno dei punti chiave su cui come Origin Italia, e con la fondamentale collaborazione di Fondazione Qualivita, stiamo lavorando. Non è semplice la gestione di un Consorzio di tutela, soprattutto in realtà di piccole dimensioni come spesso si trovano nel mondo dell’extra vergine, ma certo è fondamentale, oggi più che mai alla luce della riforma europea, la presenza di una struttura consortile.
Non ha il sospetto che a non far decollare le attestazioni di origine olearie in Italia siano le organizzazioni agricole (per via della competizione tra le varie organizzazioni nella lotta a ricoprire ed esercitare i ruoli di controllo)? O vi sono, secondo lei, altre ragioni?
Credo che in generale sia una questione di cultura ed educazione. In Italia ancora siamo convinti che una bottiglia di olio di qualità non possa costare il valore minimo che invece ha. C’è ancora troppa forbice tra gli extra vergini che troviamo in Gdo e quelli a marchio Dop e Igp, e questo crea confusione nel consumatore medio. È necessario continuare in un percorso di comunicazione e sensibilizzazione nei confronti del consumatore, e, per farlo, dobbiamo partire dalle scuole di formazione, passando per gli ambasciatori del prodotto che possono essere i cuochi, fino ai produttori stessi. Le associazioni di categoria sono sempre state presenti ai nostri tavoli e il dialogo tra di loro è aperto e pronto al confronto.
C’è inoltre un altro grosso problema: anche gli stessi consumatori non premiano gli oli Dop e Igp. Al momento dell’acquisto preferiscono affidarsi agli oli da primo prezzo, e così, soprattutto per via dei costi più elevati degli oli Dop e Igp, rinunciano senza tentennamenti alle peculiarità distintive di oli unici, nonostante questi siano l’espressione dei territori e di un patrimonio varietale autoctono ragguardevole. Cosa si può fare per sensibilizzare i consumatori e condurli verso scelte che valorizzino i vari areali produttivi?
Come già ribadito, è una questione di cultura e non è vero che gli oli Dop e Igp hanno costi elevati, anzi, vorrei dire che sono certi oli extra vergini d’oliva che troviamo nella grande distribuzione ad avere prezzi troppo bassi rispetto al costo medio di una bottiglia. Fatta eccezione per qualche caso, in Italia una bottiglia di extra vergine Dop e Igp ha un costo medio al litro in proporzione al di sotto di altri prodotti – penso al vino, dove il valore riconosciuto è sicuramente più ampio rispetto a quello di produzione. Dobbiamo prendere esempio proprio da quanto fatto sul vino, con le debite proporzioni naturalmente, educare al consumo di qualità il consumatore.
Per chiudere, vi è un altro grosso e irrisolto problema: sono in pochi, percentualmente, rispetto alle potenzialità, i produttori che certificano i propri oli. Come mai non ci si avvale di uno strumento pensato per segnare una differenza ed evidenziare un valore oggettivo? Non sarebbe forse il caso di cambiare qualcosa nel sistema che regolamenta i consorzi di tutela, assegnando un ruolo maggiore e decisionale a frantoiani e confezionatori, visto che sono realtà più strutturate e più orientate al mercato?
Come Origin Italia abbiamo proposto un tavolo di filiera permanente, su suggerimento del Ministro dell’agricoltura, Francesco Lollobrigida. Il senso è proprio questo, cercare di creare uno strumento di riferimento per il settore incentivando anche i giovani a puntare su questo settore dell’agricoltura che, purtroppo, negli ultimi anni ha visto una significativa perdita di aziende e produzione, anche per queste criticità che lei ha evidenziato nelle domande che mi ha posto. In questo tavolo sono presenti tutti, dalle associazioni di settore ai consorzi di tutela, passando per le istituzioni.
In apertura, particolare di una illustrazione di Doriano Strologo per OOF Magazine